RIVISTA ITALIANA DIFESA
In Libia continua la guerra 03/11/2014 | Andrea Mottola

Negli ultimi 3 mesi lo scenario libico è divenuto, se possibile, ancor più complesso. A Tripoli è proseguita la battaglia tra le milizie islamiche di Misurata e quelle di Zintan, fedeli al Generale Haftar, per il controllo dell'aeroporto internazionale, o di ciò che ne resta, e delle principali vie d'accesso all'aerostazione. Dopo 5 settimane di intensi combattimenti, dal 23 agosto lo scalo internazionale della capitale è passato sotto il controllo delle milizie islamiche di Misurata, dopo una gestione triennale praticamente ininterrotta da parte dei miliziani di Zintan. Per questi ultimi la perdita del loro principale asset strategico rappresenta un duro colpo, tenuto conto che l’aeroporto rappresentava un hub fondamentale per i rifornimenti provenienti da Haftar e da sostenitori stranieri (leggi EAU, le cui forze speciali, fin dalla rivoluzione del 2011, godono di forti legami con le milizie di Zintan). Oltre all'aeroporto internazionale gli islamisti controllano diverse installazioni strategiche a Tripoli, tra cui un ponte ed una base militare nella zona dell’aeroporto, nonché gran parte della capitale, compresi i vari edifici ministeriali e la base aerea di Mitiga, dove nell’ultimo mese sarebbero atterrati 3 aerei da trasporto qatarini con rifornimenti militari. L'avanzata delle forze islamiche ha fatto perdere parecchio terreno alle milizie di Zintan che sono state costrette a ripiegare verso sud, nella zona di Warshfana. Inoltre, la coalizione Fajr Libya, costituita dalle milizie di Misurata, Berberi e islamisti radicali delle città occidentali, ha dato inizio ad un’offensiva contro le basi delle milizie Zintan in Tripolitania, in particolare sull’altopiano del Gebel Nafusa, situato a pochi chilometri dal confine tunisino. In risposta, i caccia libici (o forse caccia egiziani pilotati da libici) sotto il controllo di Haftar hanno effettuato un raid contro una base di ribelli a Gharyan, 120 chilometri a sud-ovest di Tripoli. Ad essi si è aggiunta una controffensiva degli Zintani nei villaggi di Kekla e al-Kalaa, nella Libia occidentale. Per quanto riguarda Bengasi si può dire che, se tra la fine di luglio e l’inizio di agosto gran parte della città era sotto il controllo di Ansar al-Sharia, tanto da essere dichiarata “emirato islamico”, durante le ultime settimane le forze di Haftar hanno riconquistato diverse zone della città. Anche grazie ad un forte sostegno dei giovani locali, il Generale ha lanciato una controffensiva con carri armati della 204° Brigata, supportati dai caccia, dal fronte orientale e meridionale della città, riprendendo il controllo del quartiere Ras Obeida e della base operativa della Brigata dei Martiri del 17 Febbraio, situata nel quartiere Fuwayhat. Di contro, l’ondata di attentati suicidi di Ansar al-Sharia, che con Majlis al-Shura, la Brigata dei Martiri del 17 Febbraio, Libya Shield e le Brigate Rafallah al Sahati forma il Consiglio della Shura dei Rivoluzionari di Bengasi, ha causato la morte di più di 80 soldati libici, 9 dei quali deceduti in un attentato contro la casa del Generale Haftar, nel quartiere Zeitun. Lo stesso gruppo ha attaccato a più riprese la zona orientale della città, in particolare la base della 204° Brigata corazzata dell’Esercito, una delle ultime caserme ancora controllate dalle forze governative, la zona collinare di al Rahma e l’aeroporto di Benina, base operativa degli uomini di Haftar. Inoltre, dallo scorso 26 giugno, il porto di Bengasi è passato nelle mani delle forze islamiche, che lo utilizzano come hub per i rifornimenti di armi. Ciò ha portato il Generale ad ordinarne la chiusura e il dirottamento di tutte le navi verso il porto di Tobruk. Le imbarcazioni che non hanno rispettato tali ordini sono state puntualmente colpite dai caccia libici decollati da Benina. Dai primi di agosto, inoltre, Ansar al-Sharia, controlla una delle basi delle forze speciali al-Saiqa, situata nel quartiere orientale di Bu Atni, da cui ha razziato alcuni missili terra-aria STRELA-2, dozzine di fucili, tra i quali i recenti AK-103, e una decina di missili anti-carro MILAN che vanno ad aggiungersi all’artiglieria e alle centinaia di razzi GRAD già in suo possesso. Nell’ultimo mese i combattimenti più aspri si sono verificati nella zona universitaria, nell’estremità sudoccidentale di Bengasi, e nei quartieri di al-Majouri, Burhadimah, Sidi Mansour e Garyounis, tutte zone sulle quali nessuna delle due parti può rivendicare il controllo.

Da un punto di vista strettamente politico la situazione non è di certo meno complessa. Il 4 agosto a Tobruk si è insediato il nuovo Parlamento, guidato dal premier al-Thani e riconosciuto ufficialmente dalle Nazioni Unite. La sua prima decisione è stata quelle di stabilire un'elezione diretta del prossimo Presidente, non più scelto dal Parlamento, senza tuttavia fissare una data per tale elezione. Inoltre, è stata ufficialmente ordinata la smobilitazione di tutte le milizie antigovernative e si è votato a favore di un assorbimento delle forze fedeli al Generale Haftar nell’ambito di un Esercito regolare controllato dal Governo e dal Parlamento legalmente eletto. Di contro, a Tripoli è stato ricostituito il Congresso Nazionale Generale (CNG), che teoricamente si sarebbe dovuto sciogliere dopo le elezioni del nuovo Parlamento. Guidato dal premier al-Hassi, il Consiglio si pone come alternativa all'assemblea di Tobruk. Ad oggi, in Libia esistono 2 Parlamenti che rivendicano il diritto a governare il Paese, entrambi sostenuti da potenze regionali: il CNG di Tripoli, allineato alle milizie islamiche, gode del sostegno politico-finanziario e, probabilmente, militare di Qatar, Turchia e Sudan; al contrario, l’assemblea parlamentare appena rieletta e temporaneamente “esiliata” a Tobruk, può contare sul sostegno di Arabia Saudita, Egitto ed EAU. In particolare, va evidenziato il livello di coinvolgimento, anche militare, di questi ultimi 2 Paesi nell’ambito conflitto libico. Gli Emirati Arabi Uniti, oltre ai già accennati legami con le milizie di Zintan, sono stati protagonisti di vere e proprie incursioni aeree sulla Libia. In realtà, i raid aerei su Tripoli, avvenuti il 18 e il 23 agosto contro alcuni obiettivi delle milizie di Misurata, tra cui veicoli, lanciarazzi e almeno un deposito di munizioni nella base aerea di Mitiga (e un altro a sud di Misurata), erano stati inizialmente attribuiti all'aviazione libica, controllata da Haftar. Tuttavia, presto ci si è resi conto che una simile accuratezza in attacchi aerei, peraltro notturni, non era nelle corde dei piloti libici. Nei giorni immediatamente successivi ai raid, si era diffusa la voce dell’utilizzo di bombardieri SU-24 prestati alla Libia da un’aviazione straniera (Algeria), che il Generale Jarushi, attuale Comandante delle forze aeree, ha confermato essere a sua disposizione, sebbene ne abbia negato l’utilizzo in tali raid. Il mistero è stato risolto alcuni giorni dopo, quando si è scoperto il coinvolgimento, mai confermato né smentito, di velivoli dell'aviazione emiratina, probabilmente 2 F-16E armati con bombe a guida laser GBU-12 PAVEWAY II e supportati da un’aerocisterna A330MRTT, decollati da qualche base situata nei pressi del confine tra Egitto e Libia. Inizialmente si parlava della base aerea di El Nasser, a 16 km a sud di Tobruk, o della stessa base di Benina (Bengasi), ma è più probabile l’utilizzo di una base egiziana, verosimilmente quella di Marsa Matruh, dalla quale sarebbe partita anche un’operazione delle forze speciali emiratine che hanno distrutto un campo di addestramento jihadista nei pressi di Derna, storica roccaforte dell’estremismo islamico libico e altra città sotto il controllo di Ansar al-Sharia. Per quanto riguarda l’Egitto, lo scorso 11 agosto il Presidente al-Sisi ha inviato altri 2000 soldati e diverse dozzine di veicoli corazzati al confine con la Libia, per contrastare la crescente attività di contrabbando di armi nell'area. Sarebbero molti, infatti, i gruppi di radicalisti islamici che trasportano in Egitto armi di diverso tipo, rubate dai depositi incustoditi dell'esercito libico durante la rivoluzione del 2011, destinate alla vendita sul mercato nero egiziano, o ai ribelli del Sinai o di Gaza. Inoltre, come detto, Il Cairo ha messo a disposizione una delle proprie basi aeree per le incursioni dei caccia emiratini e ha inviato una nave carica di armi destinate ad Haftar, giunta a Tobruk lo scorso 6 ottobre. Nonostante l’importanza geopolitica del supporto egiziano e dell'intervento degli EAU, preoccupati dai tempi delle “primavere arabe” dall’affermazione di gruppi di legati all’Islam radicale e dal ruolo sempre più attivo giocato dal Qatar nel contesto libico, ad oggi è difficile stabilire se che questi interventi “esterni” abbiano influito in qualche modo sulle sorti del conflitto in Libia. Tuttavia, il coinvolgimento di attori esterni dell’importanza di quelli citati, testimonia la regionalizzazione di ciò che è di fatto una nuova guerra civile libica, un conflitto molto più vicino all’Italia di quanto non sia quello siriano-iracheno…


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