RIVISTA ITALIANA DIFESA
Il COVID 19 e la nuova Guerra Fredda 05/05/2020 | Pietro Batacchi

Le accuse lanciate in questi giorni dall’Amministrazione Trump alla Cina a proposito dell’origine del COVID 19 sono durissime. Il virus, secondo l’America, nascerebbe in un laboratorio di Wuhan e da lì sarebbe poi “uscito”. In un rapporto riservato di alcuni servizi segreti di Paesi anglosassoni, inoltre, si parlerebbe di eliminazione/distruzione delle prove circa l’esistenza e la circolazione del virus. La Cina ha ovviamente risposto alle accuse americane rispedendole al mittente e negando ogni addebito, e pure l’OMS ha chiesto alla Casa Bianca di mostrare eventuali prove in suo possesso. Insomma, i toni e le tensioni tra Washington stanno raggiungendo forse il punto più alto della crisi, ma potrebbero crescere ancora d’intensità. La posta in gioco è del resto alta: la supremazia in una guerra che si combatte per adesso senza sparare, ma con armi quali la disinformazione e la propaganda, la manipolazione dei vantaggi competitivi, la competizione tecnologica, i dazi, ecc. Uno scenario già visto ai tempi della Guerra Fredda, ma che adesso si arricchisce di un nuovo terreno, ovvero quello della strumentalizzazione a fini geostrategici del COVID 19. Al momento non sappiamo, e non lo sapremo probabilmente mai, se il virus sia uscito veramente da un laboratorio di Wuhan, anzi molti virologi sostengono assolutamente di no, ma quello che sappiamo è che le autorità cinesi ne potrebbero aver tenuto l’esistenza e la circolazione nascoste per settimane, forse almeno 2 mesi. Il primo contagiato ufficiale risalirebbe al 17 novembre, mentre alcuni membri della setta sudcoreana “Chiesa di Gesù e del Tempio del Tabernacolo”, che hanno portato il contagio in Corea del Sud dopo un soggiorno a dicembre a Wuhan, hanno dichiarato che nella città cinese si parlava già da settimane dell’esistenza di questa nuova forma di coronavirus. Di ieri, infine, la notizia che in Francia il primo caso è di fine dicembre. E’ evidente, dunque, che il virus circolava già non solo in Cina, ma pure in Europa prima che Pechino desse ufficialmente l’allarme al mondo. Un lasso di tempo che è stato decisivo affinché il male uscisse fuori dall’Hubei alla “conquista” del mondo. Ma perché Pechino avrebbe tenuto nascosto il virus, permettendo che molti cittadini cinesi si contagiassero? Le ragioni potrerrebbero essere più di una. La prima, la Cina è un regime totalitario che per sua natura, struttura e necessità di mantenere il controllo sociale tende a “nascondere” casi che potrebbero compromettere l’ordine e la saldezza del fronte interno. La seconda ragione, invece, potrebbe essere puramente strategica. Il virus avrebbe in altri termini offerto alle autorità cinesi l’opportunità di ottenere un vantaggio competitivo rispetto all’Occidente giocando in anticipo, organizzandosi di conseguenza e predisponendo le contromisure. Questa è, di fatto, l'accusa contenuta nel report dell'inttelligence citato in apertura. A ciò aggiungiamo anche il fatto che, dopo la SARS del 2002-2003, in Cina ci si attendeva uno scenario epidemico ben peggiore – mentre da noi questa minaccia è stata completamente ignorata – e che in virtù dei suoi fondamentali geografico-strategici e demografici, la Cina può assorbire colpi che l’Occidente non può permettersi di assorbire o che può assorbire con fatica. Questo significa, tra l’altro, anche che il Governo di Pechino può “chiudere” intere provincie e territori con un danno economico molto più limitato rispetto al danno, per esempio, che può riportare l’Italia se chiude la Lombardia. Dunque, il virus potrebbe permettere a Pechino di “entrare” ancora più a fondo in Europa, soprattutto nei Paesi più colpiti e che già presentano economie con alcuni squilibri strutturali, offrendo un aiuto interessato, partnership, salvataggi e così via. Mattoncino dopo mattoncino e seguendo alla lettera la propria logica strategica, la Cina potrebbe acquisire il controllo su vasti settori economico-produttivi del Vecchio Continente. Uno scenario da incubo, che richiede un attento monitoraggio e che sta allarmando, e molto, gli Americani che non ha caso negli ultimi mesi stanno conducendo una massiccia attività militare in Asia-Pacifico. Di ieri, è la notizia della conferma per questa estate dell’esercitazione RIMPAC alle Hawai (l’esercitazione navale più importante del mondo), che ha seguito le manovre della nave d’assalto anfibio USS AMERICA nel Mar Cinese Meridionale e l’intensa attività dei bombardieri B-1B in tutta la regione. La settimana scorsa, inoltre, i Marines si sono esercitati nel Golfo alla conquista di isolette: l’obbiettivo “vicino” erano certo l’Iran e i Pasdaran, ma l’obbiettivo “lontano” era la Cina, considerando gli scenari che in Asia-Pacifico gli Americani si stanno preparando ad affrontare. Ovviamente, Pechino non è stata a guardare ed ha risposto con massicce esercitazioni aero-navali nello Stretto di Taiwan e nei mari regionali, e facendo filtrare una notizia importante: il nuovo bombardiere strategico cinese H-20 potrebbe essere pronto e presto presentato ufficialmente al pubblico.


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