RIVISTA ITALIANA DIFESA
I sistemi di lancio verticale 26/01/2019 | Massimo Annati

 

In Occidente questa evoluzione creò molto scalpore, e nacque così un programma accelerato per sviluppare una soluzione analoga. La prima installazione di un VLS statunitense risale al 1985 a bordo dell’incrociatore CG-52 BUNKER HILL, il 6º esemplare della classe TICONDEROGA. Rispetto alle prime 5 unità della classe aveva un aspetto inconsueto: infatti i 2 lanciatori binati Mk-26 erano scomparsi, sostituiti da altrettante batterie di pozzi verticali Mk-41, ciascuna capace di 61 missili, che a prima vista facevano sembrare la nave incompleta e disarmata. Si trattava, però, di un'apparenza non suffragata dai fatti: il normale loadout di un incrociatore equipaggiato con VLS comprendeva 80 missili anti-aerei SM-2, 16 missili antisom VL-ASROC, e 26 missili land-attack TOMAHAWK. Per confronto i primi 5 incrociatori classe TICONDEROGA avevano complessivamente a disposizione 88 missili tra SM-2 e ASROC, a cui erano poi stati aggiunti 8 TOMAHAWK in lanciatori blindati elevabili, quindi 96 missili contro 122. Infatti l’Mk-26 non poteva gestire missili lunghi e pesanti come il TOMAHAWK o l'SM-3 anti-balistico.

A partire da quel momento, tutte le successive unità della US Navy e, progressivamente, di gran parte delle Marine di tutto il mondo, avrebbero infatti adottato soluzioni analoghe.

Ciascun modulo di lanciatore Mk-41 è infatti in grado di lanciare un missile al secondo, mentre i precedenti lanciatori binati brandeggiabili Mk-26 potevano lanciare 2 missili ogni 10 secondi. La differenza in termini di capacità di fuoco è evidente, specie nel caso si debbano affrontare attacchi di saturazione.

Tutto l'articolo è disponibile su RID 2/2019.


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