RIVISTA ITALIANA DIFESA
Mozambico: la battaglia di Palma e l’insorgenza jihadista 01/04/2021 | Marco di Liddo - CeSI

A partire dal 24 marzo scorso, milizie di Ansar al-Sunna, gruppo jihadista mozambicano affiliato alla provincia dello Stato Islamico in Africa Centrale (SIAC), hanno condotto un massiccio attacco contro la città di Palma (53.000 abitanti), all’estremità nord della regione settentrionale di Cabo Delgado. La battagli è tutt’ora in corso e vede coinvolti, nel tentativo di respingere i terroristi, elementi delle Forze Armate mozambicane e unità della compagnia militare privata sudafricana Dick Advisory Group. Non è la prima volta che il gruppo armato mozambicano assalta uno dei maggiori centri urbani dell’instabile provincia di Cabo Delgado. Infatti, negli scorsi anni, Ansar al-Sunna aveva preso il controllo, per alcune ore o per un paio di giorni, di Mocimboa do Praia (127.000 abitanti) e delle aree peri-urbane del capoluogo regionale Pemba (200.000 abitanti). In quelle occasioni, esattamente come avvenuto a Palma, i servizi di intelligence stranieri avevano avvertito le autorità mozambicane dell’imminenza degli attacchi, venendo però ignorati. Inoltre, a Palma come a Mocimboa e a Pemba, le milizie di Ansar al-Sunna hanno dimostrato un crescente livello capacitivo, reso evidente da una pianificazione e da una conduzione delle operazioni precise e reiterate (interruzione delle forniture elettriche e della rete telefonica prima dell’assalto, controllo dei principali check point di accesso ai centri urbani, assalto coordinato e simultaneo su più obbiettivi civili e militari, tattiche di guerriglia urbana avanzate). Tuttavia, l’attacco a Palma presenta alcuni elementi di novità da non sottovalutare. Innanzitutto, per la prima volta dall’inizio dell’insorgenza jihadista nel 2017, Ansar al-Sunna ha colpito uno dei siti principali della nascente industria energetica nazionale, dove sono presenti importanti interessi stranieri, anche italiani. Per esempio, in Mozambico ENI è titolare di 5 licenze di esplorazione e sviluppo di giacimenti nel bacino di Rovuma e gestisce lo sviluppo del progetto Rovuma LNG per la liquefazione, lo stoccaggio e la commercializzazione del gas naturale. In secondo luogo, le milizie jihadiste hanno preso di mira per la prima volta i lavoratori stranieri e, secondo alcune fonti locali, le infrastrutture gasiere. Si tratta di un cambiamento importante del paradigma operativo, volto ad innalzare il livello di esposizione mediatica del gruppo e, di conseguenza, il suo posizionamento all’interno del panorama insurrezionale regionale e globale. L’attacco ai cittadini stranieri e all’industria energetica rappresenta il tentativo di colpire con vigore gli interessi economici tanto del Governo mozambicano quanto dei partner occidentali e costituisce la manifestazione più estrema e violenta del disagio sociale della popolazione autoctona. Infatti, la militanza jihadista di Cabo Delgado si è innescata sul perdurante malcontento delle comunità locali, che accusano il governo di non averle incluse nei benefici dello sfruttamento delle risorse energetiche e minerarie della regione e di averli emarginati dai meccanismi di gestione politica del Paese. Tali accuse trovano una conferma nel fatto che la maggior parte della manodopera impiegata nel settore gasiero e minerario proviene dai Paesi vicini o dalle regioni centrali e meridionali del Mozambico e, in molti casi, viene ingaggiata sulla base di meccanismi clientelari controllati dalla burocrazia del partito di potere FRELIMO (Fronte di Liberazione Nazionale del Mozambico). Come se non bastasse, le attività economiche promosse dal governo hanno avuto impatti ambientali e sociali considerevoli per i cittadini locali, costretti a lasciare le proprie terre o vistisi negare il permesso di coltivare appezzamenti di terreno in prossimità delle infrastrutture o delle aree di pesca nelle acque prospicenti i giacimenti. Inoltre, non è da sottovalutare il collegamento tra militanza terroristica e crimine organizzato, soprattutto nel settore del traffico di avorio ed eroina. Infatti, lo sviluppo industriale nel nord del Mozambico ha incrementato i controlli delle autorità di polizia ed ha privato i trafficanti locali della libertà di accesso e controllo dei porti di cui godevano in precedenza. Secondo alcuni analisti mozambicani, la proliferazione del jihadismo è stata favorita proprio dalla criminalità organizzata, decisa a “ricattare” il governo o a distrarlo per proseguire con i propri lucrosi traffici. Secondo altre teorie, dietro l’improvvisa esplosione del terrorismo mozambicano si celerebbero le Monarchie del Golfo, in particolare Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che utilizzerebbero indirettamente le milizie jihadiste come strumento di guerra ibrida contro Maputo e nel contesto della rivalità con il Qatar. Infatti, mentre Doha è uno degli attori stranieri presenti in Mozambico sia nel settore gasiero che in quello finanziario, Riad e Abu Dhabi sinora hanno fallito analoghe attività di penetrazione a causa della freddezza del Governo mozambicano. In questo contesto, non è da escludere che elementi emiratini o sauditi, con connessioni governative da verificare, abbiano inteso utilizzare l’insorgenza jihadista per destabilizzare Cabo Delgado e l’intero settore energetico mozambicano. Le forti radici socio-economiche del terrorismo autoctono del nord del Mozambico rappresentano un elemento di resilienza, perduranza e costante rafforzamento per l’insorgenza locale, a cui si aggiunge l’inadeguatezza e la scarsa preparazione delle Forze Armate locali per contrastare il fenomeno.Se le operazioni dello Stato Islamico in Mozambico dovessero continuare ad evolversi ed a crescere secondo il trend degli ultimi 2 anni, ben presto l’insorgenza potrebbe impattare negativamente i piani di sviluppo del settore gasiero nazionale, manifestandosi come innalzamento dei costi, aumento dell’incertezza degli investimenti e incremento dei rischi per gli operatori sul campo. A questo punto, urge un cambiamento di strategia regionale ed internazionale nel contrasto alla minaccia, ed, eventualmente, anche un intervento militare, magari europeo.


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