RIVISTA ITALIANA DIFESA
COVID19, giù le mani dalla Difesa 24/04/2020 | Pietro Batacchi

In questi giorni drammatici, la Difesa e le Forze Armate stanno dando un contributo fondamentale nella grande guerra al COVID19. Personale, equipaggiamenti, strutture vengono messe a disposizione nell’ambito di un’operazione di concorso alla risposta ad una grave emergenza in atto sul territorio nazionale. E’ uno dei compiti “residuali” delle FA ed è un qualcosa che le stesse Forze Armate hanno sempre fatto e sempre faranno. Bisogna, però stare attenti e non utilizzare la più grave sfida che sta affrontando l’Italia, e il mondo, dalla Seconda Guerra Mondiale per strumentalizzare e manipolare a fini politici il ruolo delle Forze Armate. Da più parti, infatti, queste sembrano essere tirate per la giacchetta, ma la cosa ben peggiore, e che in futuro potrebbe arrecare gravi danni allo strumento militare, è che la contingenza possa essere trasformata in elemento strutturale, ovvero che si approfitti di questa crisi per snaturare le Forze Armate che restano un’organizzazione per la difesa “esterna” della Nazione e per la tutela dei suoi interessi vitali, nonché per la garanzia della pace e della stabilità interazionale. E’ sacrosanto che in momenti come questi le FA diano un contributo essenziale sul piano interno, ma le FA non sono e non possono essere un surrogato della Protezione Civile, anche se a molti, troppi, piacerebbe che fosse così. Il mestiere di un soldato è combattere e prepararsi a combattere. Spero che anche i vertici delle nostre Forze Armate le tengano bene a mente e non si facciano “ingolosire” dal consenso che l’impiego dei militari in patria generalmente porta con sé. C’è poi, addirittura, chi ha chiesto un ridimensionamento delle missioni internazionali per recuperare eventualmente risorse e soldati da destinare all’impiego sul fronte del contrasto al COVID19. Sarebbe sbagliato per 2 motivi molto semplici. Il primo, lo abbiamo già ampiamente ricordato: lo strumento militare deve garantire la difesa dell’interesse nazionale e le necessarie condizioni di stabilità nelle aree d’interesse dell’Italia. Il secondo, ha che fare, invece, con la percezione e con la deterrenza. In questo momento, ritiri/ridimensionamenti nei dispositivi all’estero potrebbero essere interpretati come un segno di debolezza ed incidere di conseguenza sulla percezione di gruppi e/o attori desiderosi di mutare assetti regionali a proprio vantaggio ed a detrimento dei nostri interessi. Questo discorso vale per l’Italia, ma vale per tutti quei Paesi impegnati all’estero. Sicuramente, nonostante la crisi di COVID19, che colpisce un po' tutti, terroristi e guerriglieri compresi, c’è chi è comunque pronto ad approfittare dei vuoti che potrebbero crearsi. Lo abbiamo visto negli scorsi giorni in Libia, con il Generale Haftar che ha pesantemente attaccato Tripoli. Infine, c’è un altro aspetto che vogliamo sottolineare. La pandemia provocherà – anzi, lo sta già facendo – una grave crisi economica. Il settore Difesa – basandosi su un ciclo più lungo rispetto al civile/commerciale – probabilmente verrà meno colpito, anche perché, superata la fase acuta della crisi, si tornerà ad uno scenario geo-strategico in cui il riarmo è la strada maestra seguita un po' ovunque. Certo, ci potrà essere una pausa, ma la tendenza è questa. Per cui pensare che, per via di COVID19, si possa tornare ad usare la Difesa italiana come il classico bancomat da cui attingere cash, sarebbe un errore molto grave. Un errore che potrebbe pregiudicare la sicurezza dell’Italia, in un mondo che, finita la pandemia, sarà ancor più competitivo e pericoloso.


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