Dopo la dura batosta subita dalle forze di Haftar a Gharyan, strategica cittadina dalla quale era partita l’offensiva del Generale ripresa oggi dalle milizie del GNA (Government of National Accord), la situazione in Libia sembra essersi trasformata veramente in un gioco a somma zero. Haftar, all’ennesima sconfitta di una carriera costellata di disastri ed inaffidabilità, ha reagito in maniera compulsiva e isterica, scatenando la caccia al Turco in Cirenaica e non solo, e intensificando i bombardamenti su Tripoli. In uno di questi, è stato probabilmente colpito un centro per migranti in cui sono morte 100 persone: un crimine di guerra. Haftar poi è volato a Dubai dagli sponsor Emiratini a chiedere più soldi ed aiuti, e sembra già aver ricevuto dall’Egitto alcuni elicottero d'attacco Mi-35. Il Generale è deciso a riprendersi Gharyan ed a persistere nella sua azione contro Tripoli. Di fronte a tutto questo l’Italia non può stare a guardare. Gli spazi per una ricomposizione del conflitto sembrano essersi ridotti al lumicino e per Roma non c’è alternativa se non quella di appoggiare sempre più apertamente Serraj per salvaguardare i propri interessi in Cirenaica ed evitare che la Libia finisca nelle mani di un uomo storicamente inaffidabile. Allo stesso tempo, il nostro Paese deve sfruttare i rapporti privilegiati con l’Egitto – rapporti forgiati soprattutto da energia e intense relazioni commerciali, che abbracciano anche il campo militare – per convincere il Generale Al Sissi a cambiare cavallo – un cavallo che appare adesso come i cavalli scossi del Palio di Siena – e ad accettare un compromesso sulla Libia.