RIVISTA ITALIANA DIFESA
La storia della mancata fornitura dei MiG-29 europei all’Ucraina 03/03/2022 | Marco Ramius

Partiamo dall’inizio. Limitandoci agli aerei da combattimento, l’Aeronautica Ucraina, al momento dell’inizio del conflitto, appariva dotata di: 37 MiG-29MU1, dei quali 8 utilizzati per addestramento; 12 Su-24M; 17 Su-25, dei quali circa 9 appartenenti alle versioni leggermente migliorate Su-25M1 e Su-25UBM1; 32 Su-27 (riferibili alle varie sottoversioni note come Su-27UB1M, Su-27UP1M, Su-27S1M, e Su-27P1M), dei quali 6 utilizzati per addestramento. Prossimamente ci occuperemo di far ordine fra le varie fake news che sono circolate in fatto di guerra aerea in questo conflitto. Per il momento, ci limitiamo a rilevare come, della flotta aerea menzionata, per certo sono note le perdite di: 2 Su-27, dei quali uno distrutto al suolo all’aeroporto di Ozerne, nel distretto di Zhytomyr, il 24 febbraio, e l’altro abbattuto il giorno dopo sui cieli di Kiev; 2 Su-25, entrambi perduti il 27 febbraio vicino Kherson; 6 MiG-29, distrutti o fortemente danneggiati, in un aeroporto di Ivano-Frankivsk, nel corso di un attacco missilistico attuato il 27 febbraio con missili da crociera 3M-14 KALIBR. L’ultimo episodio avrebbe quindi messo fuori combattimento circa 1/5 della flotta da combattimento di FULCRUM. La cosa il giorno stesso ha spinto l’alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, a parlare della disponibilità di un fondo europeo con cui acquistare, da Stati Membri UE già Patto di Varsavia, materiale aviatorio dello stesso tipo di quello utilizzato dall’Aeronautica Ucraina, a cui sarebbe stato immediatamente ceduto. A prima vista un’ottima idea, dal momento che nessun training addizionale sarebbe stato necessario per piloti già familiari con similari modelli di velivoli. Visto che nessun Paese UE dispone di Su-27, e che comunque la flotta più abbisognevole di ripianamento, come si è detto, è quella di MiG-29, gli occhi di commentatori e analisti si sono subito rivolti alle Aeronautiche Polacca (dotata di 23 MiG-29A/UB), Slovacca (11 MiG-29AS/UBS) e Bulgara (13 MiG-29UB), le ultime in Europa ancora a disporre di aliquote di FULCRUM. Le prime 2, tra l’altro, operano esemplari negli anni sottoposti a importanti interventi di ammodernamento, mentre la flotta di Sofia si avvale di configurazioni oramai piuttosto obsolete, le cui uniche modifiche si sono praticamente limitate alla sola compatibilità dei velivoli con taluni standard NATO e ICAO. Numeri comunque abbastanza elevati, non soltanto sufficienti a garantire la sostituzione degli esemplari perduti, quanto anche idonei all’utilizzo da parte di eventuali ex-piloti richiamati in servizio, e persino per la cannibalizzazione di parti di rispetto. Senonchè... la doccia fredda è arrivata il giorno dopo, proprio nel momento in cui membri della Rada (Parlamento Ucraino) twittavano a giornalisti e alle cancellerie europee entusiastici messaggi di riconoscenza e apprezzamento verso il supporto europeo, quando prima la Polonia, poi la Bulgaria, e infine la Slovacchia hanno ufficialmente affermato di essere indisponibili a una tale cessione. Innanzitutto, per quanto obsolescenti e in programma di essere sostituiti, i MiG-29 “europei” non sono attesi andarsene dopodomani, e in tutte le aeronautiche citate costituiscono ancora importanti aliquote delle rispettive forze da caccia: in Polonia, il 25%; in Slovacchia e Bulgaria... il 100%, dal momento che gli F-16V ordinati entreranno in servizio, rispettivamente, soltanto nel 2023 e 2025. Intuibile come questi velivoli risultino dunque ancora importanti da essere conservati, vista la situazione generale derivante dalla guerra Ucraina. Se questo punto era di per sè intuibile, altri meno ovvi hanno reso l’ipotesi immediatamente dubbia agli osservatori più accorti. Vale la pena richiamarli, in quanto estensibili anche qualora, in futuro, sorgessero nuovamente tentativi di iniziative similari circa equipaggiamenti ben più complessi di MANPADS, fuciloni anti-materiali e sistemi controccarro. Innanzitutto i velivoli non sarebbero mai “chiavi in mano”, in quanto  equipaggiamenti di compatibilità NATO, soprattutto in fatto di comunicazioni e datalink, andrebbero rimossi prima di ogni cessione, procedura che presenta intrinseche complessità, e certamente nessuna immediatezza. In secondo luogo, le modernizzazioni polacche a slovacche sono stata abbastanza radicali da imporre un’avionica piuttosto differente, che senz’altro richiederebbe ulteriori training di conversione operativa per il piloti ucraini.  Infine, la questione più importante... come ce li avrebbero portati? Davvero si pensava che flotte di aerei da combattimento, non importa se pilotati da personale ucraino o meno, potessero alzarsi in volo da Paesi NATO e dirigersi in Ucraina senza che i russi si allarmassero oltre ogni limite ben prima di capire cosa stesse succedendo?

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