L’UE ha deciso di lanciare una nuova missione nel Mediterraneo per garantire il rispetto dell’embargo di armi verso la Libia. La nuova missione prenderà il posto di SOPHIA, che sarà chiusa alla scadenza del suo mandato, il 20 marzo, ed agirà principalmente nelle aree orientali prospicienti le coste libiche. Inoltre, qualora dovessero tornare a crescere le partenze di migranti dalla Liba, la missione verrebbe bloccata, mentre il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha parlato di disponibilità di estendere la sorveglianza anche ai confini terrestri della Libia. Si tratta sicuramente di un passo in avanti positivo, ma prima di trarre ogni conclusione bisognerà attendere che venga messo nero su bianco il mandato, con le relative regole di ingaggio. Cosa potrebbe succedere se, per esempio, una nave turca che trasporta armi a Tripoli – magari scortata da una fregata – dovesse rifiutarsi di essere ispezionata? Uno scenario tutt’altro che irrealistico considerando la recente assertività di Ankara in tutto il Mediterraneo. E poi c’è la questione del confine con l’Egitto, attraverso il quale passano le armi – provenienti dallo stesso Egitto, ma pure dagli Emirati Arabi Uniti – destinate alle milizie di Haftar. Stiamo parlando di un confine lungo oltre 1.000 km e sorvegliarlo in maniera efficace significherebbe dover mettere in campo un contingente molto robusto e articolato, senza dimenticare la necessità di ottenere la cooperazione fattiva del Cairo. Un’ipotesi, dunque, al momento difficilmente praticabile. Le incognite, dunque, restano molte e l’impressione generale è che la crisi libica possa trascinarsi ancora a lungo, mentre continua il blocco alle esportazioni petrolifere imposto da Haftar che, ancora una volta, ha dimostrato la sua natura di attore inaffidabile e "rogue".