RIVISTA ITALIANA DIFESA
L’Angola vuole il GARIBALDI 24/02/2014 | Pietro Batacchi

L’Angola punta ad acquistare la portaerei GARIBALDI dall’Italia. Dell’affare, la cui notizia ci è stata confermata da più fonti, si è parlato anche di recente in occasione della sosta del 30° Gruppo Navale – nell’ambito dell’iniziativa per la promozione del sistema Paese nel mondo tra Marina, industrie e associazioni – nella capitale Luanda. Proprio in questo contesto era prevista anche una visita nel Paese da parte del Ministro Mauro, annullata poi per gli avvenimenti legati al cambio di governo in Italia. L’Angola, peraltro, sembrerebbe interessata anche ad una o 2 Maestrale, un paio di pattugliatori della classe COMANDANTI o BORSINI, una o due unità logistiche e, infine, più unità veloci per la protezione delle piattaforme offshore. Un’ipotesi è anche quella di puntare, in alternativa al GARIBALDI,  su una LPD della classe SANTI, meno complessa ed onerosa da un punto di vista della gestione, quindi più abbordabile per le attuali capacità del Paese, ma sempre in grado di garantire, seppur in forma differente e ridotta, capacità di comando e controllo e proiezione.

L’interesse di un Paese come l’Angola addirittura per una portaerei o per una LPD si spiega alla luce, soprattutto, di 2 ragioni. Da un lato, questioni di status per un Paese in forte ascesa, un Paese per di più di mentalità e cultura strategica sovietica, che dello status hanno sempre fatto un nodo centrale, essendo i propri vertici militari nati e cresciuti all’ombra della partnership strategica che da sempre lega Luanda a Mosca. Dall’altro, l’esigenza del Paese di giocare un ruolo sempre più di primo piano in seno all’Unione Africana anche in contesti “lontani” quali l’Oceano Indiano e il Golfo di Guinea dove, prima o poi, l’UA sarà chiamata a subentrare ai Paesi occidentali nelle operazioni anti-pirateria e di controllo delle linee di comunicazione marittime o, quanto meno, ad affiancarli. Queste ambizioni sono sostenute da spese per la Difesa in costante aumento - comprese, quest’anno, tra 6 e 8 miliardi di dollari e seconde, nel continente africano, solo a quelle algerine – alimentate dai notevoli proventi garantiti dalla produzione petrolifera (ormai prossima a superare la soglia dei 2 milioni di barili il giorno).

Con l’Italia negli ultimi tempi i rapporti si sono fatti sempre più stretti e sono stati ulteriormente consolidati con un accordo di cooperazione ad ampio raggio nel campo della Difesa firmato a Roma lo scorso novembre. Del resto in Angola c’è grande considerazione per l’Italia, ritenuta (a ragione, ma purtroppo noi Italiani non ce ne rendiamo conto…) un punto di riferimento nel campo della sicurezza e delle operazioni di stabilizzazione a livello internazionale. L’interesse di Luanda per un pacchetto di navi così ampio e complesso, chiaramente, dovrebbe tradursi in un partnership strategica a lungo termine estesa all’addestramento ed alla formazione del personale e degli equipaggi considerando che la Marina angolana è oggi limitata a qualche FAC e motovedetta. In pratica, la Difesa italiana dovrebbe assistere il Paese a edificare ex novo una Marina. Un compito arduo, ma che rappresenterebbe un’enorme opportunità per tutto il sistema Paese, con ricadute inimmaginabili sul piano industriale e strategico. Beninteso, sempre che, mentre l’Italia è in tutt’altre cose affaccendata, qualcuno non la freghi togliendole l’affare. 


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