RIVISTA ITALIANA DIFESA
I sistemi EW terrestri russi 30/07/2020 | Andrea Mottola

Negli ultimi anni l’importanza dei sistemi dedicati alla Electronic Warfare (EW) è cresciuta esponenzialmente. Il motivo sta, fondamentalmente, nella capacità che tali sistemi hanno di rendere inutilizzabili o di captare le tradizionali comunicazioni radio/satellitari ed i segnali elettromagnetici, andando con ciò ad incidere su precisione e relativa affidabilità di radar, seeker per la guida di missili o bombe, e dei sistemi di guida di velivoli a pilotaggio remoto.

Peraltro, se è vero che, nel caso di mezzi EW di “fascia alta”, si parla di sistemi ad alto contenuto tecnologico e con modalità d’impiego (complesse) e costi (elevati) adeguati a tale contenuto, esistono diversi esempi d’utilizzo di piattaforme EW più rudimentali, ancorché efficaci, da parte di attori non statuali (Daesh nel Siraq) e proxy di potenze regionali (Houthi nello Yemen, forze irregolari/ibride russe in Ucraina, milizie filoturche in Siria e Libia). Dal punto di vista operativo, i sistemi EW terrestri sono stati diffusamente utilizzati in almeno 2 dei conflitti degli ultimi 10 anni (Siria e Ucraina, con recenti esempi d’impiego anche in Libia) e, in tutti i suddetti casi, hanno inciso notevolmente sui comportamenti degli avversari verso i cui sistemi/mezzi venivano, e tuttora vengono, utilizzati. Negli esempi citati - in attesa di capire quale sarà il destino della Libia - i sistemi da guerra elettronica hanno via via rappresentato il principale “enabler” di quello che può essere considerato uno dei nuovi pilastri della cosiddetta strategia, e dottrina ad essa legata, dell’anti-accesso/negazione d’area (comunemente conosciuta come A2/AD). Nella versione russa “2.0” di tale strategia, accanto alla tradizionale “bolla” missilistica – costituita da un mix di sistemi antiaerei e antibalistici terrestri e navali integrati e stratificati, sistemi balistici sup-sup e batterie costiere antinave a lungo raggio – vanno ad aggiungersi 3 ulteriori bolle (cyber, spaziale ancora in via di sviluppo e, appunto, EW) che andranno ad influire notevolmente sulla nuova dottrina militare occidentale che mira al contrasto/degradazione/soppressione di tali bolle. Restando nel campo della EW, si può dire che la Russia sta da tempo investendo nello sviluppo di mezzi aerei e, soprattutto, terrestri dedicati, proprio per rinforzare le “bolle” A2/AD, creando uno spettro di jamming elettromagnetico anche di centinaia di chilometri al fine di ostacolare/neutralizzare le capacità radaristiche, di navigazione satellitare e di comunicazione anche degli assetti (aerei e navali, con equipaggio o unmanned) più “pregiati” dell’avversario. Oltre alla suddetta strategia, il conflitto ucraino ha mostrato l’enorme valenza tattica di un diffuso utilizzo di sistemi di disturbo elettronico che hanno permesso ad un numero ristretto di forze russe più o meno regolari di destabilizzare larghe aree del Paese e di mettere in scacco le forze convenzionali di un’intera nazione. Dal punto di vista pratico, l’approccio generale russo è quello di considerare l’electronic warfare come una delle principali opportunità d’impiego di una capacità asimmetrica per contrastare la percepita superiorità convenzionale della NATO. In tal senso, la politica del Cremlino ha visto, negli ultimi 10 anni, un aumento costante degli investimenti per lo sviluppo di sistemi aerei, navali e terrestri in tale settore, ed un parallelo incremento delle unità operative dedicate alla EW.

Articolo completo su RID 8/20


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