RIVISTA ITALIANA DIFESA
Ucraina, Putin dichiara la mobilitazione parziale e agita lo spettro nucleare 21/09/2022 | TOMMASO MASSA

Nel tanto atteso discorso di ieri sera, tenutosi invece questa mattina, il Presidente russo Vladimir Putin ha annunciato la mobilitazione parziale. Il relativo decreto è già stato firmato. Putin ha inoltre comunicato che nel caso in cui l’integrità territoriale russa sia messa in discussione saranno utilizzati tutti i mezzi a propria disposizione, tenendoci a sottolineare che non si tratta di un bluff: un riferimento all’utilizzo del nucleare tattico neanche troppo velato. Il decreto, secondo i media russi, estenderebbe inoltre gli attuali contratti dei militari impegnati in Ucraina fino alla fine della mobilitazione. Secondo quanto annunciato invece dal Ministro della Difesa russo Shoigu nel discorso che ha seguito quello di Putin, la mobilitazione sarà parziale poiché verranno mobilitati, per il momento, 300.000 uomini (riservisti, dando la precedenza a chi ha già servito nelle Forze Armate), a fronte di un bacino di circa 25 milioni (tutti coloro che rispondono ai criteri sopracitati, almeno secondo il Ministro). È chiaro come tale mobilitazione sia volta a sopperire alla carenza russa di manpower nel teatro di operazioni, criticità più volte sottolineata su queste colonne. Resta da valutare l’effettiva capacità dei Russi di equipaggiare e addestrare questo nuovo “contingente” in tempi brevi e da capire se i nuovi coscritti saranno utilizzati per rimpinguare i ranghi delle unità già impegnate in Ucraina o se verranno formate delle unità autonome (il fatto che Shoigu abbia parlato di assemblare le unità prima di partire per il fronte fa propendere per questa seconda ipotesi). Shoigu ha infine spiegato che la mobilitazione servirà a controllare gli oltre 1.000 km di fronte e i territori occupati. Il fatto che si tratti di una mobilitazione parziale e non generale consente all’Occidente di mantenere un discreto margine di manovra, almeno per il momento.

Altra importante notizia della giornata di ieri è l’annuncio dello svolgimento di referendum per l’indipendenza nei territori occupati dai Russi: Oblast di Lugansk, Oblast di Donetsk, Oblast di Kherson e Oblast di Zaporizha. I referendum dovrebbero tenersi entro la fine di settembre e potrebbero portare in seguito all’annessione dei territori occupati alla Russia, con importanti conseguenze anche sul piano militare. Nel caso in cui i territori occupati fossero annessi diventerebbero automaticamente territorio russo: un attacco contro di essi sarebbe pertanto considerato un attacco contro la Russia, consentendo a Mosca di applicare la propria dottrina militare in materia, aprendo le porte all’utilizzo del nucleare tattico. Secondo un documento integrativo alla dottrina nucleare russa è previsto infatti l’utilizzo dell’arma nucleare anche in caso di un non meglio specificato “attacco contro la Federazione Russa”. Tale documento integrativo può essere considerato come il culmine di una riflessione dottrinale iniziata nel 2008 a seguito della fallimentare campagna di Georgia, fallimento che rese evidenti i problemi delle forze convenzionali russe tanto da spingere ad un tentativo di riforma delle stesse (si veda RID 6/22 sulla riforma dell’Esercito Russo). Inoltre, diventando legalmente terriotrio russo sarebbe possibile per Mosca inviare nei territori occupati anche i coscritti: altri circa 100.000 effettivi. Infine, un ultimo aspetto da non sottovalutare: in caso di annessione dei territori occupati, un attacco diretto contro di essi, essendo appunto considerato un attacco contro la Federazione, potrebbe portare alla dichiarazione di una mobilitazione generale.

In conclusione, Putin sembra voler spostare il conflitto dal piano convenzionale, dove in questo momento gli Ucraini paiono più forti, al piano non convenzionale.

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