RIVISTA ITALIANA DIFESA
La guerra d’attrito israeliana in Siria 30/04/2019 | Andrea Mottola

Dallo scoppio della guerra civile siriana, Israele ha inaugurato quella che può essere definita a tutti gli effetti una “guerra d’attrito” nei confronti della Siria ma, soprattutto, dell’Iran e del suo alleato libanese Hezbollah. La definizione “guerra d’attrito” si riferisce, come noto, ad una particolare strategia militare attuata per fiaccare un nemico infliggendogli continue perdite in termini di personale e materiali.

 

Esempio principe della storia contemporanea è stata la guerra tra Egitto e Israele nel 1967-1970, lanciata dal Cairo per riprendere il controllo del Sinai perso con la Guerra dei Sei Giorni. Più correttamente si può dire che la guerra di attrito si verifica quando 2 o più Stati si combattono a distanza ravvicinata senza dare vita ad un conflitto di tipo tradizionale, pur mantenendo una situazione di costante conflittualità, seppur ad intensità variabile. Se, come detto, Iran e Israele sono stati e restano protagonisti di questo tipo di confronto è perché si tratta di Stati nemici che oggi il conflitto siriano ha trasformato in vicini geografici.

 

La presenza iraniana in Siria

 

Tale vicinanza geografica rappresenta una discontinuità notevole rispetto al passato durante il quale, dal rovesciamento dello Scià e dalla successiva instaurazione del regime khomeinista islamico, l’Iran si è limitato ad una guerra per procura con il nemico dichiarato israeliano tramite l’alleato libanese Hezbollah, con rari casi di coinvolgimento diretto dei Pasdaran (vedi seconda guerra israelo-libanese del 2006). Il conflitto siriano, al contrario, ha consentito a Teheran di stabilire una presenza militare capillare e permanente a pochi chilometri di distanza dal territorio di Israele. Ciò è avvenuto tramite l’invio in Siria di armamenti e, soprattutto, di truppe appartenenti alla Guardia Rivoluzionaria ed alle forze speciali Quds, nonché tramite lo spostamento di miliziani sciiti provenienti da Afghanistan, Iraq, Libano, Pakistan, Siria e Yemen (questi ultimi, secondo diverse fonti indipendenti, sarebbero non meno di 40.000, mentre gli Israeliani parlano di almeno 60.000 uomini), per sostenere, in primis, il regime di Assad, ma che ora, a missione praticamente compiuta, vengono mantenuti in Siria principalmente in chiave anti-israeliana. Uomini e mezzi che possono essere spostati con un certo grado di libertà lungo la cosiddetta “autostrada sciita” - mutuando una definizione di Re Abdallah di Giordania riguardante la continuità territoriale fra Stati (o porzioni di essi), da Teheran a Beirut, legati all’Iran da rapporti di alleanza o amicizia, parte della più ampia strategia della Repubblica Islamica volta a garantirsi un corridoio terrestre per l’accesso al Mediterraneo - ed operare direttamente da 4-6 basi situate immediatamente a ridosso del territorio dello Stato ebraico, oltre ad altre 6-8 strutture più o meno controllate dai Pasdaran in Siria e Libano. A tal fine, dall’inizio della guerra civile siriana Teheran ha speso tra i 18 ed i 20 miliardi di dollari che, oltre a fungere da sostegno finanziario per le proprie truppe rischierate in teatro, sono stati impiegati per la costruzione/ammodernamento di tali basi, nonché per il reclutamento, l’approvvigionamento e lo spostamento delle circa 35 milizie sciite controllate più o meno direttamente da Teheran. Tra queste, escludendo gli oltre 90.000 combattenti delle NDF (National Defence Force) siriane, gruppo che formalmente comprende l’intera galassia di milizie locali vicine al regime Assad non direttamente gestite dai Pasdaran (ancorché in futuro utilizzabili in chiave antisraeliana), le principali sono rappresentate da:

- Hezbollah, gruppo particolarmente attivo nella guerra con Israele, presente in Siria con circa 6/7.000 soldati e, come ricordato dall’ex Capo di Stato Maggiore israeliano Gadi Eisenkot, dotato di un arsenale di centinaia di migliaia di razzi e missili (mediamente si parla di non meno di 110.000 ordigni complessivi);

- Liwa Fatemiyoun, gruppo sciita composto da 10/11.000 miliziani afghani residenti in Siria prima della guerra o rifugiati in Iran, particolarmente attivo sul fronte meridionale siriano (Daraa e fronte anti Daesh di Palmyra);

- Movimento Al Nujba, segmento delle Forze di Mobilitazione Popolare irachene che nel 2017 è stato costituito come “Brigata per la Liberazione del Golan” ed attualmente composto da 8.000 unità;

- Liwa Mukhtar Al Thaqfi, entità nata nel 2016 sotto il diretto controllo iraniano e costituita da 4.000 Siriani dislocati tra l’area costiera di Latakia e la zona desertica e meridionale della Siria;

- Brigata Abu Fadl Al Abbas, gruppo iracheno con un distaccamento di circa 4.000 uomini in Siria;

- Brigata siriana Imam al Baqer, composta da circa 3.000 miliziani spesso presenti nelle aree operazioni di Hezbollah;

- Kata’ib Hezbollah, proxy iraniano di un migliaio di combattenti a maggioranza irachena, ben armato (MANPADS iraniani MISAGH-1 e variante cinese QW-1/1M VANGUARD) e presente nella provincia meridionale di Daraa;

- Liwa Zainabiyoun, gruppo pakistano formato da un migliaio di unità reclutate, finanziate e gestite direttamente dai Pasdaran e dislocato tra Damasco e Daraa.

 

L'articolo completo è su RID 5/2019

 


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