RIVISTA ITALIANA DIFESA
Summit di Varsavia e social media 12/02/2019 | Leone Alberti

 

(nella foto, il Segretario di Stato Michael R. Pompeo) 

L’11 gennaio il Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha annunciato per il prossimo 13-14 febbraio la partecipazione degli Stati Uniti ad una conferenza in Polonia, a Varsavia, dedicata al  vicino Oriente e in particolare alla situazione Iraniana. Il giorno stesso, il Ministro degli Esteri iraniano ha risposto via Twitter: “Reminder to host/participants of anti-Iran conference: those who attended last US anti-Iran show are either dead, disgraced, or marginalized. And Iran is stronger than ever. Polish Govt can't wash the shame: while Iran saved Poles in WWII, it now hosts desperate anti-Iran circus”

A distanza di qualche giorno, il 15 gennaio, compare su Twitter l’hashtag #WeSupportPolandSummit. L’hashtag è utilizzato per identificare un movimento di opinione nato a sostegno del Summit di Varsavia: un gruppo di utenti che chiede un cambio di regime in Iran ed esprime apprezzamenti per la politica estera della Casa Bianca e sostegno per il Presidente Trump. Alcuni ricercatori e analisti hanno espresso dubbi sulla spontaneità di questo movimento di opinione online. In particolare Ben Nimmo, Senior Fellow for Information Defense at the Atlantic Council’s Digital Forensic Research Lab, rileva un’alta percentuale di retweet e un'anomala concentrazione di contenuti pubblicati da un gruppo ristretto di utenti. Secondo questa analisi, l’improvviso emergere dell’hashtag favorevole al summit potrebbe essere stato organizzato e non essere dunque espressione spontanea del dissenso della popolazione iraniana.

Andamento dei tweet: #WeSupportPolandSummit

Il 15 gennaio sono stati rilevati 86.649 tweet per l’hashtag #WeSupportPolandSummit con oltre 341.500 interazioni tra like, commenti e condivisioni.

 

Fig.1: Pubblicazione di tweet con #WeSupportPolandSummit. Sell’asse delle x data e ora di pubblicazione, sulle y il numero di tweet rilevati. La dimensione della linea riflette il numero totale di contenuti.

Il ritmo nelle pubblicazioni è notevole. Il primo tweet rilevato è alle 18.25 ed è pubblicato dall’utente “Sheikhpashmodin” (link). Confrontando i tweet rilevati ad ogni ora, si passa dai 2.992 delle 18 ai 17.185 delle 19, con un incremento percentuale del 474%.

Analizzando la provenienza dei Tweet si registra un secondo dato interessante (Fig. 2). 

 

Fig.2: Distribuzione geografica dei contenuti rilevati.

I primi cinque paesi di provenienza dei tweet pubblicati sono: Stati Uniti (43.296), Iran (27.345), Polonia (2.462), Germania (2.390), Regno Unito (1.093), Canada (857). L’hashtag si propone quindi come un movimento di opinione transnazionale, presente nelle nazioni direttamente interessate (Iran e Polonia). Dal grafico, tuttavia, emerge un baricentro spostato verso gli Stati Uniti, influenzato dalle reazioni internazionali legate alle dichiarazioni del Segretario di Stato Pompeo e all’attivismo dei fan del Presidente Trump.

 

Le connessioni tra gli account coinvolti

 

Al fine di esplorare le pubblicazioni registrate, un campione del dataset (12%) è stato analizzato tramite Social Network Analysis.

Fig.3: Grafo delle citazioni tra utenti in un campione dei tweet rilevati.

 

Diverse sono le comunità raggruppate attorno ad alcuni account più rilevanti (la dimensione del nodo è proporzionale al numero di citazioni fatte o ricevute). A sinistra in azzurro è possibile notare un gruppo raccolto attorno al Segretario Pompeo, a Donald Trump, e a Reza Pahlavi, ultimo erede della famiglia reale Pahlavi deposta dalla rivoluzione del 1979. Reza Pahlavi è il fondatore del National Council of Iran, gruppo d'opposizione in esilio. Al centro il gruppo legato all’account dell’analista Ben Nimmo, citato da numerosi account in risposta ad alcuni tweet in cui ipotizzava un possibile intervento coordinato al fine di sostenere la diffusione dell’hashtag (link). A destra, in fuchsia, il gruppo attivato dal già citato “Sheikhpashmodin”, certamente uno tra gli account più attivi nel diffondere l’hashtag monitorato. Eseguendo una analisi dedicata a questo profilo e isolando solamente gli account ad una citazione di distanza si ottiene il grafo sotto riportato.

Fig.4: Dettaglio del grafo complessivo, rete delle relazioni di primo livello per l’account ”Sheikhpashmodin”

 

Questo account ha mobilitato e unito differenti comunità esercitando una fondamentale funzione di hub durante la diffusione dell’hashtag. In arancione nel grafico si nota un gruppo di profili Twitter tra i quali spiccano: Sholokhof, Farhadiivar, Kingofk_kings. Tutti e tre, pur condividendo contenuti in persiano, al momento della stesura di questa analisi, hanno inserito nel proprio nome utente o nella descrizione almeno una bandiera della Polonia. In verde si evidenzia il gruppo attivato dal Primo Ministro polacco Mateusz Morawiecki. In celeste la comunità di utenti più immediatamente vicina a Sheikhpashmodin. Tra questi si segnala l’utente amg97988771. Si tratta di un account-amplificatore: analizzando gli ultimi 1000 tweet, il 66% è composto da Retweet, cioè condivisioni di messaggi pubblicati da altri. In fucsia il gruppo di citazioni per l’account personale del Presidente Donald Trump, il Segretario di Stato Pompeo e Reza Pahlavi. In verde si delinea un altro gruppo di utenti tra i quali spiccano per numero di citazioni melodysarkisian, m_lotherking. Nel gruppo compaiono anche gli account Arteshbood e Fightername555, mentre altri profili attivi in questa community sono stati eliminati da Twitter mentre erano ancora in corso le analisi. Infine il piccolo gruppo connesso attraverso il nodo utente “zoy1gzlfjwm2121”. In questo caso un utente iscritto a gennaio 2018, con bandiera polacca ad incorniciare il nome, tweet in persiano e geolocalizzazione impostata su Teheran. Alcuni tratti comuni emersi nell’analisi dei profili appena analizzati, come l’utilizzo della bandiera polacca all’interno del nome utente Twitter, mostrano certamente una volontà esplicita di costituirsi come comunità di opinione riconoscibile.

 

Una comunità in azione

 

Il 23 gennaio molti degli account qui menzionati hanno iniziato a diffondere un nuovo hashtag: #IraniansWantIRIBban. Nei messaggi diffusi tramite questo hashtag si chiede la messa al bando o il boicottaggio dell’Islamic Republic of Iran Broadcasting (IRIB), accusata di seminare disinformazione e propaganda, violare i diritti umani trasmettendo confessioni estorte a dissidenti politici. Nel grafico la diffusione di questo hashtag durante la giornata del 23 gennaio. 

 

Fig.5: Andamento dei tweet pubblicati per l’hashtag #IraniansWantIRIBban. Sull’asse delle x data e ora di pubblicazione, sulle y il numero di tweet rilevati. La dimensione e il colore del punto sono proporzionali alle interazioni complessivamente rilevate.

 

Si registra anche per questo hashtag una partenza sorprendente, rappresentata in fig. 5 (colore e dimensione dei punti rappresentano il totale dei volumi delle interazioni rilevate). Il primo tweet rilevato è delle 16.27, poi nel giro di tre minuti tra le 16.31 e le 16.34 seguono 149 tweet che ottengono oltre 29.000 interazioni, costituite quasi per la metà da condivisioni (retweet per il 48%). Lo sforzo degli utenti coinvolti in queste prime fasi, insomma, è più concentrato nel diffondere l’hashtag e non a manifestare un dissenso in modo personale.

Recentemente l’Oxford Internet Institute ha proposto un “indice di manipolazione del traffico Twitter”. Si tratta di una misura ottenuta combinando le tre variabili su cui agisce una qualsiasi attività di manipolazione dei messaggi: numero medio di messaggi pubblicati per utente, misura dell’attività degli utenti più presenti, percentuale di retweet sul totale dei contenuti rilevati. Nel caso dell’hashtag #IraniansWantIRIBban l’indice segna un totale di 23. Il confronto con i valori proposti dallo studio citato posizionerebbe il movimento analizzato tra gli esempi di traffico non spontaneo. Sebbene questo sia un indice relativo e il confronto con gli altri casi non possa servire da prova certa di manipolazione, si dimostra uno strumento utile a valutare il grado di viralità delle discussioni online nel corso degli ultimi giorni.

 

In vista del Summit di Varsavia

 

Le dinamiche della diffusione dell'hashtag #WeSupportPolandSummit e la comparsa di un secondo hashtag all’interno della medesima comunità sembrano i prodromi di una futura battaglia: attività di preparazione del terreno in vista di un probabile scontro digitale durante i giorni del Summit. Fino ad ora sono emerse le voci dei sostenitori, chissà che in quell’occasione non emergano anche quelle dei detrattori.


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