RIVISTA ITALIANA DIFESA
Libia e milizie 30/07/2014 | Pietro Batacchi

A ormai 3 anni dalla caduta di Gheddafi, la Libia è ormai precipitata nel caos della guerra civile ed è preda delle milizie. Ad oggi, in tutto il Paese operano più di 200 milizie, in parte integrate nel nascente apparato coercitivo statale, pur mantenendo la loro identità, ed in parte autonome. Le milizie più rilevanti sono almeno 5: Zintan, Misurata, Lybian Shield, la Brigata dei Martiri del 17 Febbraio e la milizia/Esercito del Generale Haftar.

Il Consiglio Militare di Zintan, dal nome della città, appunto, dove è basato, conta circa 4.000/5.000 uomini armati di tutto punto - armi leggere, sistemi di supporto del fuoco ed armi pesanti - ed è la milizia che continua a controllare l'aeroporto di Tripoli teatro dei violenti scontri di questi giorni con la milizia di Misurata (appoggiata da elementi del Lybian Shield). Quest'ultima è un altro degli attori forti di questa crisi. Di tendenze islamiste, la milizia conta qualche migliaio di uomini e da tempo ha ormai imposto un regime di sostanziale autonomia alla città costiera di Misurata dalla quale prende il nome.

C’è poi il Lybian Shield, che in realtà rappresenta un’organizzazione ombrello che raccoglie numerose milizie, legate anche all’universo islamista e salafita, basate su unità strutturate territorialmente che operano per il mantenimento dell’ordine pubblico e hanno ruoli di combattimento. Il Lybian Shield, difatti, è importante beneficiario dei finanziamenti del Ministero della Difesa. Come si diceva la milizia raccoglie anche realtà islamiste  radicali ed è tendenzialmente considerata vicina alla Fratellanza Musulmana.

In Cirenaica, è attiva la Brigata dei Martiri del 17 Febbraio che conta qualche migliaio di uomini e possiede un importante arsenale  grazie al controllo di numerose caserme situate in tutta la regione appartenenti in passato al regime di Gheddafi. La Brigata è di tendenze islamiste. Sempre la Cirenaica è la roccaforte della milizia del Generale Haftar. Quest'ultimo nasce come uno degli uomini che aiutarono Gheddafi ad impadronirsi del potere. Dopo aver giocato un ruolo chiave nella Guerra in Ciad negli anni 80, il suo rapporto col Raìs si deteriorò irrimediabilmente, tanto da dover fuggire negli Stati Uniti (pare con l’aiuto della CIA), dove rimase quasi 20 anni prima di rientrare in Libia, nel 2011, come uno dei leader delle forze ribelli. Il Generale oggi è leader di una coalizione di tendenze nazionaliste, che mette assieme alcune tribù e pezzi di ciò che resta delle istituzioni libiche, che si oppone alle milizie radicali e vicine alla Fratellanza Musulmana e che è alleata con la milizia di Zintan. La ribellione del Generale Haftar, partita a maggio, non ha tuttavia portato ai risultati sperati e non è riuscita a cacciare le forze islamiste neanche da Bengasi dove, anzi, queste ultime hanno conquistato nei giorni scorsi un importante base appartenente proprio alle forze di Haftar. Il Generale controlla almeno 6.000 miliziani, un paio di basi aeree, con pochi velivoli per la verità, e circa 200 mezzi tra blindati, carri armati, lanciarazzi ecc.. Probabilmente, con la sua ribellione il Generale sperava di ottenere un maggiore supporto internazionale che, alla fine, non c'è stato, o quanto meno non nella misura attesa.

Infine, non vanno dimenticate le Cirenaica Self Defence Forces guidate da Ibrahim Jadhran. Si tratta di una milizia di ben 20.000 uomini di tendenze federaliste che punta a fare della Cirenaica una regione autonoma sostenuta dai proventi petroliferi. La milizia è forte di circa 20.000 uomini.

Fuori da queste realtà, che al di là delle ideologie rispondono ad agende strettamente locali/tribali, operano i gruppi qaedisti veri e propri. Ad oggi in Libia sono attivi stabilmente almeno 3 gruppi di matrice qaedista/jihadista: AQMI (Al Qaeda nel magre Islamico), El-Muwaqiin Bi Dam (Coloro che Firmano con il Sangue) e Ansar Al Sharia. AQMI è la più importante realtà qaedista attiva nel Sahel ed in Nordafrica ed è attualmente guidata da Abdelmalek Droukdel. Il gruppo è nato originariamente in Algeria come "evoluzione" del Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento. El-Muwaqiin Bi Dam, il cui leader  è Moktar Belmokhtar, è nato da una costola di AQMI  nel dicembre 2012 e rispetto ad AQMI ha un’agenda meno ideologica e più legate ad istanze banditesche ed economiche. A partire dal 2013 le 2 realtà hanno iniziato ad infiltrarsi in Libia, approfittando del caos che regna nel Paese, dopo l'intervento francese e della comunità internazionale in Mali. AQMI e El-Muwaqiin Bi Dam  sono attivi sia in Cirenaica, storica culla del jihadismo libico, ma anche nel Fezan - dove sarebbero sorti i nuovi centri di comando e controllo ed un nuovo dispositivo logistico.

Legata ad AQMI e a El-Muwaqiin Bi Dam, così come all’omonima organizzazione tunisina, c’è la terza realtà jihadista attiva in Libia, ovvero Ansar Al Sharia, che può essere considerata l’erede del Gruppo Combattente Islamico Libico (LIFG), storico gruppo islamico libico attivo in Libia anche durante gli anni del regime di Gheddafi. Al vertice di Ansar Al Sharia c’è Sufyan ben Qumu, che ha combattuto al fianco dei talebani in Afghanistan contro le truppe americane. Catturato e poi spedito a Guntanamo è stato poi  trasferito nelle carceri libiche nel 2007 da dove è uscito nel 2010 all’interno del programma di de-radicalizzazione portato avanti da Saif al-Islam Gheddafi. Nel complesso, ad oggi in Libia potrebbero essere attivi più di 3.000 elementi jihadisti/qaedisti.

 


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