RIVISTA ITALIANA DIFESA
Crisi ucraina, il punto della situazione 15/02/2022 | Pietro Batacchi

La notizia più importante di stamani è la visita del Cancelliere tedesco Olaf Scholz a Mosca. Visita preceduta dall'annuncio dato dal Ministero della Difesa russo di una serie di ripiegamenti di truppe dalle aree di confine con l’Ucraina. Il primo passo verso un’effettiva de-escalation? O soltanto una dimostrazione di “buona volontà” per non far fallire prima dell'inizio la missione di Scholz? Lo sapremo a breve. Di sicuro, Mosca non può tirare troppo per le lunghe questo stato di cose. Mantenere un dispositivo militare così ampio in posizioni non stanziali costa e non dimentichiamoci che il Paese è contemporaneamente impegnato in Siria dove sia il “fronte” centrale con l’ISIS sia quello nord-occidentale con Al Qaeda si stanno riaccendendo. Per cui è possibile che Mosca inizi ad allentare la propria morsa su Kiev, proseguendo, seppur lentamente, in una de-escalation. Del resto, alcuni obbiettivi Putin li ha ottenuti. Ha prima di tutto mostrato al Presidente ucraino Zelinsky che una riconquista manu militari del Donbass separatista è impossibile ed all’Occidente che qualunque allargamento della sua sfera di influenza ancora più ad est dovrà essere sempre negoziato con la Russia. Non ultimo, mettiamoci l’impennata del prezzo del gas e del petrolio che certo male non fa gonfiando le casse di Mosca (e quelle personali dello Zar). Dal canto suo, la NATO non ha ufficialmente concesso nulla a Putin mostrando una certa compattezza nonostante le solide partnership strategico-commerciali che legano alcuni suoi membri – Italia e Germania in primis – alla Russia. In più, questa crisi è stata un’utile occasione addestrativa per l'Alleanza Atlantica per affinare procedure e coordinare movimenti di truppe, mezzi e navi. Un ripiegamento di Putin rappresenterebbe inoltre una spinta anche per l’Amministrazione Biden, soprattutto in vista di elezioni di medio termine che si annunciano disastrose. Insomma, alla fine tutti i protagonisti principali hanno comunque portato a casa qualcosa. L’unica eccezione: il Presidente Zelensky. L’ex attore, ai minimi nei sondaggi pre-crisi, ha avuto la riconferma che l’accessione del suo Paese alla NATO non è almeno per i prossimi anni in agenda, e non lo sarà mai finché il fronte del Donbass resterà aperto, mentre, nonostante le smentite, la “finlandizzazione” dell’Ucraina è diventata materia discussione (non ufficiale). E poi c’è la questione – tutt’altro che secondaria – della ridda di notizie di imminente invasione russa, di fonte anglo-americana, che, come dichiarato dallo stesso Zelensky, ha seminato il panico nel Paese. Insomma, il Presidente ucraino sembra più debole di prima, e i suoi nemici interni ne potrebbero approfittare. Infine, l’Italia. Il nostro Paese aveva ed ha tutto da perdere da una guerra e si è adoperato in maniera incessante per favorire il dialogo tra le parti: la compattezza e saldezza della NATO è uno dei fondamenti della nostra politica estera e di sicurezza, ma la Russia è un nostro partner strategico con 22 miliardi di euro l’anno di interscambio commerciale (dati 2019) ed una fetta pari al 43% dell’approvvigionamento di gas. Per cui Putin potrà anche essere antipatico, autocrate e troppo muscolare, ma finché non si troverà un’alternativa...

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