RIVISTA ITALIANA DIFESA
A Roma si dibatte su Mediterraneo, difesa europea e NATO nel nuovo quadro geopollitico 12/12/2019 | Andrea Mottola

Si è svolto ieri a Roma il convegno "Mediterraneo, Difesa Europea e NATO nel nuovo quadro geopolitico" organizzato dalle associazioni Europa Atlantica e Riformismo e Libertà. Diversi gli argomenti trattati durante il dibattito: dal ruolo spesso marginale della NATO e dell’Europa sul piano geopolitico, alla rimodulazione necessaria del rapporto di tali organizzazioni nei confronti di Stati Uniti e Russia, passando per le politiche impulsive di Trump e debolezza politica dell’Italia. Nella sua introduzione, il Presidente di Riformismo e Libertà On. Fabrizio Cicchitto, ha evidenziato come per dare rilevanza futura all’Occidente si deve partire dalla scelta di valori condivisi dai paesi che ne fanno parte - quali stato di diritto, garantismo e pluralismo sociale e politico, welfare – valori in contrapposizione con il liberalismo selvaggio e quello del collettivismo della proprietà pubblica di tutti i mezzi di produzione”. Sul ruolo dell’Europa, non si può non notare come da tempo il rapporto transatlantico con gli USA sia in “profonda crisi” e come UE e NATO siano state finora incapaci di contrapporsi adeguatamente a Cina e Russia, “quest’ultima debole economicamente ma forte geopoliticamente”, come dimostra la padronanza “nell’uso politico di internet per destabilizzare le politiche occidentali” o la “geniale condotta di Putin in Medio Oriente, che ha sfruttato gli errori nello scacchiere mediorientale 3 amministrazioni americane consecutive”, creando e consolidando un “sistema di alleanze solide con Iran, milizie sciite, Assad e Turchia”. Riguardo alla Cina, Cicchitto ha ricordato come la sua “presenza militare è molto forte nel Mar Cinese ma, con la nuova via della seta, è sempre più presente e forte economicamente in Europa ed Africa”. La politica di Trump – ha proseguito – vede una “giusta contrapposizione nei confronti di Cina e Iran, ma resta ambigua nei rapporti con la Russia e con la Turchia”, e sembra guidata da uno scarso interesse per il consolidamento di alleanze, “elemento che si vede chiaramente nei rapporti con l’Europa”. “Quest’ultima dovrebbe lavorare per creare un sistema più omogeneo, ma continua a dividersi tra sovranisti/nazionalismi incapaci di misurarsi adeguatamente con Putin, Trump e con la Cina. E, ha concluso, in tal senso, “l’Italia rappresenta il punto debole dell’Europa”, paese che vede un fiorire di forze politiche, alcune delle quali attualmente al governo, “fortemente antieuropeiste”.

 

Nell’intervento dell’ex Capo di Stato Maggiore della Difesa ed attuale consigliere scientifico dello IAI, Gen. Vincenzo Camporini, ha sottolineato come “la politica estera italiana sia storicamente stata delegata a NATO, ONU e UE, pilastri che oggi sono venuti meno, tenuto conto del ruolo poco più che ruolo vocale, esempio ne è la Libia, che ha bisogno di un intervento internazionale, non solo militare. L’UE non fa passi in avanti, basata su una serie di tensioni che ha fatto sì che il suo tessuto connettivo non sia solido, a parte alcune iniziative lodevoli in campo militare che, tuttavia, non sembrano determinanti nel medio termine per l’acquisizione di una capacità militare autonoma europea. La NATO oggi è considerata senza scopo dopo la dissoluzione dell’URSS. In realtà le motivazioni alla base dell’Alleanza continuano ad essere vitali, come la solidarietà tra paesi che sta venendo meno per il disimpegno statunitense, dovuto non solo alla politica di Trump”, tenuto conto che il focus generale di Washington è l’Asia Pacifico e la Cina”. Quest’ultima, evidenzia Camporini, ora è “impegnata a dotarsi di una capacità di proiezione marittima (3 portaerei, basi navali Gwadar e Gibuti) e di un elevato espansionismo commerciale. In questo quadro l’Europa non ha voce in capitolo, continuando a non avere una politica convergente su alcuni settori, come quello della difesa”. “Militarmente – ha concluso - si spende male a causa della frammentazione delle iniziative e del mercato della difesa, mai realizzato un mercato comune militare, rendimento bassissimo della spesa militare. Senza grandi sforzi, l’Europa potrebbe essere realmente una potenza militare e partner politico ideale, con adeguato pilastro della difesa”.

 

Il Prof Massimo Teodori, ha ricordato come “la politica di rottura di Trump ha rimesso in discussione i pilastri su cui si è fondata l’egemonia americana - alleanze militari (NATO e con singoli paesi), e le grandi organizzazioni internazionali politiche ed economiche (Fmi, World Bank ecc.) - ma per quanto netta, non è improvvisa”. Vero è che le forti “critiche alla NATO, ma anche alle Nazioni Unite, hanno fatto capire che la sua Amministrazione marcia verso “altre direzioni basate sui suoi impulsi, più che su un’idea di politica estera”. A tal proposito, Teodori ha ricordato la rottura rispetto al trattato sul clima, quello sul dossier nucleare Iraniano, e quello sugli euromissili, rotture che hanno “rimesso in discussione l’ordine liberale internazionale degli ultimi 70 anni, ordine che probabilmente non tornerà”, tenuto conto che ci troviamo difronte ad un’opera di “disoccidentalizzazione dell’Occidente. Agli USA – ha concluso Teodori - oggi poco importa dell’Europa” che, a maggior ragione deve “recuperare di una politica estera indipendente e il più comune possibile”, magari attraverso la creazione di un’Europa a 2 motori, uno politico più ristretto di quello attuale, unito a quello economico già esistente”.

 

L’On. Lia Quartapelle, Capogruppo PD della Commissione Esteri alla Camera ha sottolineato che, in tale ambito, il problema sono “la debolezza italiana e le fratture internazionali”. “La prima frattura è quella transatlantica, con Trump che incoraggia la disgregazione dell’UE (ad esempio sulla questione Brexit). Il punto è capire se Trump sia una parentesi, o rappresenti il sintomo di un cambiamento radicale della politica americana post Guerra Fredda”. Sul fronte orientale, “la minaccia più immediata e diretta per l’Europa è la Russia, laddove per gli Stati Uniti la minaccia è la Cina. Non avere una visione comune sui rischi globali rischia di schiacciare l’Europa, soprattutto per la sua mancanza di una politica comune”. “La seconda frattura – prosegue - è il Mediterraneo. Il caso libico è esemplare di quanto manchi condivisione di interessi e scarsa concretezza in termini di iniziative da parte di Francia, Germania e Italia sul dossier, e ciò ha permesso a forze esterne (Turchia e Russia) di guidare le fazioni libiche contrapposte”. Terzo punto, evidenzia Quartapelle, “sta nella debolezza italiana dovuta ad una classe politica molto poco consapevole dei limiti e delle risorse della nostra azione estera, che si continua a considerare come qualcosa di basato su strette di mano e buone intenzioni, senza supportarla con adeguati stanziamenti”. Infine, ha concluso, esiste “poca consapevolezza nell’opinione pubblica di quanto accade nel mondo” elemento che si aggiunge a quello che vede alcuni partiti (Lega e M5S) che faticano a trovare una loro ragione d’essere e cercano nel riconoscimento di una potenza esterna la propria identità ideologica”. In tale quadro è “faticoso fare scelte giuste in politica internazionale”.

 

Conclusioni affidate all’On. Andrea Manciulli Presidente di Europa Atlantica che ha ricordato come “la crisi della NATO non è solo di valori, ma anche di ruolo che parte da uno scenario tecnico. Il periodo in cui ci troviamo vede il trionfo dell’asimmetria, ed è lontano dal confronto lineare della Guerra Fredda. Le 2 grandi forme asimmetriche - terrorismo internazionale e dimensione cyber - hanno messo in evidenza come alcuni strumenti una volta appannaggio delle grandi potenze”, oggi possano essere utilizzati da attori “piccoli che, con poco, possono mettere in scacco grande. Se non si tiene conto di questo elemento, non si comprende l’entità della crisi dell’Occidente. La sublimazione del sovranismo – ha proseguito - non è il modo di difendere l’egemonia europea e per rilanciare l’Europa, la NATO e l’Occidente in generale”. Riguardo alle minacce globali, Manciulli ha voluto evidenziare più che Cina e Russia, “il nuovo jihadismo che progredisce in Asia e in Africa, con quest’ultima focolaio enorme di insicurezza. Il Mediterraneo, inoltre, paga l’assenza dell’Occidente e sta diventando terreno di confronto tra le 2 famiglie sunnite, quella riconducibile alla Fratellanza Musulmana e quella vicina all’orizzonte Salafita-Wahabita, guarda caso i 2 schieramenti che si scontrano in Libia e in Siria, anche se nel caso siriano lo scontro è a 3, con la presenza degli sciiti iraniani. In questo scenario – ha concluso -l’Europa è assente non ha la forza che dovrebbe avere per essere decisiva e bisogna continuare a battersi per il rilancio della NATO e di un’Europa che ne faccia parte con convinzione. Prima, però, ma prima bisogna rimodulare l’Alleanza e ridistribuirne i ruoli per farla diventare rilevante e consapevole di ciò che vuole essere e come. Il rilancio dell’Occidente, della NATO e dell’Europa non avverrà per enunciazione di principi, ma in base a come si affronteranno le nuove minacce (cyber), le ingerenze altrui e a come (e se) si creerà un interesse davvero condiviso. A tal proposito, “la soluzione potrebbe essere quella di un’Europa a 2 velocità” citata da Teodori.


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