RIVISTA ITALIANA DIFESA
I reparti di Force Protection imbarcata 28/12/2018 | Massimo Annati

L’uso di imbarcare sulle navi da guerra reparti di fanteria specializzati nell’impiego navale è antico quanto le navi stesse.

 Le triremi ateniesi a Salamina avevano un distaccamento di opliti e di arcieri, le galee veneziane a Lepanto imbarcavano balestrieri e archibugieri, le navi di linea inglesi a Trafalgar schieravano i Royal Marines, e le pirofregate di Persano a Lissa avevano i “bersaglieri del mare”.

Il compito di questi uomini consisteva nel partecipare ai combattimenti lanciando proiettili (dalle frecce alle palle dei moschetti e degli archibugi). In caso di abbordaggio si proseguiva all’arma bianca durante il corpo a corpo. Questi fanti di marina venivano anche usati per colpi di mano anfibi, o per la cattura di altre unità con l’impiego di piccole imbarcazioni.

E’ soltanto con le 2 Guerre Mondiali che il fulcro delle operazioni dei Marines si sposta decisamente dall’impiego a bordo verso il combattimento a terra, sia sul fronte sia con le operazioni anfibie.

Nella seconda metà degli anni ’80 ritorna in auge, invece, una vecchia esigenza, con la necessità di proteggere le unità navali dalle minacce asimmetriche rappresentate dalle piccole imbarcazioni veloci di miliziani o terroristi. È infatti evidente che gli armamenti tradizionali delle unità militari, missili antinave e cannoni, non sono adatti ad ingaggiare un barchino arrivato a poche centinaia di metri. Altri tipi di operazioni che richiedono la presenza di reparti imbarcati di fanteria di marina sono gli embarghi, che si succedono senza soluzione di continuità negli anni ’90, e le missioni di polizia marittima, che comprendono principalmente l’anti-pirateria ed il contrasto al narco-traffico.

Non deve quindi stupire che nel giro di pochi anni le principali Marine, in tutto il mondo, si siano dotate di reparti specializzati in questi ruoli, con una sorta di “ritorno al futuro”. Il termine Embarked Military Force (EMF) raccoglie tutte le varie tipologie.

I team di protezione operano in 3 aree distinte: nuclei imbarcati per la difesa ravvicinata delle navi militari o mercantili contro pirati o terroristi; reparti di protezione delle navi militari di maggior valore in porto o nelle fasi di entrata-uscita dai sorgitori; squadre armate di abbordaggio (green team) per la protezione delle squadre di ispezione (blue team) durante embarghi o operazioni di polizia marittima. A questi poi si aggiungono spesso team di sniper marittimi che operano a bordo delle navi o degli elicotteri, integrando l’azione dei nuclei di protezione imbarcata o delle squadre di abbordaggio. Il fenomeno è ormai ben consolidato, tanto che tutte le nuove unità militari vengono progettate e costruite con alloggi aggiuntivi, allo scopo di poter imbarcare nuclei di protezione o di abbordaggio, e con un’armeria di buone dimensioni, per poter immagazzinare armi, munizioni ed equipaggiamenti speciali di questi reparti. In effetti, oltre che costituire la linea di difesa ravvicinata, questi uomini spesso forniscono un'addizionale capacità di fuoco "offensivo" per fermare narcotrafficanti o pirati che vogliano sottrarsi alla cattura, visto che, ancora una volta, le tradizionali armi di bordo sarebbero assolutamente inutili per ingaggi del genere.

In questo compito giocano un ruolo fondamentale le mitragliatrici pesanti ed i fucili di precisione.

Tutto l'articolo è disponibile su RID 1/19.


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