RIVISTA ITALIANA DIFESA
La Heritage boccia US Navy e Marines 02/12/2020 | Fabio Di Felice

Con il “2021 Index of U.S. Military Strenght” il think thank conservatore americano Heritage Foundation ha bocciato sia la US Navy che il Corpo dei Marines con il giudizio finale di “marginalmente capaci” di rispondere alle necessità della sicurezza nazionale USA e sostenere i loro interessi strategici nel mondo. Tenendo in considerazione i possibili avversari mondiali, Cina e Russia, e i possibili regionali, Corea del Nord e Iran, la famosa Fondazione americana ha effettuato un’analisi di tutte le Forze Armate americane (Army, Navy, Air Force, USMC, Space Force e Nuclear) basata sulla loro abilità di compiere la missione assegnata. Nel rapporto sono state valutate tutte le componenti della Difesa USA in base a 3 fattori: composizione, capacità e prontezza operativa; con una scala di valori da “very weak” a “very strong”. Il Corpo dei Marines ha ricevuto un giudizio di “marginal”, in tutte e 3 i singoli fattori e nel giudizio finale, anche se il giudizio è da considerarsi sovradimensionato rispetto alla realtà, considerando che nella “composizione”, su 36 battaglioni richiesti è stato tenuto in considerazione che il Corpo dei Marines ne ha 30 allo stato attuale, quando in realtà è già in corso la ristrutturazione richiesta dal Generale Berger, che vede il Corpo ridisegnato su 21 battaglioni. Ad affossare le valutazioni dei Marines contribuisce anche l’età avanzata di alcuni sistemi d’arma e piattaforme, come gli AAV-7 e i CH-53E SUPER STALLION, la cui sostituzione procede più lentamente rispetto alle effettive necessità del Corpo. Anche la readiness generale di quest’ultimo è stata penalizzata dal fatto che l’elevata prontezza delle unità in operazioni, o in preparazione alle operazioni, è possibile solo a svantaggio del resto dell’organizzazione in termini di risorse, in particolare finanziarie. Anche la U.S. Navy esce notevolmente malconcia dalle valutazioni del rapporto, con un pesante giudizio negativo (“weak”) in termini di composizione e numeri, ma anche le capacità vedono un trend giudicato “marginal”, che in realtà è tendente anch’esso al “weak”. I motivi sono noti, il rapporto sostiene la necessità di avere una Marina di 400 navi da combattimento, quando lo stato attuale è inferiore alle 300, allo stesso tempo il loro invecchiamento procede in maniera più veloce rispetto agli avversari. Questi dati sono molto più evidenti se si focalizza l’attenzione sul Pacifico, con una flotta americana capace di schierare in mare, in tempi brevi, circa 60 unità navali contro le possibili 350 unità cinesi, la cui maggioranza è rappresentata da unità di nuovissima costruzione e da capacità ogni giorno più letali.


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