RIVISTA ITALIANA DIFESA
TORNADO e training 28/08/2014 | David Meattini

Occorrerà ancora tempo prima che siano acclarate le cause della tragedia che è costata la vita a 4 ufficiali dell’Aeronautica Militare, in servizio presso il 6° Stormo, periti a bordo dei loro cacciabombardieri TORNADO durante una missione addestrativa. Esprimiamo il cordoglio e la vicinanza alle famiglie di questi militari e all’Aeronautica, finita immediatamente sul banco degli accusati prima ancora che sia stata fatta chiarezza su quanto è accaduto.

Occorrerà tempo dicevamo, anche perché come al solito c’è una pluralità di inchieste in corso, quella tecnica della Aeronautica, quella della magistratura militare e quella della magistratura civile. E questa è già una anomalia tutta italiana. Ci asteniamo dal partecipare al macabro gioco delle ipotesi e delle teorie più o meno strampalate sulle possibili cause dell’incidente.

E’ peraltro abbastanza evidente che quando si verifica una collisione, in volo o a terra, il fattore umano è  se non il fattore determinante quantomeno uno dei fattori decisivi. Anche per questo l’AM trarrà da questo incidente importanti insegnamenti che porteranno, se necessario, a rivedere regole, procedure, addestramento Tutto questo ci ricorda, purtroppo drammaticamente, quanto sia difficile e pericoloso il mestiere del pilota militare. E’ un mestiere difficile e per pochissimi, perché richiede naturalmente tutte le doti e le qualità personali, che non molti possiedono, di un pilota “civile”, alle quali vanno aggiunte tutti gli attributi propri del pilota militare. Perché la natura del “lavoro” è estremamente complessa e difficile, per non parlare della complessità dei velivoli militari, i quali rappresentano quanto di più sofisticato e in qualche caso estremo la scienza e la tecnologia aeronautica siano in grado di realizzare. Quando i piloti operano in situazioni reali devono compiere le missioni assegnate e per quanto si faccia di tutto per limitare i rischi e ridurre le perdite, perdite per incidenti, errori o per l’azione del nemico sono ineluttabili. Per cercare di aumentare le chance di successo e di sopravvivenza è indispensabile che il personale di volo raggiunga e mantenga i più elevati standard addestrativi. Ottimi piloti e le migliori tattiche possono fare la differenza anche quando macchine e sistemi non sono all’ultimo grido. E’ accaduto tante volte nella storia militare, pensiamo per esempio alle prime guerre arabo-israeliane. Non è vero invece il contrario: pessimi o inesperti piloti con tattiche e strategie inadeguate o superate non sono in grado di sfruttare al meglio le capacità dei loro velivoli e possono essere sconfitti anche in modo netto. Ed anche in questo caso gli esempi storici, anche recentissimi, non mancano.

I Paesi occidentali fin dagli inizi della Guerra Fredda sono stati costretti a puntare sulla qualità, dei velivoli, dei piloti e delle tattiche operative per compensare lo squilibrio numerico nei confronti del Patto di Varsavia. Israele è stata nella stessa situazione ed in più, almeno agli inizi, si è trovata anche a disporre di materiali di qualità inferiore rispetto a quelli degli avversari.

Oggi i Paesi NATO ed occidentali vantano una netta superiorità tecnologica nei confronti dei possibili avversari “tradizionali” e i rapporti numerici sono decisamente migliorati. Non di meno è proprio la superiorità qualitativa complessiva, frutto del trinomio tecnologia-piloti-tattiche che ci consente di dare per assioma il conseguimento di una reale air supremacy (ben più estrema della air superiority) in ogni conflitto in cui siamo coinvolti. E quando si tratta di conflitti asimmetrici questa air supremacy risulta decisiva e ci consente di ottenere successi o di mantenere lo status quo impiegando forze di terra relativamente limitate. Ma l’air supremacy non è affatto facile da conseguire. Richiede tempo, soldi e continuo addestramento.

Diversi efficaci slogan spiegano che “addestrati come se fosse guerra e combatti così come ti sei addestrato a fare” oppure “più suderai in addestramento meno sanguinerai in guerra”. Questi sono ancora oggi i comandamenti per qualunque militare. L’addestramento deve essere complesso, realistico, impegnativo. Naturalmente deve anche essere “sicuro” per quanto si possa rendere sicura una attività che sicura non è. Si procede per gradi, si impongono procedure e regole stringenti, si pianifica tutto nei dettagli, si prova e riprova, si utilizzano i simulatori ecc.. Ma l’attività di volo è di per sé rischiosa e l’addestramento dei piloti militari non è a rischio zero. Peraltro il “record” di sicurezza dell’Aeronautica Militare è tra i migliori, la cultura della safety permea l’intera Forza Armata, non solo gli equipaggi di volo e tutto questo nonostante i soldi per far volare gli equipaggi siano continuamente ridotti. Un tempo lo standard NATO esigeva 180 ore/anno per poter mantenere la combat readiness. Meglio non dire quale è il livello attuale per l’Italia.

Ci dicono anche che la stagione delle operazioni di guerra si avvia a conclusione. Noi non lo crediamo, ma se anche fosse vero sarebbe allora ancora più importante dedicare energie e risorse all’addestramento. Le guerre asimmetriche hanno fatto in parte accantonare o ridurre l’addestramento per le operazioni ad alta intensità. La Libia ha suonato la sveglia. Occorre che i pochi mezzi ed equipaggi che ci possiamo permettere siano nella migliore condizione possibile, per poter fronteggiare ogni evenienza. Il che vuol dire soldi per carburante, manutenzione e pezzi di ricambio, soldi per il carburante, soldi per inviare piloti e aerei a prendere parte a quelle attività addestrative internazionali che permettono di verificarsi e di compiere quel passo in più che segna la differenza. Oggi l’Aeronautica ha poco o nulla di tutto questo. Ed è costretta a centellinare le ore di volo e farle svolgere in larga misura in Italia. Così facendo si corre un grave rischio.

I TORNADO sono cacciabombardieri, sono nati per volare bassi e veloci, “bucando” le difese aeree nemiche ed esponendosi “solo” alle difese di bassa e bassissima quota. Il che vuol dire volare in condizioni meteo anche marginali, giorno e notte, a quote comprese tra i 50 e i200 metridal terreno. Anche meno sul mare. Non c’è simulatore che tenga, questo modo di volare si impara solo con la pratica reale. E’ vero che negli ultimi anni i TORNADO si sono convertiti alle operazioni a media o media-alta quota. Si poteva fare, perché il “nemico” aveva relativamente poco in termini di difesa aerea. Non è detto sarà sempre così.

Esistono tattiche alternative per “bucare” difese antiaeree sofisticate?  Sì e no. Si può preventivamente distruggere il sistema integrato di difesa aerea nemico, ma non è facile e  i risultati non saranno egualmente buoni in tutto il teatro operativo. Si può ricorrere a varie forme di guerra elettronica e di autoprotezione, ma i rischi aumentano. Tattiche sofisticate ed una buona intelligence aiutano. Oggi però il differenziatore è rappresentato dalla tecnologia stealth che, unita ad altri fattori ed impiegata in modo intelligente, cambia completamente i paradigmi delle operazioni aeree. L’F-35 è nato per sostituire aerei da interdizione, strike, attacco operando a media ed alta quota prevalentemente, anche in presenza di difese aeree agguerrite. Rappresenta il nuovo standard e la nuova frontiera della tecnologia aeronautica occidentale. Ed è per questo che anche l’Aeronautica vorrebbe acquisirlo e immetterlo in servizio. Ma anche nel migliore degli scenari possibili i TORNADO dovranno continuare a restare in servizio fino al 2030.  

In conclusione, per restare efficiente ed efficace, per continuare a svolgere i compiti istituzionali e per fornire alla Difesa quelle “precondizioni” abilitanti da cui dipende la possibilità di impiegare le altre Forze Armate senza correre eccessivi rischi o subire perdite elevate, l’Aeronautica ha bisogno delle risorse per generare ore di volo operative ed addestrative, deve poter svolgere programmi di addestramento completi e sofisticati in Italia ed all’estero, deve poter disporre di aree addestrative su terra e sul mare dove poter volare ad ogni quota, da quelle minime a quelle più elevate. Non ha invece bisogno di polemiche pretestuose sulla scarsa sicurezza delle sue attività di volo, sull’eccessivo “disturbo” arrecato alla popolazione civile, dei pericoli cui esporrebbe città e cittadini. In realtà c’è in Italia una avversione preconcetta nei confronti di tutto ciò che vola ed ha le stellette militari. Basta pensare a quale trattamento viene riservato agli ormai popolarissimi “droni” che secondo alcuni presto oscureranno i cieli di città grandi e piccole. Vedremo cosa accadrà quando uno di questi “oggetti” volanti cadrà in una città e farà danni o peggio. Parlavamo di cultura della sicurezza. L’Aeronautica ne fa il suo credo. Molti altri volano o fanno volare in modo profondamente diverso.

Una nota infine. E’ veramente insopportabile vedere ancora una volta che i militari italiani di sesso femminile vengono trattati come “panda”, come qualcosa di speciale e di “diverso”. Questo ci dice quanto immaturo sia il Paese o almeno lo siano i media che lo rappresentano. Nell’incidente sono periti 4 ufficiali dell’Aeronautica. Che uno di essi fosse di sesso femminile e avesse gli occhi azzurri è del tutto irrilevante e continuare a presentare i militari di sesso femminile come UFO rappresenta un’offesa alle donne e alle donne in uniforme in particolare. Speriamo che l’Italia migliori e cresca. Anche per questi aspetti.

 

 

 

 


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