RIVISTA ITALIANA DIFESA
Trump, Iran e "diplomazia della violenza" 15/08/2019 | Andrea Mottola

In seguito all’abbattimento dello UAV da ricognizione RQ-4 BAMS-D, testbed per lo sviluppo di alcuni sistemi destinati ad equipaggiare i nuovi UAV da ricognizione marittima MQ-4C TRITON in via di acquisizione dalla US Navy, nelle ultime ore si sono avuti ulteriori sviluppi. In primis, è giunta la conferma da parte del Gen. Hossein Salami, capo dei Pasdaran, dell’abbattimento del velivolo, effettuato con missili terra-aria SAYYAD SD2C lanciati da una batteria del recente sistema autoctono a medio raggio KHORDAD-3 (variante recentemente introdotta in servizio del RAAD, simile come prestazioni e caratteristiche al BUK/SA-11 russo che, nel 2009, Teheran provò ad acquistare senza successo) situata nell’area costiera tra Minab e Sirik (Hormozgan). La conferma di Salami rappresenta un’enorme differenza rispetto alle esplosioni sulle petroliere – sia quelle di una settimana fa nel Golfo dell’Oman, che quelle risalenti ad un mese fa al largo di Fujairah – nei confronti delle quali l’Iran continua a negare il proprio coinvolgimento, nonostante la condanna di gran parte della comunità internazionale sulla base di “prove”, ad oggi, tutt’altro che esaustive. Salami, inoltre, ha confermato che l’abbattimento si è reso necessario in seguito allo sconfinamento del RQ-4 nello spazio aereo iraniano e nonostante i ripetuti inviti a cambiare rotta. Tale ipotesi è stata respinta con decisione dal Pentagono, che continua ad affermare, anche tramite la presentazione di un video e di una cartina (vedi foto) con il percorso dello UAV durante un briefing del Gen. Joseph Guastella, Comandante del CENTCOM, che il velivolo si trovava in acque internazionali, precisamente a 34 km dalla costa iraniana. Tale ipotesi può essere ritenuta pienamente coerente con i compiti operativi del ricognitore marittimo RQ-4 che non prevedono la penetrazione all’interno di uno spazio aereo. Altro elemento potenzialmente importante, riguarda il probabile recupero di parti del RQ-4 dall’Iran (foto), come affermato dal Ministro degli Esteri Javad Zarif. Ciò, non solo avvalorerebbe, almeno in parte, le affermazioni iraniane sullo sconfinamento del velivolo, magari utilizzato per testare l’approntamento della difesa aerea iraniana, ma potrebbe consentire all’Iran di metter le mani su parti sensibili di un velivolo estremamente avanzato dal punto di vista tecnologico, soprattutto nelle dotazioni sensoristiche e nei dispositivi di autoprotezione (come la suite RWR Raytheon AN/ALR-89). L’’Iran ha un curriculum consolidato nelle applicazioni di “reverse engineering” di sistemi d’arma occidentali in suo possesso non aggiornabili tramite i canali ufficiali a causa dell’embargo – basti pensare, a titolo d’esempio, alle capacità dimostrate nel mantenimento in servizio operativo dei caccia leggeri F-5 o degli intercettori F-14, entrambi pesantemente refittati internamente – oppure sui quali è riuscito a metter le mani, e qui la memoria corre al sequestro del UAV RQ-170 SENTINEL sulla base del quale l’Iran ha sviluppato il proprio UCAV SAEGHEH già utilizzato nel conflitto siriano. L’altro sviluppo importante è quello legato alla risposta statunitense all’abbattimento e, in generale, all’escalation di tensione iniziata con il sabotaggio delle 4 petroliere al largo di Fujairah. A creare scompiglio sull’imminente risposta militare USA è stato un articolo del NY Times della tarda serata di ieri, nel quale si affermava che Trump avesse approvato una serie di attacchi non ben specificati contro l’Iran, interrotti all’ultimo minuto dallo stesso Presidente americano, secondo un copione che ricorda la regola fondamentale della “diplomazia della violenza” di Schellingiana memoria: la minaccia risoluta e credibile dell’utilizzo della forza militare, o anche un uso limitato ma incrementabile della stessa, che, unita alla pressione diplomatica, può rivelarsi particolarmente utile per influenzare l’atteggiamento di attori internazionali medio-piccoli andando ad incidere sulla loro volontà e sul loro calcolo politico, piuttosto che sulla loro capacità militare. Nello specifico, inizialmente pare che la Casa Bianca abbia seriamente valutato una risposta armata “contenuta” non ben definita, tra cui un possibile raid ai danni della batteria missilistica responsabile dell’abbattimento dello UAV – la cui ubicazione, tuttavia, sarebbe difficilmente definibile, tenuto conto che si tratta di un sistema mobile – e di altre 2 postazioni facenti parte del network della difesa aerea missilistica nell’area di Bandar Abbas. Tali progetti sarebbero stati congelati sulla base del ragionamento che una simile operazione, pur possibile con i vari assetti aeronavali presenti in teatro, avrebbe causato un numero elevato di vittime (almeno 150 secondo quanto comunicato a Trump), ritenuto sproporzionato a fronte dell’abbattimento di un singolo velivolo senza equipaggio. Senza dimenticare il rischio concreto di una risposta veemente di Teheran. In riferimento a ciò, è possibile che si faccia strada l’ipotesi di attacchi effettuati tramite una massiccia campagna di operazioni cyber ai danni dei sistemi radar, della rete missilistica e dei centri C2 iraniani, rispolverando l’operazione NITRO ZEUS pianificata dall’Amministrazione Obama in caso di fallimento dei negoziati sul nucleare iraniano.

Nel frattempo, va evidenziato che la Federal Aviation Administration statunitense ha emanato una NOTAM nel quale si vieta alle compagnie aeree americane il sorvolo dello Stretto di Hormuz, del Golfo dell’Oman e dello spazio aereo iraniano.


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