Lo scorso 8 giugno, RID ha avuto la possibilità di visitare Camp Arena, la base italiana ad Herat in Afghanistan, in occasione del simbolico ammainabandiera nell’ambito del ritiro del contingente dal Paese. Prima dell’arrivo ad Herat, il KC-767 del 14° Stormo dell’Aeronautica Militare su cui viaggiavano alcuni giornalisti, tra cui lo Scrivente, ha dovuto effettuare un’inaspettata sosta presso l’aeroporto saudita di Dammam a causa del rifiuto emiratino di concedere l’autorizzazione al sorvolo del proprio spazio aereo, secondo quanto previsto dal piano di volo approvato. Un episodio strano che, oltre ad aver causato un enorme ritardo nell’arrivo ad Herat, con conseguente compressione delle tempistiche cerimoniali e relative agli interventi del Ministro della Difesa Guerini e del Comandante della base, ha portato ad un incidente diplomatico tra l’Italia e gli Emirati Arabi Uniti. Sebbene, come confermato dallo stesso Guerini, la Farnesina abbia immediatamente chiesto spiegazioni all’Ambasciatore emiratino su quanto accaduto, al momento non sono state rese note le motivazioni di questo strano comportamento. Ricordiamo che la base emiratina di Al-Minhad ospita un distaccamento dell’AM e rappresenta un hub aereo e logistico avanzato fondamentale per il rientro dei mezzi italiani proprio dallo scenario afghano, nonché per il supporto diretto alle Operazioni "EUTM" nel Corno d'Africa, OCEAN SHIELD nell'Oceano Indiano e PRIMA PARTHICA in Kuwait/Iraq. Per quanto rappresenti un’ipotesi stiracchiata, è possibile che tale comportamento possa essere ricondotto ad una qualche forma di ritorsione emiratina per agende e visioni dissonanti tra Roma ed Abu Dhabi su una serie di dossier, in primis quello libico relativamente al quale la posizione italiana è sempre stata quella di sostegno nei confronti delle autorità di Tripoli, posizione in contrasto con quella degli EAU che sostengono militarmente e finanziariamente Haftar. Inoltre, potrebbe aver pesato anche il recente blocco all’esportazione di armamenti italiani verso gli EAU, impegnati con l’alleato saudita nel conflitto con i ribelli yemeniti Houthi. Tuttavia, lo stesso blocco e le stesse divergenze sul suddetto dossier libico dovrebbero riguardare anche l’Arabia Saudita che, in tale occasione, non ha invece fatto una piega autorizzando il volo. In generale, i rapporti tra Roma e Abu Dhabi negli ultimi anni sono stati tutt’altro che idilliaci con tensioni che si sono manifestate sopratutto in campo strategico-militare; vedi, ad esempio, la questione di Piaggio Aerospace, ma non solo. Dopo la sosta forzata a Dammam e l’approvazione di un nuovo piano di volo che evitasse la FIR emiratina, obbligando il KC-767 a seguire una rotta con sorvolo su Arabia Saudita, Oman e Pakistan, l’aereo è finalmente giunto ad Herat. La cerimonia è cominciata con il doveroso e toccante tributo del “silenzio” in ricordo dei 53 militari caduti nei 20 anni di presenza delle Forze Armate italiane in Afghanistan, ed è proseguita con l’ultimo simbolico ammainabandiera dei contingenti italiano, albanese e americano che ha sancito il passaggio di consegne della base di Herat alle Forze di sicurezza afghane (ANSF), passaggio che avverrà ufficialmente nelle prossime settimane, una volta completato il ritiro. Cerimonia umile e solenne che, tuttavia, ha sancito un momento storico che chiude il maggior impegno militare italiano nella sua storia, in termini di durata, di complessità logistica per la lontananza dalla madrepatria, di militari impiegati (oltre 50.000 appartenenti alle 4 Forze Armate) nell’arco dei 20 anni, come ricordato dal Capo di Stato Maggiore, Gen. Enzo Vecciarelli), nonché di risultati conseguiti. Nel suo intervento, il Ministro Guerini ha voluto ricordare “l’attività di elevatissimo livello del Train Assist Advise Command - West che, nel corso degli anni, ha visto l’addestramento, la consulenza e l’accompagnamento di più di 20.000 militari afghani del 207° Corpo d’Armata dell’Esercito Nazionale Afghano e la realizzazione di circa 2.200 progetti di cooperazione civile-militare”. Il Gen. Beniamino Vergori, Comandante di Camp Arena/Com Herat, ha evidenziato i tanti risultati conseguiti dalla Multinational Land Force a guida italiana responsabile dei compiti previsti dal TAAC-W. Nello specifico, Vergori ha parlato delle “difficoltà di pianificazione per consentire un ripiegamento ordinato ed in sicurezza che permettesse, al contempo, una riorganizzazione delle diverse unità in modo che potessero continuare a garantire quella funzione di addestramento e consulenza a favore di reparti ancora in fase di preparazione”, sia militari (forze terrestri e quelle appartenenti alle unità dell’Aeronautica afghana dislocate ad Herat), sia appartenenti all’Aviazione civile, con queste ultime responsabili finali del funzionamento dell’aeroporto. La sensazione provata una volta atterrati ad Herat è quella di un’ordinata smobilitazione. Oltre ai velivoli civili che collegano la città con la capitale Kabul, sulla pista erano presenti alcuni aerei cargo – prima un Il-76 civile e in seguito un C-130J-30 SUPER HERCULES appartenente al 317° Stormo dell’Air Mobility Command USAF - utilizzati per il ponte aereo logistico di rientro dei mezzi e degli equipaggiamenti presenti a Camp Arena, dove sono presenti anche soldati e materiale americano e di altri 6 Paesi (Albania, Lituania, Romania, Slovenia, Ucraina, Ungheria) precedentemente inquadrati nell’unità multinazionale TAAC-W, chiusa ufficialmente lo scorso 15 maggio. Davanti ed all’interno degli hangar della parte dell’aeroporto riservata ai militari, sono ancora presenti 4 elicotteri utility UH-90 e 2 elicotteri da ricognzione e scorta armata AH-129D MANGUSTA, appartenenti al 7° Reggimento AVES VEGA. Presente anche (almeno) un UAV tattico-leggero RQ-7C SHADOW 200 che ha pattugliato l’area della base per la maggior parte del tempo che abbiamo passato ad Herat. Questi numeri si riferiscono ai mezzi che abbiamo visto e sono assolutamente parziali. Per motivi di sicurezza le cifre precise non possono essere comunicate. Anche sul numero di soldati ancora presenti in teatro non esistono informazioni precise ma, tenuto conto di quanto mostrato dalla presentazione del Gen. Vergori che parla dell’80% del personale rientrato in Italia, la cifra dovrebbe attestarsi a non più di 150 unità (ad inizio anno erano poco più di 800, cifra che includeva il personale presente presso i comandi di RESOLUTE SUPPORT di stanza a Kabul). Anche le tempistiche del ritiro – partito ufficialmente lo scorso 1° maggio - sono ancora poco chiare, sebbene sia verosimile ritenere che entro 5 settimane la smobilitazione italiana sarà completata e la base di Camp Arena verrà consegnata alle Forze di sicurezza afghane. Secondo i dati comunicati dal Gen. Vergori, infatti, ogni settimana vengono effettuati 24 voli cargo, che consentono un trasporto approssimativo di 350 metri lineari di materiale, più 6 voli passeggeri. Tenuto conto di quanto affermato dal Gen. Portolano, Comandante del COI, che ha parlato di meno di 1.000 metri lineari di materiale restante, nonché dai dati comunicati dal Gen. Vergori relativamente alle percentuali dei voli logistici completati (54%), fermo restando il suddetto ritmo dei voli, entro la prima decade di luglio il ritiro sarà completato. Dal punto di vista prettamente logistico, il processo di ripiegamento rappresenta un’operazione estremamente complessa, sia per la quantità di equipaggiamenti, mezzi e personale da rimpatriare, sia per le motivazioni “geografiche”, essendo l’Afghanistan un Paese senza sbocco sul mare e totalmente sprovvisto di linee ferroviarie. Nello specifico, il rientro sta avvenendo in 2 fasi distinte, a seconda che si tratti di trasporto di velivoli (elicotteri e UAV) o di mezzi terrestri. Nel primo caso, il rientro viene effettuato via aerea tramite C-130 HERCULES dell’Aeronautica Militare (in caso dei MANGUSTA) e aerei civili An-124 e Il-76 di compagnie cargo ucraine, noleggiati dalla Difesa, con, probabilmente, il trasporto diretto in Italia. Nel caso dei blindati, al contrario, il trasferimento sarà di tipo multimodale e avverrà via aerea fino agli EAU, ancora una volta con il supporto dei suddetti velivoli, da dove poi proseguiranno via mare verso l’Italia con navi civili Ro-Ro. Il reportage completo su RID 7/21.