RIVISTA ITALIANA DIFESA
Libia: il fianco sud 20/02/2015 | Michele Taufer

Se ad est è l’Egitto del Generale Al Sisi ad essere protagonista nella lotta contro ISIL , per poter stabilizzare la martoriata Libia non va dimenticata nemmeno la sua situazione meridionale: un’area caratterizzata da tribalismo ed instabilità dove operano Tuareg, tribù Tebu ed una galassia di milizie le cui frizioni riguardano il controllo delle frontiere, delle città, dell’estrazione del petrolio, il contrabbando ed i diritti di cittadinanza delle stesse comunità. Al tempo del regime questi gruppi (i Tebu in maniera limitata) costituivano il bacino di reclutamento per quelle che erano le unità d’élite libiche e degli apparati d’intelligence tra cui la 32ª Brigata, unità pretoriana guidata dal figlio di Gheddafi, Khamis. Terminate le operazioni NATO del 2011, queste realtà si sono progressivamente atomizzate dal resto della Libia ed Il traffico di armi, una delle principali attività, ha subito un’accelerazione grazie anche alle richieste da parte delle insurrezioni di matrice jihadista in Mali e Nigeria. Una direzione di transito che, a partire dal 2013 (a gennaio venne lanciata l’Operazione francese SERVAL in Mali) ha subito un capovolgimento , con i gruppi terroristici in fuga questa volta dal Sahel verso la Libia. Gruppi che allo stato attuale non sembrano interessati ad iniziare uno scontro con le realtà tribali locali. Al contrario mirano a mantenere rapporti di mutuo interscambio vista la necessità di tenere i crocevia terrestri dell’area liberi al passaggio verso le aree costiere del Nord: il terreno di scontro primario. Un’”autostrada” questa del Fezzan caratterizzata da una sempre più alta valenza strategica e che dovrà essere tenuta in estrema considerazione se si vorrà portare a termine una vera pacificazione di queste terre. Recentemente si è poi aggiunta una nuova minaccia che cerca sempre più di stagliare la sua influenza a nord: Boko Haram. Il gruppo è ormai fuoriuscito da tempo dai confini nigeriani, mentre le sue dichiarazioni di supporto e sostegno nei confronti di ISIL , al pari di Jund al-Khilafah in Algeria e Ansar al Sharia in Libia e Tunisia, potrebbero indicare la volontà di cooperare con queste realtà al fine di estendere la propria influenza anche al Maghreb. Ecco quindi che i leader dell’Unione Africana hanno raggiunto un accordo verso la fine di gennaio per la creazione di una forza regionale di 7,500 uomini, da far operare nell’area del lago Ciad proprio con lo scopo di bloccare il gruppo nigeriano. Un altro grande player regionale è senza ombra di dubbio l’Algeria, direttamente interessata dal deterioramento della situazione libica. Circa 50.000 uomini sono stati schierati a difesa dei 1.000 km di confine con la Libia ed anche con le frontiere del Niger impegnando le unità a disposizione della IV e VI Regione militare. Durante i mesi di dicembre e gennaio sono state poi lanciate alcune operazioni che hanno condotto alla cattura e alla distruzione di alcune cellule terroristiche operanti proprio in queste aree. Le Forze Armate Tunisine ed Algerine hanno inoltre raggiunto un accordo per l’implementazione di un piano a lungo termine per l’eliminazione dei gruppi terroristici operanti nelle proprie aree di confine: circa 13-14,000 uomini (8.000 algerini e dai 5.000 ai 6.000 tunisini) saranno coinvolti nello sforzo rafforzando i controlli alle frontiere, promuovendo una maggiore condivisione d'intelligence ed aumentando la presenza sul campo. Sempre verso la fine dell’anno vi è stato poi uno spostamento ad est da parte di alcune unità francesi partecipanti a BARKHANE: nel nord del Niger a circa 60km dal confine libico è stata creata la strategica FOB Madama, dipendente dal gruppo tattico con sede a Kossei in Ciad. La base, che dispone di una pista d’atterraggio di 1.000 metri, dovrebbe attualmente vedere la presenza di unità appartenenti al 2° REP della Legione Straniera nonché a militari del Niger.


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