Pensate inizialmente per impiego contraereo e contro-corazza, sono presto diventate la lunga lancia della fanteria e oggi sono presenti in tutti i conflitti. In molti scontri hanno addirittura fatto la differenza, eppure molte di esse sono tuttora semisconosciute.
La tipologia delle mitragliatrici pesanti (HMG, ovvero Heavy Machine Gun) è più vasta di quanto si pensi. La loro grande efficacia e l’incredibile flessibilità hanno fatto sì che queste armi dai primi decenni del ‘900 siano giunte fino ai campi di battaglia odierni. Alcune poi, a dimostrazione di una solida concezione, sono rimaste praticamente immutate anche se questa caratteristica dovrebbe far riflettere. Impiegate in ogni ambito (terrestre, navale ed aereo), hanno fatto sentire la loro possente voce in tutti i conflitti degli ultimi 80 anni. Per lungo tempo strumenti anche della Guerra Fredda, seppur con minore visibilità rispetto ai fucili d’assalto, continuano a rivestire oggi un ruolo strategico nei conflitti a bassa intensità. Armamento principale delle “tecniche” nei conflitti africani e impiegate indifferentemente da forze governative, dai ribelli o dalle PMC, si sono rapidamente diffuse in Libia, Siria ed Iraq senza dimenticare l’Afghanistan. Ancora temibili per tutti i velivoli che si avventurino a bassa quota, hanno ampiamente dimostrato di essere capaci di distruggere anche jet moderni, come i 2 Mig-21 Nord Vietnamiti abbattuti dai tail gunners dei B-52D (LINEBAKER II, 1972). La relativa leggerezza di queste armi (dai 18 ai 38 kg per le monocanna) unitamente alla loro lunga gittata, le hanno rese competitive nei confronti dei delle mitragliere di piccolo calibro. Vi è poi da considerare la discreta reperibilità delle munizioni in qualsiasi continente, l’accettabile compattezza che consente di entrare nei pod aeronautici e, con l’avvento delle armi a canne rotanti tipo Gatling (vero e proprio boom degli ultimi anni), hanno avuto nuovo impulso. Nonostante non passino certo inosservate, le HMG hanno goduto sino ad oggi di un basso profilo per almeno 2 ragioni: alcune si assomigliano parecchio e vengono confuse, altre invece sono davvero poco conosciute perché di recente introduzione.
Le armi in calibro .50 BMG (12,7x99)
Browning M-2/M-3
Le mitragliatrici pesanti Browning, che sono le più diffuse, longeve e flessibili HMG occidentali, nonostante numerosi tentativi, non hanno ancora trovato oggi un degno erede. La nascita delle prime mitragliatrici pesanti viene fatta risalire agli ultimi anni della Prima Guerra Mondiale, in concomitanza con l’affermarsi di 2 emergenti minacce: i primi carri e l’aviazione. I calibri delle normali mitragliatrici, in genere quelli adottati per i fucili d’ordinanza, non erano in grado di dare risposte soddisfacenti e l’impiego di mitragliere viceversa, era limitato dalle loro dimensioni e dai loro pesi. La mitragliatrice offriva maggiori opportunità ma bisognava adeguarla con un nuovo e più prestante calibro.
Il Generale John J. Pershing, comandante delle Forze americane di spedizione nella Prima Guerra Mondiale, giunse a questa conclusione e formulò richiesta all’Army Ordnance Department per una mitragliatrice con una munizione di almeno mezzo pollice di diametro (0.50 inch ossia 12,7 mm) e con una velocità alla bocca di almeno 2.700 piedi/secondo (820 m/s).
Il Colonnello John Henry Parker dell’Army Ordnance Department, che aveva comandato una scuola di mitraglieri in Francia nella Prima Guerra Mondiale, aveva avuto modo di notare l’efficacia della munizione incendiaria 11x53R sviluppata dai Francesi per colpire i palloni aerostatici e realizzata partendo dall’11 mm. Gras (11x59R). Si decise pertanto di realizzare 8 mitragliatrici Colt ricamerate per questa munizione. Le prestazioni balistiche, però, si dimostrarono insoddisfacenti e la sperimentazione terminò.
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