RIVISTA ITALIANA DIFESA
PRIMAVERA DI PACE nel Kurdistan siriano 10/10/2019 | Pietro Batacchi

Sono iniziate ieri le operazioni militari turche nel Kurdistan siriano dopo gli annunci degli scorsi giorni ed il via libera da parte dell’Amministrazione Trump. Alla campagna, denominata PRIMAVERA DI PACE, partecipano le Forze Armate e le Forze Speciali regolari turche ed i miliziani del filo-Ankara National Syrian Army (NSA), ex FSA (Free Syrian Army). Al momento vanno registrati una serie di attacchi aerei contro la città di confine di Ras Al Ayn ed un'incursione terrestre nell’area di Tal Abyad, respinta dai miliziani Curdi dell’YPG. Nonostante le dichiarazioni e le analisi, gli obbiettivi di Erdogan sembrano per ora limitati, ovvero creare un’area di sicurezza lungo il confine turco-siriano all’interno del cosiddetto cantone curdo di Hasakah/Kobane/Qamishli. Poi, a seconda delle reazioni americane e della comunità internazionale, nonché di Russia ed Iran - si vedrà se andare oltre oppure no. Del resto stiamo parlando di un’area molto vasta – paragonabile come estensione a Lombardia, Veneto ed una parte del Piemonte – che si estende dal confine iracheno fino alla riva orientale dell’Eufrate all’altezza di Manbij. Per occuparla interamente non basterebbe probabilmente un anno ed una forza d’invasione massiccia. Basti pensare che la Turchia per l'Operazione SCUDO DELL’EUFRATE - che ha portato tra il 2016 ed il 2017 alla conquista dell’area molto più piccola nel nord della Siria tra Al Bab, Jarabulus e Azaz - ha messo in campo tra i 6.000 e gli 8.000 regolari, più oltre 10.000 miliziani dell’FSA e delle Syrian Turkmen Brigades, e che per raggiungere tutti gli obbiettivi ha impiegato ben 7 mesi. A ciò aggiungiamo che i Curdi dell’YPG rappresentano un osso molto duro. Stiamo parlando di non meno di 30.000/40.000 miliziani (a cui bisogna aggiungere circa 15.000 effettivi dell’Asaysh, la sicurezza interna), motivati, ben armati e addestrati dagli Americani da cui hanno inoltre ricevuto durante la campagna contro ISIS armi, munizioni, equipaggiamenti e veicoli di vario tipo. E che l'operazione sia molto più complessa di quanto possa sembrare lo dimostra il fatto che gli Americani hanno lasciato le loro postazioni lungo il confine, ma non le altre basi diffuse su tutto il territorio del Nordest siriano. Ricordiamo che in quest’aerea gli USA hanno almeno 1.500 soldati, tra forze speciali, consiglieri e Marines, distribuiti tra una decina di basi, comprese 3 installazioni aeree che consentono di operare con aerei da trasporto, elicotteri, convertiplani e velivoli non pilotati. Oltre agli Americani, nella regione operano pure forze speciali francesi e britanniche. Poi, come si diceva, bisognerà vedere come reagiranno Russi e Iraniani, ovvero Damasco. Uno scenario potrebbe essere quello di una luce verde da parte di Assad a Eerdogan, in cambio di un via libera alle forze governative su Idlib, dove la Turchia ha una presenza militare discreta e può contare un paio di gruppi che operano come proxi insieme ai gruppi filo-qaedisti. Da questo punto di vista potrebbe suonare sinistra, per i Curdi, la nota di ieri del Ministero degli Esteri siriano che stigmatizzava l'attacco turco ma ne riteneva responsabile alcuni gruppi curdi… Non dimentichiamo che in questa zona della Siria restano sotto controllo curdo le principali ricchezze petrolifere del paese, che Damasco vorrebbe riprendersi. Insomma il grande gioco è solo agli inizi.


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