RIVISTA ITALIANA DIFESA
Russia e Ucraina di nuovo ai ferri corti 26/11/2018 | Vittorio Panchetti

Nella notte tra il 25 e il 26 novembre, unità navali della Guardia Federale di Frontiera, dipartimento del  Servizio Federale di Sicurezza (FSB) russo, hanno sequestrato 3 navi della Marina Ucraina dopo un repentino scontro a fuoco nelle acque prospicenti lo stretto di Kerch, punto di passaggio tra il Mar Nero e il Mare di Azov. Nello specifico, le 3 navi militari ucraine sono le cannoniere BERDYANSK e NIKOPOL (classe GYURZA-M) e il rimorchiatore JANA KAPU, provenienti da Odessa e dirette verso il porto di Mariupol.

Secondo fonti ucraine, le navi sarebbero state attaccate senza alcuna ragione dalle unità russe, tra le quali una nave appoggio classe Don, appoggiate da 2 Sukhoi Su-25 e 2 elicotteri Ka-52, dopo che è stato impedito loro l’accesso allo Stretto di Kerch, bloccato nell’occasione da un cargo commerciale. Al contrario, secondo le fonti russe, il gruppo navale di Kiev non avrebbe notificato il proprio passaggio alle autorità portuali, comportandosi in maniera “sospetta” e ignorando gli avvertimenti della Guardia Federale di Frontiera.

L’incidente dello Stretto di Kerch è il più grave episodio recente nella storia delle schermaglie navali tra Russia e Ucraina. Infatti, sin dal 2014, all’indomani dell’annessione della Crimea da parte di Mosca e dello scoppio del conflitto in Donbas, le Marina di Mosca e Kiev si sono continuamente scambiate gesti provocatori e, in alcuni casi, pericolosi colpi di avvertimento. Inoltre, proprio l’annessione della Crimea e il deterioramento dei rapporti politici tra Russia e Ucraina hanno inciso sulla sicurezza navale del Mar Nero e del Mar di Azov. Secondo il trattato russo-ucraino del 2003, sussiste un regime di libero accesso e di sfruttamento congiunto delle risorse ittiche del Mare di Azov. A testimonianza di questo, occorre sottolineare come, negli ultimi 5 mesi, almeno 5 unità navali, comprese due corvette classe BUYAN-M capaci di lanciare i missili cruise KALIBR, siano state trasferite dalla Flotilla del Caspio al Mare di AzovTuttavia, dopo il 2014, la Russia ha tentato di nazionalizzare le acque del mare, assumendo una postura sempre più aggressiva nei confronti del naviglio militare e commerciale ucraino. Inoltre, con la costruzione del ponte di Kerch, che collega la Crimea al resto del territorio delle Federazione Russa, a molti cargo è ormai impossibile l’accesso al porto di Mariupol. Infatti, l’altezza del ponte (33 metri) impedisce il passaggio ad imbarcazioni di grosso tonnellaggio, con l’effetto di aver causato un decremento di circa il 15% nel flusso commerciale verso la città portuale. Nonostante, al momento, le autorità russe non abbiano paventato la possibilità di chiudere lo Stretto di Kerch, in caso di escalation delle tensioni questa ipotesi potrebbe verificarsi, causando un danno non indifferente a tutte le città costiere ucraine e, in particolare, a Mariupol. In ogni caso, la possibilità di una escalation appare molto difficile in virtù delle scarse capacità navali ucraine e del fatto che le Forze Armate di Kiev sono già impegnante nella dispendiosa guerra congelata del Donbas. Qualora il governo ucraino volesse rispondere alle azioni russe, più che nel Mar Nero, potrebbe concentrare i propri sforzi sulla ripresa dell’offensiva in Donbas o su attività di sabotaggio in Crimea.

Il Governo di Kiev, nel condannare l’azione russa, ha chiesto il supporto della comunità internazionale e la ferma condanna del comportamento del Cremlino. Inoltre, il Presidente ucraino Pietro Poroshenko, in seguito all’accaduto, ha paventato l’idea di applicare la legge marziale per i prossimi 60 giorni al fine di evitare possibili altre iniziative destabilizzanti da parte di Mosca. Secondo le opposizioni ucraine, nonostante la gravità di quanto accaduto nel Mar Nero, la risposta del Presidente appare poco circostanziata e legata a logiche politiche. Infatti, con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali, i critici di Poroshenko ritengono che il Presidente uscente intenda utilizzare l’incidente per ravvivare il proprio supporto popolare, oggi notevolmente ridimensionato rispetto al 2014.  


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