Una piccola realtà che cerca il rilancio
Missioni e organizzazione
Sin dalla sua nascita, la Repubblica dell’Ecuador ha dovuto difendere la propria indipendenza con le unghie e con i denti dai vicini più potenti. E se sul confine nord non sono mancati i problemi con la Colombia (Paese di cui faceva parte sino al 1830, e con il quale combatté una guerra nel 1863, cui vanno ad aggiungersi crisi e incidenti di frontiera, l’ultimo del 2008), è con il Perù, a sud, che Quito ha più volte incrociato le lame. Ancora negli anni ’70 e ’80 i massicci programmi di ammodernamento del piccolo apparato militare nazionale erano legati a questa rivalità, che proprio dopo la cosiddetta “guerra del Condor” del 1995 aveva innescato una nuova corsa al riarmo, soprattutto in materia di sistemi aeronautici, ma con un occhio anche al potenziamento delle forze navali.
La conclusione, nel 1998, di un accordo di pace che sembra aver risolto tutti i contenziosi di frontiera con Lima, ha comportato, soprattutto per l’Ecuador, stretto tra debolezza economica e crisi interna, un rallentamento per diversi programmi di ammodernamento militare, che con un rinvio di durata quinquennale per l’Armada del Ecuador si è tradotto, nel 2000, nella cancellazione del programma mirato ad acquistare i 3 sommergibili classe GAL ritirati da Israele, Paese che con Quito ha solidi rapporti di collaborazione militare.
Problemi in parte affrontati con l’avvio di una riorganizzazione mirata a rafforzare i legami tra Forze Armate e popolazione, attraverso programmi di supporto sociale e ambientale, di tutela dei diritti umani, oltre al crescente contributo a operazioni di pace e stabilità nell’ambito degli organismi internazionali. Il tutto senza dimenticare le missioni più tradizionali di controllo e difesa del territorio nazionale e dei suoi spazi aerei e marittimi, questi ultimi rappresentati da 2.237 km di coste (isole comprese, con il controllo, dal 1832, dello strategico arcipelago delle Galapagos), e da una ZEE che si estende per 236.000 km2.
E se negli ultimi 20 anni, il barometro dei rapporti con il Perù segna “bello stabile”, quelli con la Colombia negli anni 2000 si sono gradualmente complicati a causa delle incursioni effettuate dai guerriglieri delle FARC, sempre più sotto pressione in territorio colombiano, attraverso i 600 km di frontiera con Bogotà, caratterizzati dalla presenza di selve quasi impraticabili. Dopo la crisi del 2008, Quito ha infatti aumentato la presenza di truppe – anche impiegando i fanti di Marina – nella regione, arrivando a dispiegare un massimo di 7.000 uomini, ed eliminando nel solo 2010 ben 126 basi e 20 guerriglieri delle FARC. Dal 2012, tuttavia, è stato creato un centro di coordinamento intergovernativo per risolvere la questione: il trattato di pace tra FARC e Governo colombiano, faticosamente raggiunto nel 2016, ha ovviamente tagliato molti nodi a monte. Tuttavia, dal gennaio 2018 si registrano attentati e imboscate a militari ecuadoregni nella zona frontaliera, attribuiti a gruppi dissidenti della guerriglia colombiana, e ai narcotrafficanti, molto attivi anche in Ecuador, tanto da indurre il Governo di Quito a lasciare il tavolo negoziale cui siedono Colombia e fronti ancora attivi della guerriglia.
Contemporaneamente, reparti aerei e navali vengono impegnati nella lotta al narcotraffico, abbattendo ultraleggeri e catturando sommergibili da trasporto impiegati dai “cartelli”: gli Stati Uniti hanno sostenuto nel corso del tempo queste attività donando all’Ecuador materiale speciale (visori notturni, GPS, imbarcazioni RHIB).
L'articolo completo è su RID 5/2019