RIVISTA ITALIANA DIFESA
La Turchia contro ISIL? 02/10/2014 | Giuliano Da Frè

L’entrata in scena della Turchia nel conflitto contro il Califfato siro-iracheno, potrebbe rappresentare una svolta importante. Efficienti, numerose e ben equipaggiate, le Forze Armate turche contano su ottime tradizioni e su una buona conoscenza del territorio, dove dagli anni ’80 hanno operato nell’attività contro-insurrezionale ai danni del PKK curdo (anche oltrepassando il confine iracheno, in base a un accordo col regime di Saddam Hussein), o fronteggiato l’ostilità siriana, rinfocolatasi nel 2012. Innanzitutto, Ankara può contribuire alle operazioni aeree con una flotta incentrata su quasi 250 moderni (o modernizzati) F-16C/D multiruolo, e 2 squadron di F-4E PHANTOM aggiornati allo standard TERMINATOR 2000 per azioni d’attacco in profondità, e armati con PAVEWAY II, JDAM, MAVERICK e AGM-154 JSOW. Una forza d’attacco, condotta da piloti addestrati secondo i criteri NATO e già spesso impiegata dopo il 2007 in raid contro il PKK in Iraq, che viene supportata da ricognitori (RF-4 e UAV), 2 aerei per il controllo dello spazio aereo Boeing 737AEW&C, velivoli da guerra elettronica CN-235EW, oltre alle aerocisterne KC-135, che possono integrare l’impiego di basi avanzate come Malatya/Erhac e Dyarbakir, dove si trovano squadron da attacco su F-16 e F-4-2000 (sede di un reparto UAV), e Incirlik.

Da Ankara però ci si aspetta soprattutto l’impiego della sua solida fanteria – i famosi “scarponi sul terreno” -, anche se i 10.000 uomini appoggiati da decine di mezzi corazzati e tank dispiegati lungo il confine siriano (già “intaccato” da qualche colpo sparato da miliziani dell’ISIL, compreso un mortaio che ha provocato 3 feriti), per ora dovrebbero limitarsi a coprire la frontiera e i campi profughi che ospitano 160.000 rifugiati, ed eventualmente superarla per creare una “zona cuscinetto”. Un’opzione peraltro già pianificata all’epoca dei pesanti incidenti di frontiera con l’Esercito Siriano, nel 2012, e che verrebbe integrata da analoghi interventi in Iraq. D’altra parte, Ankara ha già spedito 60 incursori in Siria, nell’enclave di Suleiman Shah, il mausoleo del fondatore dell’impero ottomano sotto sovranità turca dal 1921, e assediata dai miliziani dell’ISIL (e un perfetto casus belli che compatterebbe anche i nazionalisti turchi ostili a Erdogan).

Nella zona è presente il 7° Corpo di Diyarbakir (II Armata), che presso la frontiera siriana dispiega le brigate 70ª e 16ª, entrambe meccanizzate, mentre eventuali operazioni in zone montagnose potrebbero essere effettuate dalla Brigata da montagna di stanza ad Hakkari. Reparti non solo rinforzabili con unità di commando e paracadutisti, ma anche supportati dai locali comandi di artiglieria e da un gruppo di aviazione leggera dell’Esercito, il 7° (sempre a Diyarbakir). Tutte unità che contano su sistemi d’arma moderni o aggiornati dall’efficiente apparato industrial-militare nazionale, come i già testati semoventi da 155 mm FIRTINA, carri LEOPARD 2 e SABRA caratterizzati da upgrade destinati ad affrontare anche minacce asimmetriche (mentre più vulnerabili sono IFV/APC, nonostante la recente entrata in servizio di mezzi MRAP e 8x8 PARS) e una numerosa flotta di elicotteri che comprende BLACK HAWK per il trasporto e SUPERCOBRA da attacco, e i primi nuovissimi T-129 italo-turchi, con 9 esemplari consegnati nel 2014.

 


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