RIVISTA ITALIANA DIFESA
Quali fregate per la Marina degli Stati Uniti? 28/12/2018 | Michele Cosentino

Accantonando, dopo qualche anno di studi, dibattiti e revisioni, un orientamento verso un adattamento delle originarie Littoral Combat Ship (LCS) con caratteristiche di letalità e sopravvivenza più accentuate, la Marina degli Stati Uniti ha modificato il proprio approccio verso la gamma "inferiore" della componente di superficie, dando il via, a metà circa del 2017, al processo intellettuale e tecnico-amministrativo per la realizzazione di una nuova classe di fregate lanciamissili.

 In accordo con la terminologia ufficiale dell’US Navy, il nuovo programma è stato ufficialmente denominato FFG(X) e - scostandosi da una tradizione ormai radicata da oltre mezzo secolo nel panorama cantieristico militare statunitense - è stato “aperto” alla partecipazione di aziende straniere, seppur con determinati vincoli. Per capire quale sarà l’evoluzione del programma FFG(X), è importante analizzare quali sono state le mutazioni che hanno interessato lo scenario operativo, tecnico, programmatico e industriale statunitense e le relative motivazioni.

 Dall’LCS all’FFG(X),

passando per altri acronimi

 Alla fine del 2016, l’US Navy ha divulgato ufficialmente l’architettura complessiva di una flotta tendenzialmente composta da 355 unità navali, concludendo così un’analisi condotta in quell’anno in cui sono stati coinvolti i diretti interessati - i Combatant Commanders - che impiegano le varie flotte dispiegate nei mari del globo. L’analisi è stata basata sulle capacità esprimibili dalle tipologie di naviglio già in servizio o di prossimo ingresso in linea, tenendo conto di 2 funzioni principali: il confronto militare contro i potenziali avversari e la presenza in determinate aree marittime d’interesse. Non è forse un caso che i risultati dell’analisi siano stati divulgati un mese dopo l’elezione di Donald Trump - fautore di una flotta comprendente 350 unità - alla Casa Bianca, ma è certo che l’esercizio teorico è il risultato delle numerose prese di posizione ufficiali contro una flotta ridotta, negli ultimi anni, ad una consistenza variabile fra le 270 e le 290 unità e che si è trovata spesso in seria difficoltà a far fronte a tutti i compiti richiesti (1). Il dato interessante è che le 355 unità auspicate sono nettamente superiori alle 308 individuate da un’analoga analisi condotta nella primavera del 2015, segno evidente che lo scenario internazionale ha subito un’evoluzione tale da richiedere un incremento degli assetti aeronavali necessari agli Stati Uniti per fronteggiare i requisiti strategici derivanti da detto scenario.

Tutto l'articolo è disponibile su RID 1/19.


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