RIVISTA ITALIANA DIFESA
Gli UAV fanno sul serio 02/02/2021 | Ezio Bonsignore

Capita talvolta che dei conflitti regionali, limitati nel tempo e nello spazio anche se non per intensità (almeno dal punto di vista dei partecipanti), dimostrino in modo drammatico la terribile efficienza di certi sistemi d’arma, che in precedenza erano ignorati o sottovalutati. Queste dimostrazioni “in corpore vili” valgono come lezioni per tutti, portando con sé l’urgente necessità di adeguate contromisure sotto i 2 aspetti di nuove soluzioni tecnologiche da un lato, e di una profonda revisione delle dottrine operative dall’altro. I 2 casi più noti sono certamente quelli relativi all’affondamento del cacciatorpediniere israeliano EILAT ad opera di missili antinave P-15 TERMIT (SS-N-2 STYX nel codice NATO) lanciati da motovedette egiziane tipo KOMAR il 21 ottobre 1967, e le fasi iniziali della Guerra del Kippur nell’ottobre 1973, quando le squadre anticarro egiziane munite dei missili 9M14 MALYUTKA (AT-3 SAGGER) inflissero durissime perdite alle forze corazzate israeliane. In ambedue i casi, questi sistemi sovietici erano già noti (il MALYUTKA era stato usato per la prima volta in combattimento l’anno prima in Vietnam), ma non si era ben compreso tutto il loro valore operativo. Le dure esperienze di quei conflitti Arabo-Israeliani hanno quindi progressivamente portato in tutto il mondo a tutta una serie di fondamentali mutamenti nella guerra navale di superficie e in quella corazzata, che sono ancora validi. Vi sono ottime ragioni per ritenere che ci si trovi oggi di fronte ad un processo del genere, in quanto il conflitto nel Nagorno-Karabakh tra le Forze Armate dell’Azerbaijan e i separatisti Armeni della Repubblica dell’Artshak (1) ha dimostrato, in modo inequivocabile, il ruolo fondamentale che gli UAV (Unmanned Air Vehicles), velivoli senza pilota (più propriamente UAS se si vuole sottolineare come la stazione di controllo sia parte integrante del sistema d’arma, o “droni armati” se preferite (ma non mi si costringerà a parlare di “droni” nemmeno con la tortura), sono in grado di svolgere nella guerra moderna. Gli UAV non sono certo un’assoluta novità, e anzi se ne è visto un uso abbastanza esteso e intenso già da diversi anni. Però sino ad un passato molto recente, questo uso riguardava soprattutto i conflitti asimmetrici e di “counter insurgency” (nonché gli assassini mirati), in cui i bersagli – il membro di Hamas nella sua camera da letto, il camioncino fuoristrada dell’ISIS, il gruppo di Talebani sui loro somarelli, di tanto in tanto la festa di matrimonio – non avevano per definizione la benché minima possibilità di difendersi, e anzi nemmeno di accorgersi dell’imminente minaccia. Ma le cose si sono adesso spostate su un piano del tutto diverso.

Tutto l'articolo è disponibile su RID 2/21


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