RIVISTA ITALIANA DIFESA
L’uso dei tunnel a fini militari e criminali 28/08/2019 | Guido Olimpio

Medio Oriente, Messico, Corea del Nord, Kashmir sono solo alcuni punti sulla mappa dove in questo momento c’è qualcuno che sta scavando una galleria per fini militari o criminali. Regimi, eserciti, insorti, trafficanti di droga sono accomunati da una tattica comune: la guerra nel sottosuolo. Vecchio metodo mai abbandonato e perfezionato lungo la Storia. I tunnel furono utilizzati dai ribelli per lanciare attacchi contro i Romani durante la Prima Guerra Giudaica. Anche le tribù germaniche del Danubio e del Reno se ne servivano per tendere imboscate ai soldati dell’Impero Romano. E gli stessi legionari ricorsero a questi sistemi per creare varchi nelle difese. Le gallerie non sono mai scomparse, sono solo cambiati i metodi di scavo. I combattimenti in trincea nel primo conflitto mondiale e lo sviluppo di nuove tecnologie hanno favorito i progressi nella tecnica, rielaborata per ripararsi dal fuoco nemico, attraversare la terra di nessuno e piazzare potenti ordigni sotto le posizioni. Sul fronte italiano, Italiani e Austriaci ingaggiarono un feroce duello con tunnel e contro-tunnel per intercettare le “opere” avversarie. Uno degli esempi più famosi fu quello di una mina nascosta sotto le fortificazioni austriache sul Col di Lana ad aprile 1916, una “mina” posizionata dopo 90 giorni di lavoro, che portò alla morte di un centinaio di soldati austriaci. Con l’avvento dell’era nucleare è emersa la necessità di creare un’infrastruttura capace di reggere l’urto di uno strike e mantenere in vita il potere decisionale. Per questo i Sovietici realizzarono un network di gallerie al fine di proteggere la leadership dell’URSS. A Mosca furono realizzati passaggi sotterranei connessi ad una linea metropolitana speciale che si espandeva dal centro della città alla regione circostante. Alcuni bunker sono rimasti. Secondo le stime del Pentagono sarebbero situati tra i 200 ed i 300 m di profondità, potrebbero ospitare 10.000 persone e sarebbero assistiti da una “linfa” di supporto che può garantire la funzionalità per mesi anche dopo un eventuale attacco non convenzionale. Opere giganti di una superpotenza che non oscurano la tenacia di stati più piccoli. I Vietamiti hanno tenuto testa prima ai Francesi e poi agli Stati Uniti con un enorme sforzo logistico basato su depositi e postazioni interrate. Costruzioni diventate oggetto di studio, a cominciare dai cunicoli di Cu-chi, poco a nord della vecchia Saigon. Da allora ne è passato di tempo, scandito da altre esigenze e legato insieme da filo invisibile.

Tutto l'articolo disponibile su RID 7/19.


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