RIVISTA ITALIANA DIFESA
Allo IAI presentato lo studio sul Next Generation Soldier 30/11/2021 | Andrea Mottola

Lo scorso 29 novembre, presso la sede dell’Istituto Affari Internazionali, è stato presentato lo studio intitolato “The Next Generation Soldier: A Renewed System of Systems Approach?”. L’interessante ricerca, sviluppata nel quadro della partnership con Leonardo, è curata dai ricercatori Dott. Alessandro Marrone e Dott.ssa Karolina Muti dello stesso IAI, nonché da collaboratori ed esperti del settore esterni all’Istituto, provenienti dall’Italia (anche dal team di RID, con i contributi di Eugenio Po e di Claudio Bigatti) e dall’estero. All’evento hanno partecipato il Vicepresidente dello IAI, Prof Michele Nones, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Gen. Pietro Serino, il Segretario Generale della Difesa/Direttore Nazionale degli Armamenti, Gen. Luciano Portolano, l’Ing. Gabriele Pieralli, Direttore della Divisione Elettronica di Leonardo, l’Ing. Carlo Ferlito, Direttore Generale di Beretta, il Sottosegretario alla Difesa, On. Giorgio Mulè. Pur non essendo presente fisicamente all’evento, il Dott. Guido Crosetto, Presidente dell’AIAD, ha partecipato con un videomessaggio. Tenuto conto che la presentazione seguiva le “Chatham House Rules”, non è possibile evidenziare i singoli interventi dei partecipanti. Tuttavia, quello che è emerso è, in generale, il focus dei vari eserciti occidentali (in primis USA, UK, Francia, Italia e Israele) sulla progressiva ricerca della superiorità informativa e sull’incremento dell’impiego dei sistemi unmanned, nonché su una postura che abbracci in modo, più o meno pieno, i concetti “netcentrico”, interforze e di sistema di sistemi, elementi considerati fondamentali per gli scenari operativi futuri, caratterizzati da possibili confronti con minacce ibride e/o da avversari di tipo “near-peer/peer”. Altro punto interessante, emerso durante la presentazione, è una sorta di conferma del ruolo assolutamente predominante e centrale del soldato – in particolare quello appiedato – rispetto ai mezzi, dispositivi ed equipaggiamenti basati sulle cosiddette tecnologie “disruptive” (IA, algoritmi, big data, supercalcolo, cyber warfare, ecc) che rappresenteranno indubbi ed imprescindibili moltiplicatori di forza, ma non surrogati del soldato, elemento che va considerato come l’anello più basso all’interno di una “catena” ascendente di sistemi. Il postulato del soldato posto al centro del sistema vale anche nell’ambito multidominio, che dovrà essere caratterizzato da 3 componenti: componenti classiche interforze con elevato grado di interoperabilità, a cui vanno progressivamente ad aggiungersi la componente virtuale (cloud) e quella cognitiva (comunicazioni, psyops, ecc), con le quali è necessario una continua interconnessione e un flusso costante di interscambio. In termini pratici, lo scenario operativo continuerà ad essere una variabile fondamentale per la definizione delle caratteristiche dei mezzi e degli equipaggiamenti disponibili per il soldato di nuova generazione, sebbene alcune di esse saranno una costante (semplicità di utilizzo, autonomia, leggerezza, portabilità, resistenza, letalità, flessibilità), ma difficilmente ci saranno sistemi validi per ogni scenario (si pensi alle differenze nelle capacità di comunicazione tra un tipo di teatro come quello afghano rispetto ad uno situato all’interno di ambienti complessi, come un grande centro urbano). Al netto della disponibilità di nuovi sistemi ed equipaggiamenti, che potranno solo incrementare e facilitare le capacità del soldato NextGen, dal punto di vista tattico è stata sottolineata l’imperitura importanza delle piccole formazioni di soldati appiedati, in grado di garantire elevata efficienza nei compiti di ISR e di accrescimento della “situational awareness”, grazie alla loro capacità di adattamento e velocità di intervento, soprattutto in presenza di scenari caratterizzati dalla presenza di nemici elusivi e organizzato in modo decentrato, con conoscenza totale del territorio. Ovviamente, il difficile compito dell’industria sarà quello di fornire sistemi che siano adeguati e rispettino il più possibile i requisiti operativi delle FFAA per i futuri scenari – magari sfruttando un auspicabile ruolo proattivo della NATO nella definizione degli stessi secondo linee “standard” - evitando di intraprendere il percorso inverso, vale a dire lo sviluppo di tecnologie per le quali bisognerà trovare un requisito.


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