Quella che inizialmente sembrava solo una grande manovra per condizionare la Conferenza Nazionale Libica di metà aprile, in realtà con il passare delle ore si è dimostrata un vero e proprio “all in” di Haftar per prendere Tripoli e mettere la comunità internazionale di fronte al fatto compiuto. In questo momento, però, questa strategia ad altissimo rischio, un vero e proprio blitz, sembra essere sul punto del fallimento grazie alla reazione della frastagliata galassia di forze che sostiene Serraj, a cominciare dai Misuratini che del Generale non vogliono sentir parlare. Sono proprio i Misuratini che nel momento più critico hanno reagito, fermando le forze del Generale, riprendendo l’aeroporto a sud della capitale e dando tempo anche agli alleati di Zintan di intervenire e gettare nella battaglia tutto il loro peso militare. E lo stesso sembra stiano facendo in queste ore anche le forze della RADA di Abdul Rauf Kara. Ancora, però, le sorti della battaglia non sono segnate, ma oggi sarà una giornata probabilmente decisiva. Le ragioni che hanno portato l’uomo forte della Cirenaica a ribaltare il tavolo ed a giocare la carta militare sono molteplici. La percezione della debolezza di Serraj, innanzitutto, e della scarsa compattezza del fronte che lo sostiene. In questi mesi Haftar ha assistito alle battaglie tra la 7ª Brigata di Tarhouna dei fratelli Kani e le milizie filo-Serraj nel sud della capitale nelle quali il fronte che sostiene il Governo riconosciuto non ha certo brillato per determinazione. Il Generale ha allora cercato di inserirsi, grazie al supporto finanziario emiratino e saudita, prima allargandosi nel Fezzan e poi cercando di comprare alleanze e favori nella stessa Tripolitania. In parte ci è riuscito, in parte no. Le stesse milizie dei fratelli Kani, come ci confermano nostre fonti di alto livello in Libia, sono rimaste neutrali e sia Kara che i rivoluzionari di Tripoli di Tajouri sembrano sostenere ancora Serraj, mentre dalla parte del Generale sono passati solo alcuni clan dell’ovest ed i vecchi amici di Zintan per ora mantengono fede al loro patto di alleanza con Misurata. Allo stesso tempo Haftar ha puntato sui contraccolpi della sconfitta nelle elezioni locali di Erdogan in Turchia - Erdogan grande sponsor di Serraj - e sulle incertezze nel quadro politico italiano, condizionato di recente sul fronte della politica estera dal tanto discusso MoU con la Cina che ha irritato non poco Washington che, finora, aveva sempre lasciato sostanzialmente carta bianca all’Italia in Libia. Tuttavia, non appena è stato evidente che quella di Haftar non era solo una manovra politica, ma un “colpaccio”, la comunità internazionale ha reagito manifestando la sua contrarietà rispetto ad un’azione militare lanciata proprio nel pieno dei tentativi di riconciliazione in corso mediati dall’ONU e che rischiava di dare un duro colpo alla stessa credibilità del Segretario Generale Guterres, in Libia quando l’uomo forte della Cirenaica ha dato il via alle danze. Anche la Francia, vero supporter occulto del Generale e che giusto ieri si è vista convocare a Tripoli il proprio Ambasciatore in Libia, non poteva permettersi di dare neanche solo l’impressione di sostenere il blitz e di mettersi contro l’ONU, e pure lo stesso Egitto di Al Sissi non ha gradito che la situazione abbia superato un certo limite. Ecco allora che la blitzkrieg di Haftar potrebbe trasformarsi nella bravata di un bullo, ma se così fosse potremmo capirlo solo nelle prossime ore.