
E’ stata emanata la direttiva ministeriale sulla politica industriale della difesa. Si tratta di un documento di carattere politico trattandosi di una direttiva del Ministro della Difesa, dunque di un atto di indirizzo del Governo. E’ un aspetto rilevante questo, in quanto se si pensa a iniziative precedenti nel settore – una per tutte la Strategia Industriale e Tecnologica (SIT) della Difesa, prevista dal Libro Bianco 2015 – si erano sempre caratterizzate come iniziative tecniche, di più basso profilo dunque, rientranti sotto il cappello del Segretariato Generale della Difesa (Segredifesa). Adesso, invece, siamo di fronte ad un documento di alto profilo con il quale un’autorità politica come il Ministro fissa i cardini della politica industriale della Difesa e nel quale, per prima cosa, viene riconosciuta la rilevanza strategica dell’industria della difesa per un Paese come l’Italia. La direttiva è stata accompagnata da una nota del Ministro Guerini, il protagonista di questo importante salto da parte del nostro Paese, che ne sintetizza gli aspetti più rilevanti. Il documento, in particolare, afferma come in uno scenario attraversato dalla pandemia da COVID 19 e contraddistinto da una super-competizione che ha nelle tecnologie cosiddette disruptive uno dei suoi terreni di espressione principali, “una base industriale resiliente e tecnologicamente avanzata, non vulnerabile ai tentativi di penetrazione straniera, non costituisce soltanto una leva economica ma un presidio della sovranità tecnologica, necessario per poter esprimere capacità militari evolute e tutela degli interessi nazionali”. Da questa premessa discendono poi tutti gli altri fattori caratterizzanti. Prendiamo le tecnologie disruptive e la competizione tecnologica, anche in questo il documento è molto chiaro sottolineando che “il vantaggio nella ricerca, nello sviluppo e nella capacità di applicazione delle tecnologie emergenti e disruptive determinerà in futuro la capacità dell’Italia di preservare la propria autonomia strategica (golden power) e il proprio ruolo nella comunità internazionale dei Paesi tecnologicamente evoluti e in grado di influenzare gli equilibri politici e militari a tutela dei propri interessi economici e di sicurezza”. Legato a questo aspetto, ci sono poi quello della cooperazione internazionale – ritenuto uno strumento imprescindibile “per assicurare l’acquisizione di competenze e tecnologie complementari a quelle sovrane e accrescere la competitività dell’industria nazionale” – e quello altrettanto rilevante dell’azione sinergica tra tutte le componenti del Paese nell’ottica di un “Sistema Difesa” e di una nuova partnership tra industria e Forze Armate. Ma non mancano neanche i riferimenti alla stabilizzazione degli investimenti nel procurement militare, grazie anche al fondo per la difesa nazionale di recente introduzione, concentrando gli investimenti sui programmi che assicurano maggiori ritorni tecnologici, industriali e economici. Infine, gli aspetti organizzativi affrontati nella direttiva. Il primo riguarda la messa a punto di un Piano di Innovazione Tecnologica della Difesa nel quale raccogliere, se così si può dire, tutti i più importanti programmi di acquisizione delle FA: i programmi, dunque, più strategici e che come tali necessitano di una panificazione finanziaria a lungo periodo, a cominciare, ovviamente dai grandi programmi di cooperazione europea e transatlantici. Il secondo aspetto, e quello a nostro avviso potenzialmente più rilevante, riguarda la creazione all’interno del Gabinetto del Ministero della Difesa di un Tavolo Tecnico di coordinamento della Politica Industriale (TTPI). Si tratta di un ufficio che dovrà coordinare la politica industriale della difesa ed assicurarne l’unitarietà entro una cornice di ampio respiro politico-strategico “marcando”, se necessario, anche lo Stato Maggiore della Difesa. Da questo punto di vista, correttamente, si è voluto affermare il principio che il Ministro non può essere un mero “firmatore” di quanto gli viene sottoposto da un organo tecnico militare come SMD, e che, anzi, egli ha una sua capacità di indirizzo e di supervisione delle scelte tecnico-militari quale elemento di sintesi politica e di naturale raccordo con tutti i soggetti in causa, primo tra tutti il Parlamento. Un principio fondamentale, sopratutto alla luce di certe circostanze in cui lo stesso Capo di Stato Maggiore della Difesa tende ad essere più sensibile alle esigenze di bottega della FA di appartenenza, finendo così per diventare una sorta di secondo capo di stato maggiore della stessa...
Ulteriori dettagli su RID 9/21.