
Il 21 ottobre scorso, presso la Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma, si è svolto il convegno “Trent’anni di promozione dei valori della Costituzione”, una giornata di riflessione ed approfondimento sulle sfide di sicurezza che riguardano l’Italia, con lo scopo di celebrare il trentennale della fondazione del Raggruppamento Operativo Speciale dell’Arma dei Carabinieri, da sempre in prima linea contro l’eversione terroristica e la minaccia criminale in difesa dello Stato e dei cittadini.
La storia italiana degli ultimi sessant’anni e le diverse minacce che il nostro Paese si è trovato ad affrontare, hanno permesso al ROS di crescere continuamente, affinando metodi di lavoro, procedure e approcci che, ad oggi, costituiscono le fondamenta stesse del patrimonio dell’Arma. Come ricordato da Teo Luzi, Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, l’analisi, la strategia investigativa e la cooperazione del ROS sono divenute i tre caratteri fondamentali che ne qualificano la professionalità, definendolo come baluardo essenziale nella difesa delle istituzioni democratiche e nella tutela dei principi della nostra Costituzione. Tuttavia, al di là di mere competenze tecniche, l’efficacia dell’azione del ROS, come sottolineato dallo stesso Generale di Divisione Pasquale Angelosanto, Comandante del Raggruppamento, è da ricercarsi anche in un esemplare “bilanciamento tra due opposti obiettivi: da un lato, la tutela della sicurezza pubblica e, dall’altro, il rispetto della dignità umana”.
Questo difficile ma necessario equilibrio ha consentito e consente tutt’ora al ROS di evolvere assieme e in risposta ad una minaccia terroristica in continua mutazione. Dalle drammatiche stagioni degli Anni di Piombo – che, come ha sottolineato il Comandante della Scuola Ufficiale Carabinieri e Generale di Divisione Claudio Domizi, hanno rappresentato un “monito a non abbassare mai la guardia” –, il terrorismo e le sfide, che esso pone alla sicurezza del nostro Paese, sono cambiati profondamente. Mentre l’azione terroristica delle Brigate Rosse poteva essere compresa entro parametri puramente politici e laici, traducendosi, a livello operativo, in episodi di violenza mirati a soggetti specificatamente scelti, il terrorismo confessionale jihadista ha sempre cercato di “guardare al locale e pensare globale”, muovendosi su più fronti e attaccando indiscriminatamente la collettività. Il jihadismo globale ha imposto, quindi, un confronto con un tipo di eversione più difficile da comprendere, in cui spesso, come sottolineato dal Presidente del Centro Studi Internazionali (CeSI) Andrea Margelletti, “la percezione è molto più forte della realtà”. La forza innovativa del terrorismo confessionale risiede infatti nella sapiente costruzione, a livello narrativo, di una retorica polarizzante e una visione manichea estremamente incisive e capaci di modellare la realtà stessa. Di fronte a questa, anche i migliori meccanismi di difesa e pianificazione risultano inutili, come dimostra anche l’epilogo della complessa esperienza internazionale in Afghanistan, spingendoci ad elaborare nuovi metodi e strategie per contrastare non solo un fenomeno concreto, ma anche un’ideologia tossica e radicalizzante.
In un panorama di continuo e profondo mutamento della minaccia terroristica, che sfrutta e interagisce con le nuove tecnologie e le nuove tensioni a livello sociopolitico, è sempre più necessario “non applicare a fenomeni nuovi dei paradigmi del passato”, come mette in luce il Dottor Giovanni Salvi, sapendo distinguere le novità dalle eredità ideologiche e operative in ogni forma di violenza eversiva. La necessità di un approccio di questo tipo viene d’altronde confermata dalle specificità del terrorismo fluido contemporaneo, profondamente influenzato dall’individualismo anarchico e sempre più difficile da riconoscere, prevenire e contrastare, poiché diventa tale solo nel momento in cui si traduce in violenza effettiva. Alla luce, quindi, di una maggiore complessità del fenomeno e di una più profonda diversificazione della galassia terroristica, diventa sempre più essenziale un’analisi e una strategia che sappia individuare le specificità di ogni manifestazione dell’estremismo violento, in modo tale da agire tempestivamente.
Allo stesso tempo, non bisogna dimenticare che la minaccia proveniente dalla criminalità mafiosa continua ad erodere la sicurezza dei sistemi economici, ambientali e sociali del nostro Paese. Al contrario dell’estremismo confessionale o politico contemporaneo, che fornisce una risposta individualista ad una crisi di valori generale, le organizzazioni mafiose continuano a creare delle strutture sociali di riferimento che vanno oltre il semplice legame di sangue, restituendo un senso di collettività sociale e un ritorno economico importante a chi vive in situazioni di profondo disagio. Come sottolinea il Professor Enzo Ciconte, la percezione del pericolo mafioso è diminuita, soprattutto alla luce del crollo verticale degli omicidi, ma le organizzazioni sopravvivono e sfruttano sapientemente anche i cambiamenti del contesto sociale ed economico italiano. Lo sviluppo, ad esempio, di forme di ecomafie operanti sul territorio o di una capacità specifica nell’organizzare frodi virtuali a livello transnazionale, dimostra come la criminalità organizzata sappia evolvere a seconda dei tempi, continuando ad erodere l’efficienza e la legittimità delle strutture sociali ed economiche legali del nostro Paese. In questo senso, risulta sempre più necessario che l’approccio e l’intervento degli apparati di sicurezza sia più olistico e sappia non solo creare presidi di prossimità, che sappiano agire in un’ottica di contrasto e ridimensionamento, ma anche una maggiore sensibilità collettiva nei confronti delle minacce mafiose attuali.
A trent’anni di distanza dalla fondazione del ROS, riflettere sugli obiettivi raggiunti sino ad ora e sulle sfide future diventa un esercizio essenziale per comprendere quanto è stato fatto e quanto ancora si può compiere in termini di sicurezza nazionale. Nel corso di questi decenni, il rispetto della Costituzione è sempre stato inteso come presupposto dell’efficacia della risposta dello Stato alle diverse minacce esistenti, definendo una linea d’azione capace di rispecchiare i valori stessi delle istituzioni democratiche difese ogni giorno. Alla luce delle recenti sfide che il nostro Paese si trova ad affrontare, quindi, è essenziale che la nostra Carta fondamentale continui a costituire non solo il quadro normativo, ma anche il riferimento democratico per ogni intervento dell’Arma.