
La scorsa settimana il Capo di Stato Maggiore della Difesa iraniano, Gen. Mohammad Bagheri, ha incontrato il Ministro della Difesa russo Sergej Shoygu a Mosca. Uno degli argomenti di discussione sarebbe stato il possibile acquisto di diversi sistemi d’arma russi da parte di Teheran. In particolare, si parlerebbe di caccia multiruolo Su-30SM e Su-35S FLANKER, di addestratori avanzati/caccia leggeri Yak-130 e di elicotteri d’attacco Mi-28NE e KA-52. In passato, inoltre, l’Iran ha mostrato forte interesse verso i sistemi missilistici antiaerei S-400 e TOR-M2 e costieri BASTION, nonché per carri armati T-90 e non è escluso che si sia parlato anche di questi. Va ricordato, infatti, che ad ottobre 2020 è cessato l’embargo ONU riguardante la vendita di armamenti all’Iran, embargo imposto nel 2007 come sanzione contro il controverso programma nucleare iraniano. Da oltre un anno lo Stato Maggiore della Repubblica Islamica è concentrato sulle trattative con Cina e Russia per la fornitura di nuovi sistemi d’arma che gli consentano di svecchiare il proprio arsenale e di garantire maggiore efficacia, rispetto ai sistemi autoctoni, nel contrasto di minacce nemiche avanzate in caso di uno scontro convenzionale. In realtà, l’interesse iraniano per i caccia russi risale al 2015, quando fu inviata una richiesta ufficiale di acquisto di un numero compreso tra 18 e 24 FLANKER (di cui 12/16 Su-30SM e 6/8 Su-35S) e 18 Yak-130, richiesta che, tuttavia, Mosca rifiutò. Una scelta dettata sia dall’opportunità politica – si era nel bel mezzo degli interventi militari in Ucraina e Siria e Putin voleva comprensibilmente evitare di aprire un nuovo fronte di scontro, violando l’embargo ONU sulla vendita di armamenti all’Iran allora vigente - sia per le perplessità riguardanti le modalità di pagamento di tali velivoli proposte Teheran (una piccola parte in denaro ed il restante pagato con forniture di petrolio/combustibili/prodotti petrolchimici). L’unica richiesta accolta fu quella relativa alla vendita di 4 sistemi missilistici di difesa aerea S-300PMU-2 (che non violavano l’embargo in quanto “difensivi”). Va da sé che, in 6 anni, l’acquisto di nuovi velivoli da combattimento si è fatto maggiormente impellente per l’Iran, a causa della progressiva diminuzione del tasso di operatività - dovuta alla mancanza di aggiornamenti ed al conseguente generale incremento dell’obsolescenza - della flotta da combattimento della Repubblica Islamica che, ad oggi, è basata su una novantina di velivoli “combat ready” (tra F-4, F-5, F-7, F-14, MiG-29, Mirage F1, Su-22 e Su-24, il più recente dei quali risale al 1995) dei nominali 300 di cui dispone. La stragrande maggioranza dei suddetti 90 velivoli, peraltro, non dispone di radar ed è dotata di missili aria-aria obsoleti e, verosimilmente, inefficaci contro aerei di generazioni più recenti, annoverati nelle flotte dei nemici dell’Iran (Arabia Saudita, Israele e USA). Ovviamente, le suddette discussioni hanno allertato Israele. Tant’è che, durante l’incontro con il Presidente Putin avvenuto lo scorso 22 ottobre, il Primo Ministro Bennett avrebbe chiesto garanzie contro eventuali vendite di avanzati sistemi d’arma russi all’Iran.