Come evidenziato dalle vicende degli ultimi mesi in Iraq e Libia, ma anche in Afghanistan, Somalia e Niger, il livello di rischio per i militari italiani impegnati nelle missioni all’estero rimane molto alto e può crescere ancora in modo repentino a seconda degli sviluppi locali e regionali. In particolare, come discusso in un recente seminario IAI al CASD con la partecipazione del Capo di SME, Generale Salvatore Farina, nel teatri libico ed iracheno la combinazione di milizie locali ben armate e organizzate e di azioni crescenti da parte di stati terzi, confinanti o meno, rende sempre più sovrapposte le minacce asimmetrica e simmetrica, presentando un forte rischio di escalation e di cambiamenti radicali della situazione sul terreno. Nei teatri conflittuali e instabili dove operano i contingenti italiani occorre difendersi da attentati, agguati, uso di Improvised Explosive Devices (IED), fuoco di mortaio e lancio di razzi. Crescente è l’uso di velivoli a pilotaggio remoto per scopi di intelligence e non solo: basti pensare alla minaccia chimica, biologica, radiologica o esplosiva potenzialmente veicolata tramite droni duali anche di piccole dimensioni. I rischi riguardano sia le operazioni su larga scala, che implicano ovviamente maggiori attività, spostamenti e rifornimenti, e quindi giocoforza più esposizione, sia piccoli team militari impiegati in attività di defence capacity building. Questi ultimi infatti in quanto trainers e mentors condividono con le Forze armate e/o di sicurezza locali non solo l’addestramento nelle basi ma anche le attività sul campo, e sono quindi egualmente esposti alla minaccia. Ovviamente, la vulnerabilità aumenta nel momento in cui il personale italiano dalle basi per attività che vanno dalla sorveglianza al supporto alle forze locali. La maggior parte degli spostamenti in teatro è particolarmente esposta alla minaccia degli IED che, a differenza di altri ordigni che richiedono una produzione industriale, possono essere facilmente assemblati da singoli individui, a basso costo, e senza particolare bisogno di tecnologia. Un’analoga esigenza di protezione si pone anche per tutti quei trasporti che servono a rifornire i contingenti all’interno del teatro operativo. La minaccia degli IED è particolarmente sfuggente nel contesto dei centri abitati, anche piccoli, nei quali il dispositivo e l’avversario che lo attiva possono mimetizzarsi più facilmente. In tale scenario, uno dei molti elementi funzionali ad un’adeguata protezione delle forze e, più in generale, all’efficacia della missione, è l’intelligence a supporto delle operazioni, incluse la sorveglianza elettromagnetica e la dimensione cibernetica. Altro tassello della protezione in teatro è rappresentato dalla qualità, resistenza, e grado di aggiornamento e manutenzione dei veicoli terrestri, sia leggeri che pesanti. Per la protezione degli spostamenti dei contingenti è molto importante anche il supporto aereo, ad ala sia fissa che rotante, compresi i velivoli a pilotaggio remoto che necessitano però di un sistema di comando e controllo adeguato per operare in sicurezza rispetto alle minacce cibernetica e di guerra elettronica. Più in generale, la protezione dei mezzi terrestri si avvale di tecnologie e sistemi dedicati, che sono in costante evoluzione per rimanere al passo con l’evolversi delle minacce. Ad esempio, in contesti in cui vengono impiegati droni di dimensioni ridotte, molto insidiosi in determinate condizioni operative come quelle urbane, è necessario essere in grado di prevedere sistemi di protezione ad hoc. Contro la minaccia sia dei droni che degli IED occorre investire maggiormente nello sviluppo di sistemi di identificazione, soppressione e difesa attiva e passiva del personale e dei mezzi. Infine, occorre ricordare che gli attacchi portati con mezzi tradizionali, unmanned o tramite il dominio cibernetico, riguardano anche le infrastrutture fisiche necessarie alla missione, a partire dalle basi che ospitano le Forze italiane. Tale quadro impone un’attenzione particolare e costante agli equipaggiamenti impiegabili dai contingenti in missione, nonché alle procedure per il loro utilizzo, nella consapevolezza che sul terreno la pace generalmente non è la condizione di partenza ma il difficile obiettivo da raggiungere anche con l’uso della forza armata. Si vis pacem, para bellum.