RIVISTA ITALIANA DIFESA
La rivoluzione dei Marines 25/05/2020 | Pietro Batacchi

La National Security Strategy e la National Defense Strategy del 2018 hanno costituito uno spartiacque negli ultimi 30 anni di storia degli Stati Uniti, formalizzando un deciso cambiamento di strategia dopo un periodo di conflittualità a bassa intensità o al più ibrida. Tale cambiamento ha senz’altro poco a che fare con la volontà e le attuali preferenze dell’Amministrazione in carica, ma è dettato da uno scenario oggettivo segnato dal ritorno alla competizione tra grandi potenze e dal consolidamento di medie potenze con capacità di esercitare una certa influenza in regioni strategiche del globo. Insomma, uno scenario non più unipolare, bensì a geometria variabile, dove continua ad esistere un polo più forte che però non è più in grado di esercitare un'incontrastata egemonia come nei 20 anni del dopo Guerra Fredda. I 2 documenti prendono atto di questa situazione e riportano in auge concetti classici della conflittualità convenzionale come la deterrenza indicando in maniera molto esplicita la Russia e, soprattutto, la Cina quali concorrenti strategici degli USA ed il teatro Asia-Pacifico, o Indo-Pacifico che dir si voglia, quale area prioritaria verso la quale ridirigere gran parte dello sforzo politico-strategico degli Stati Uniti (1). In questo contesto le FA americane hanno iniziato un percorso di cambiamento della strategia e della dottrina per affrontare al meglio le nuove sfide indicate dalla Casa Bianca rivedendo la pianificazione e preparandosi ad affrontare conflitti sempre più convenzionali o, quanto meno, ibrido-convenzionali. I Marines - Dipartimento della Navy, ma Forza Armata a tutti gli effetti per storia, tradizione, peso politico, ecc. - non sono da meno. Il Corpo, dunque, sta cambiando pelle per adattarsi alla nuova situazione ed affrontare le nuove sfide per vincerle. Tuttavia, se vogliamo ed a beneficio dei più...pignoli, quello dei Marines non è un vero e proprio cambiamento, ma un ritorno, dopo anni di impiego a terra in contesti di contro-guerriglia come una sorta di “secondo Army”, ad un ruolo più “navale”. E’ un ritorno però rivoluzionario che cambia e cambierà ancor di più molte cose nell’organizzazione e nelle modalità/concetti operativi del Corpo, come dimostra la Force Design 2030, e che - e questo è l’aspetto forse più importante - passa da una rinnovata e più stretta cooperazione con la US Navy. In tal senso l’USMC dovrà essere un po' meno indipendente - appunto, non una FA a sé - e molto più integrato con la Navy nell’ambito di uno strumento aereo-navale che dovrà operare in scenari a più alto contrasto militare e sempre più caratterizzati dalle cosiddette bolle A2/AD (Anti Access/Aera Denial).

Tutto l'articolo disponibile su RID 6/20.


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