RIVISTA ITALIANA DIFESA
FCAS o TEMPEST, studio IAI sul futuro velivolo da combattimento europeo 20/03/2019 | Andrea Mottola

Si è svolta oggi, nella sede dell’Istituto Affari Internazionali a Roma, la presentazione in anteprima dello studio “Europe and the Future Combat Air System” sul futuro dei velivoli da combattimento in Europa, con un focus particolare sulle iniziative franco-tedesca (FCAS) e britannica (TEMPEST). Un incontro durante il quale sono stati esposti gli elementi principali dello studio in presenza degli autori principali, Michele Nones ed Alessandro Marrone, e del vice-Presidente dello IAI Gen. Vincenzo Camporini. L’argomento è di vitale importanza per l’Italia dal punto di vista militare, industriale e politico, perché la partecipazione ad uno dei 2 programmi rappresenterà una scelta strategica che segnerànon solo quale velivolo di prossima generazione deve essere sviluppato sin da ora per sostituire poi gli EUROFIGHTER TYPHOON tra 15-20 anni – proseguendo nel frattempo l’acquisizione e l’impiego degli F-35, ma anche il posizionamento nazionale rispetto alla cooperazione europea nella difesa per i prossimi decenni. Tale scelta deve tenere conto di una serie di elementi come il complicato contesto europeo tra Brexit, accelerazione verso un’Europa della difesa, rafforzato asse franco-tedesco, e difficili rapporti dell’Italia con le principali capitali UE. Una situazione in cui, come sottolineato da più parti nel corso del dibattito successivo alla presentazione, i tempi di scelta sono estremamente ristretti, elemento che cozza con la tradizionale lentezza del processo decisionale italiano nell’ambito della difesa, non sempre giustificabile con approcci cauti per la valutazione dilazionata nel tempo di programmi militari. Il progetto IAI, come sottolineato da Nones, “è nato un anno fa dopo che in Europa si è cominciato a parlare specificamente di un aereo da combattimento europeo di 6ª gen” che sostituisse TYPHOON, RAFALE e TORNADO. Uno studio la cui responsabilità nei contenuti è esclusivamente dell’Istituto,ma di cui Leonardo è partner. Nonostante il coinvolgimento di ricercatori internazionali provenienti da USA, UK, Francia, Germania e Svezia, il documento - di circa 100 pagine in lingua inglese – focalizza l’analisi sullo scenario italianovalutando i pro e contro di entrambe le iniziative basandosi su 8 fattori di valutazione. Il primo consiste dalla convergenza tra le rispettive flotte di velivoli da combattimento (TORNADO, TYPHOON ed F-35), in termini di esigenze operative e di ciclo di vita delle stesse, elemento in cui l’Italia e il Regno Unito sono i Paesi più allineati in Europa, laddove una tale convergenza non può aver luogo tra Italia e Francia, tenuto conto che la dotazione dei rispettivi velivoli da combattimento è completamente diversa. Il secondo fattore è la familiarità con i velivoli di 5ª generazione e, in una prospettiva militare ed industriale, l’Italia e il Regno Unito sono i soli Paesi europei ad avere accesso ad un velivolo da combattimento di talegenerazione (F-35) ed alle tecnologie sensibili ad esso connesse mentre, al contrario, sia Francia che Germania sono sprovviste di una significativa esperienza militare o industriale con velivoli di 5ª generazione, il che rende più difficile il salto dalla 4ª alla 6ª. Altro elemento fondamentale quello relativo al margine di manovra industriale; in termini comparativi, il valore aggiunto del programma TEMPEST risiede nella partecipazione di Leonardo UK al progetto e ciò, verosimilmente, agevolerebbe una crescente partecipazione industriale italiana agli stadi successivi e riguardo ad alcune componenti e tecnologie (avionica, comunicazioni, radar, sistemi EW). Diversamente, secondo le linee guida dell’accordo sul FCAS tra Parigi e Berlino, un’eventuale partecipazione italiana potrebbe causare problemi di compatibilità e di divisione del lavoro con le industrie francesi e tedesche. Di fatto la spartizione della torta industriale/tecnologica è già suddivisa tra Airbus, Dassault e Thales. Anche l’adattamento di medio-lungo periodo va ritenuto un aspetto fondamentale, nel caso di una convergenza tra le traiettorie delle 2 iniziative sul FCAS in Europa. In tale ambito, se l’Italia dovesse essere parte di un consorzio con Regno Unito - più Svezia e Paesi Bassi(probabili membri del TEMPEST) - avrebbe probabilmente migliori capacità di adattarsi: contribuendo alla definizione dei requisiti militari e all’architettura complessiva del sistema, l’Italia potrà definire e affermare i suoi interessi nazionali in maniera efficace. Questo le consentirebbe di avere una posizione più forte nell’ambito di eventuali negoziati tra i 2 gruppi di Paesi per la definizione di una soluzione pan-europea. Al contrario, se Roma dovesse accettare una posizione di secondo piano nel progetto franco-tedesco sarà probabilmente il partner più debole. Il quinto fattore evidenziato riguarda le recenti iniziative UE in materia di difesa. Gli sforzi tecnologici ed industriali collegati al FCAS potrebbero ottenere il supporto finanziario assicurato dall’UE tramite nuove iniziative quali il Fondo europeo per la difesa (European Defence Fund – EDF) – che prevede di investire 13 miliardi di euro per progetti cooperativi, nel quadro finanziario pluriennale europeo 2021- 2027. I progetti per lo sviluppo di tecnologie collegate al FCAS da parte di un consorzio composto da 3 membri UE - Italia, Svezia e Paesi Bassi - in partnership con il Regno Unito, sarebbero dunque potenzialmente ammissibili per un co-finanziamento da parte dell’EDF. Tuttavia, è pur vero che il regolamento potrebbe, in effetti, essere attuato in maniera più o meno restrittiva con riferimento alla partecipazione del Regno Unito, a seconda di quali saranno gli esiti e le implicazioni della Brexit. Riguardo a quest’ultimo punto, il sesto fattore, se il Regno Unito dovesse uscire dall’Unione senza un accordo, soffrirebbe uno shock socio-economico nel breve periodo e problemi rilevanti nel medio-lungo periodo. Di conseguenza, è probabile che la politica di difesa britannica si trovi a fare i conti con il venire meno della spinta politica ed economica, con possibili tagli e/o rinvii dei maggiori programmi di procurement, incluso quello sul FCAS. Al tempo stesso, divenendo un Paese terzo senza alcun tipo di accordo di libero scambio con l’Unione, il Regno Unito incontrerà diversi ostacoli e sfide nel mantenimento della cooperazione industriale in materia di difesa con il resto dell’Europa. Ciò farebbe propendere per una scelta a favore del progetto franco-tedesco con tutte le riserve del caso e sopracitate. Infine, vanno considerate le circostanze politiche e le posizioni negoziali. Riguardo al primo punto, sempre tenendo in considerazione la Brexit, un’eventuale unione tra Londra e Roma sul TEMPEST introdurrebbe un nuovo elemento di divergenza politica nelle relazioni tra l’Italia ed il motore franco-tedesco per l’integrazione europea, non certo un elemento nuovo ed ingestibile. Riguardo alle posizioni negoziali, va registrata più di un’apertura da parte britannica alla cooperazione con l’Italia sul FCAS, e scambi informali sono già avvenuti tra le FFAA dei 2 Paesi. Una delle ragioni dell’apertura britannica potrebbe essere la necessità di conservare e sviluppare partnership a livello militare-industriale con membri dell’Unione in modo da compensare gli effetti negativi della Brexit. Ciò non significa che il dialogo con Londra sui requisiti militari e sulla suddivisione del lavoro industriale sarà facile, ma almeno in termini di posizioni negoziali il punto di partenza sarebbe migliore. Condizioni iniziali simili non esistono infatti nel caso della Francia. La proposta italiana sarebbe con molta probabilità considerata da Parigi solo dopo la definizione dei requisiti militari e la scelta dell’architettura industriale, con poco margine di manovra per andare incontro alle richieste italiane. In altre parole, il raggiungimento di un accordo soddisfacente con Parigi – e quindi l’ingresso nell’iniziativa franco-tedesca – non è impossibile per l’Italia, ma quantomeno improbabile e molto più difficile rispetto ad un accordo con il Regno Unito. Nella scelta tra i due progetti concorrenti sul FCAS, l’Italia deve tenere in debito conto le esigenze dell’industria della difesa nazionale che ha bisogno di un programma di procurement internazionale, di ampio respiro, ad alto contenuto tecnologico e con una prospettiva di lungo periodo, per rimanere competitiva. Roma può sfruttare le lezioni apprese sin dagli anni ‘70 grazie allo sviluppo dei TORNADO e, successivamente, grazie alla partecipazione ai programmi TYPHOON ed F-35. In caso di mancata adesione ad uno dei due progetti FCAS in corso, o di rinvio della scelta, si aprirebbe la strada ad un inesorabile declino dell’industria italiana dell’aerospazio e difesa, che infliggerebbe un grave colpo all’airpower del Paese. Lo studio termina con la raccomandazione che Roma negozi con Londra lo sviluppo congiunto di un FCAS europeo, nonostante la Brexit, in un progetto che auspicabilmente convergerà con quello di Francia e Germania a beneficio dell’Europa della difesa e dell’autonomia strategica europea. Come ha concluso Camporini, “l’autonomia strategica europea non è una necessità ma una realtà, ed è il momento di prendere una decisione. Il rischio è la futura l’irrilevanza strategica”.


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