RIVISTA ITALIANA DIFESA
Il riarmo navale nel Mar Caspio 31/07/2020 | Marco Giulio Barone

Un tempo considerata periferica, l’area del Mar Caspio è divenuta oggi di grande interesse per via delle riserve di idrocarburi ma anche come punto di transito strategico da e verso Europa e Cina. In virtù di questa ritrovata importanza, le Marine Militari dei Paesi rivieraschi si vedono assegnare nuovi compiti che necessitano spesso di una crescita dimensionale e qualitativa delle flotte.

 

Tensioni e diffidenze regionali

 

I 5 Stati che si affacciano sul Mar Caspio sono Azerbaijan, Kazakhstan, Iran, Turkmenistan e Russia. Le cospicue riserve di gas e petrolio, stimate in 300.000 m3 e 50 milioni di barili rispettivamente, rappresentano la principale risorsa della regione, seguita dalla più prolifica comunità di Beluga al mondo che alimenta il remunerativo commercio di caviale. Le principali dispute tra i Paesi della regione riguardano il metodo di assegnazione dei diritti di sfruttamento delle risorse naturali nelle acque del Caspio. Si tratta di una lunga disputa marittima nella quale ciascuno stato tenta di arrogarsi la porzione più grande possibile dei giacimenti. Difatti, la disputa è proprio sul metodo di assegnazione delle acque territoriali e contigue. Azerbaijan, Kazakhstan e Russia preferirebbero attribuire le risorse considerando il Mar Caspio un lago internazionale e dunque applicandovi il Diritto del Mare secondo la Convenzione UNCLOS del 1982. Iran e Turkmenistan, invece, vorrebbero per il Caspio una gestione specifica dell’area basata sul principio giuridico “uti juris possidetis”, ovvero una gestione comune e paritetica delle risorse, come se gli Stati vivessero in “condominio”. Come specificato, in realtà ciascuno propone un metodo che garantirebbe maggiori risorse. Nell’agosto 2018 i 5 Stati interessati hanno indetto un vertice nella città kazaka di Agatu, dove hanno raggiunto un accordo di portata storica che sancisce per la prima volta un metodo condiviso. La soluzione trovata è originale e si colloca a metà tra i 2 approcci summenzionati. La prima fase di implementazione prevede che a ciascun Paese vengano assegnate acque territoriali per 15 miglia a partire dalla linea di costa. Per le acque rimanenti oltre questo limite iniziale i negoziati sono tuttora in corso, tenendo presente che alcuni Paesi hanno già installato impianti estrattivi al largo.


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