RIVISTA ITALIANA DIFESA
Avanti verso il G2G italiano 02/08/2019 | Pietro Batacchi

In uno scenario industriale sempre più competitivo e complesso, popolato di grandi player storici, ma sempre più anche di “new comers”, il supporto governativo all'export militare è un fattore determinante. Storicamente questo è un tallone di Achille del sistema Paese italiano che molto spesso, pur avendo eccellenti prodotti, non è riuscito a piazzarli per mancanza di supporto o, meglio, per un supporto scoordinato e disomogeneo. Viceversa, questo è sempre stato un punto di forza dell’export militare di altri Paesi, come, limitandoci solo all’Europa, la Francia piuttosto che il Regno Unito, dove il vertice politico-esecutivo si fa garante presso lo Stato acquirente della commessa – mettendo la sua firma su un’offerta o su un contratto - con tutto ciò che ne consegue in termine di stabilità e continuità della relazione, ritorni, ecc. Nel caso della Francia si va pure oltre con un ruolo di primo piano da parte del Presidente della Repubblica che opera sulla scena come vero e proprio manager e venditore dei prodotti dell’industria nazionale. Negli ultimi anni, tuttavia, si è cercato pure in Italia di fare qualcosa e di introdurre degli elementi di “garanzia governativa” per l'export militare e nel 2010 si è intervenuti mediante un Decreto legislativo sul Codice dell'Ordinamento Militare con l’Art.537 Ter stabilendo che: “Il Ministero della Difesa, nel rispetto dei principi, delle norme e delle procedure in materia di esportazione di materiali d’armamento di cui alla Legge 9 luglio 1990, n. 185, e successive modificazioni, d’intesa con il Ministero degli affari esteri, può svolgere per conto di altri Stati esteri con i quali sussistono accordi di cooperazione o di reciproca assistenza tecnico-militare, e tramite proprie articolazioni, attività di supporto tecnico-amministrativo per l’acquisizione di materiali di armamento prodotti dall’industria nazionale anche in uso alle Forze Armate e per le correlate esigenze di sostegno logistico e assistenza tecnica, richiesti dai citati Stati, nei limiti e secondo le modalità disciplinati nei predetti accordi”. A tale normativa è stata poi data attuazione con il regolamento emanato con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 104 del 2015. In pratica, con questi 2 passaggi è stato dato vita ad un primo rudimento di modello G2G italiano formalizzando un ruolo di supporto ed indirizzo da parte della Difesa, ovvero del Governo, rispetto all’export militare ed alle iniziative industriali in questo settore. Il regolamento in questione ha precisato poi che per supporto era da intendersi un insieme di attività quali “assistenza tecnica, ingegneristica, logistica, manutentiva, addestrativa, formativa, amministrativa, legale, nonché di coordinamento della contrattualistica e degli aspetti connessi alla gestione finanziaria, anche nella fase di pianificazione e definizione dell’esigenza e del relativo impatto sui costi, discendente dagli accordi o dalle intese internazionali”. I risultati si sono visti subito e anche grazie a questa nuova cornice normativa l’Italia ha vinto commesse strategiche come quelle in Kuwait, per la vendita degli Eurofighter TYPHOON, di cui è prime contractor Leonardo, ed in Qatar, per la costituzione della Flotta della Marina locale, di cui è prime contractor Fincantieri. Ma questo non basta e adesso si sta cercando di compiere un passo ulteriore per completare tutto il processo e far sì che il Governo possa svolgere pure attività di carattere contrattuale come avviene, per esempio, nell’ambito del sistema Foreign Military Sale americano. A tal proposito il 3 luglio la Commissione Difesa del Senato ha approvato all’unanimità una Risoluzione che impegna il Governo: “a predisporre le opportune iniziative al fine di permettere allo Stato italiano di svolgere, nei confronti degli Stati con i quali sussistono accordi di cooperazione o di assistenza tecnico-militare, oltre alle attività di supporto tecnico-amministrativo, sostegno logistico e assistenza tecnica, anche attività di carattere contrattuale, nel rispetto delle norme e delle procedure in materia di esportazione di armamenti di cui alla legge n. 185 del 1990”. A ciò bisogna aggiungere l’impegno a: “prevedere adeguate forme di coordinamento istituzionale a sostegno del comparto dell’industria della difesa, anche attraverso cabine di regia interministeriali; a prevedere un nucleo tecnico-operativo, di ausilio alla struttura di coordinamento di cui all’impegno precedente, che, operando nel pieno rispetto della normativa vigente concernente l’esportazione dei materiali d’armamento, costituisca l’interfaccia tra i vertici del Governo e il sistema delle imprese, in modo da fornire a queste ultime ogni possibile supporto nella competizione sui mercati mondiali”. In tale quadro, su impulso del Ministro della Difesa Elisabetta Trenta, ci si sta già attivando in ambito governativo e presso l’Ufficio del Consigliere Militare di Palazzo Chigi, Amm. Carlo Massagli, è stato costituito un tavolo tecnico su più livelli – presidenza del consiglio dei ministri, inetrministeriale e industriale – con il compito di vagliare le ipotesi, da presentare poi in Consiglio dei Ministri, per attuare quanto richiesto dalla Commissione Difesa del Senato. Un’accelerazione molto importante e che come RID intendiamo seguire passo per passo. Tra le ipotesi di cui si sta discutendo, c’ anche quella di un intervento legislativo per modificare in maniera molto semplice il citato Art.537 Ter per consentire al Governo, ovvero alla Difesa - magari attraverso l’Agenzia Industrie Difesa (AID), che diventerebbe in tal senso l’Agenzia contraente (una sorta di Defense Security Cooperation Agency, DSCA, italiana), oppure attraverso la stessa Segredifesa – di condurre pure attività “contrattuale” apponendo la propria firma su un’offerta e/o un contratto per la fornitura di beni e servizi militari dell’industria nazionale ad un Passe estero. In questo modo una commessa militare non solo riceverebbe il supporto del Governo, ma avrebbe sin da subito il sigillo formale della garanzia governativa, fattore sempre più richiesto dagli Stati acquirenti, in particolare quelli fuori dal circuito di alleanze strutturate come la NATO. Se veramente si dovesse ultimare questo processo, un esito che RID auspica fortemente, l’export militare italiano ne trarrebbe un enorme beneficio e l’Italia si metterebbe al pari degli altri grandi Paesi del mondo.


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