
Vi sono atti di sabotaggio in Russia? Pare proprio di sì.
Cominciamo subito col dire che non abbiamo mai dato spazio, qui, a notizie che avevano poco più dell’aneddotico. I sabotaggi ferroviari condotti da una sorta di movimento bielorusso contro la guerra, ad esempio, anche se sembrano acclarati, hanno probabilmente avuto in realtà una diffusione limitata. Analogamente, alcune azioni avvenute di tanto in tanto nel territorio della Federazione ai confini con l’Ucraina (qualche tiro di artiglieria, gli elicotteri d’attacco filmati sui depositi di carburante di Belgorod in fiamme, etc.) non sono ancora mai state del tutto chiarite nel loro darsi.
Nondimeno, recenti eventi, tutti di natura incendiaria, verificatisi in rapida successione dal 21 aprile ad oggi, ci obbligano a porci la domanda di apertura. Cominciamo con il riepilogarli questi incendi e roghi, che hanno riguardato:
- l’impianto dedicato alla ricerca e sviluppo nel campo della missilistica di Tver;
- lo stabilimento chimico di propellenti militari di Dmitrievsky;
- il centro di ricerca scientifica spaziale e missilistica di Korolyov;
- lo stabilimento petrolchimco, forse parzialmente impegnato nella produzione di propellenti per missile Kinzhal, di Bryansk.
- il deposito di petrolio della compagnia Transneft-Druzhba a Bryansk.
Tali eventi sono stati così macroscopici che nemmeno i media russi, sulle prime propensi a parlare di meri incidenti, hanno potuto alle fine ignorarli, giungendo a criticare l’inidoneità delle difese aeree russe a resistere a puntate offensive ucraine. Sorvoliamo sul fatto che da settimane gli stessi media parlano di una presunta superiorità aerea russa acquisita da settimane sui cieli ucraini, e concentriamoci invece su 2 fatti: tutti (o quasi) gli impianti interessati da questi eventi sono evidentemente impegnati nell’industria missilistica; tutti gli eventi hanno avuto una caratterizzazione incendiaria, e non dinamitarda, né, tanto meno, sono frutto di attacchi aerei di alcun tipo.
Il primo punto potrebbe suggerire una volontà di colpire quegli armamenti che principalmente hanno caratterizzato il terror bombing russo indiscriminato sulle città ucraine, e che, tra l’altro, sono al momento soggetti a programmi di produzione d’emergenza per rimpiazzare le scorte ampiamente depauperate (secondo un noto sito OSINT, il 70% della missilistica e del munizionamento guidato russo di ogni genere sarebbe già stato utilizzato in questo conflitto).
Il secondo punto potrebbe indicare, invece, una strategia di attivismo violento compiuto attraverso una tattica relativamente poco difficile da attuare, quale quella incendiaria (certo meno complessa di quella dinamitarda).
Ma chi sarebbero i perpetratori? Difficile dirlo. Non certo forze speciali ucraine, che mai potrebbero infiltrarsi all’unisono in aree così distanti dell’enorme Paese. Improbabili anche cellule dormienti. Rimangono 2 ipotesi: militanti attivisti contrari al conflitto tout-court; maestranze di origine ucraina organizzatisi in una rete di sabotaggio.
La seconda ipotesi non è del tutto peregrina, in quanto moltissimi russi, nei più disparati campi della società russa, sono riconducibili a tale doppia identità, e a volte anche a doppia cittadinanza.
Indipendentemente quale delle 2 ipotesi sia vera (o entrambe), resta il fatto che una rete di dissidenza violenta di tal tipo, qualora esista, è riuscita strutturarsi all’interno di uno dei più pregiati assetti del mondo del procurement russo. Se episodi di tal genere continueranno, l’esistenza di una quinta colonna nella società russa potrebbe dar luogo a similari fenomeni di imitazione anche in altri settori, quali quello delle infrastrutture energetiche, delle reti di trasporto a uso militare, e, forse anche all’interno delle stesse forze armate
Infine una piccola precisazione: nel caso di Bryansk non si esclude l'ipotesi di un attacco diretto ucraino, che potrebbe essere stato condotto con UAV BAYRAKTAR TB2, che, oltre al loro impiego classico come UAV da ricognizione armata, potrebbero essere stati utilizzati anche come droni kamikaze.
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