Dopo 10 giorni di raid aerei, la notte tra il 17 e il 18 luglio è partita l’offensiva terrestre israeliana su Gaza: Operazione PROTECTIVE EDGE. L'obiettivo primario di tale offensiva è l’eliminazione dell’estesa rete di bunker che Hamas ha realizzato negli ultimi 2-3 anni sotto tutto il territorio della Striscia. Dai tempi dell’Operazione CAST LEAD del 2009, questa è la prima volta che le truppe israeliane entrano a Gaza. Come era prevedibile immaginare, l’operazione si è presentata da subito molto complessa e difficile con un nemico bene organizzato e determinato a resistere. Le perdite tra le fila delle IDF sono, infatti, già oltre 50 (a fronte di oltre 1.100 Palestinesi tra civili e miliziani) e l'avanzata all'interno della Striscia sembra procedere lentamente. Secondo stime approssimative, nella Striscia sarebbe presente un dedalo sotterraneo di oltre 5.000 tunnel e bunker. Un'infrastruttura comprendente i centri di comando e controllo di Hamas, i rifugi della leadership del movimento ed i tunnel “logistici” per lo spostamento di combattenti, armi e materiali. Il tutto "tenuto assieme" da una fitta rete di cablaggi in fibra ottica e scavato a diverse decine di metri di profondità. Ma questa estesa infrastruttura comprende anche centri di ascolto per l'intercettazione della comunicazioni israeliane e per il jamming dei droni. Strategicamente, questo complesso è alimentato dal sistema di tunnel che attraversano il Corridoio Filadelfia e garantiscono l’unico collegamento di Gaza con l’esterno. Con i soli attacchi aerei, compresi quelli che vengono effettuati impiegando le bombe bunker buster GBU-28, Israele non è finora riuscita a chiudere del tutto tale vitale via di approvvigionamento per Hamas.
Accanto a questo complesso di comando e controllo e logistico opera il sistema di tunnel "operativi" che attraversano il confine israeliano e che viene sistematicamente impiegato da Hamas per infiltrare propri miliziani e attaccare obbiettivi soft. Questi sono tunnel più superficiali e, relativamente, più semplici da scoprire. Finora PROTECTIVE EDGE si è concentrata soprattutto su questi ultimi per prevenire attacchi e perdite tra la popolazione civile con risultati tutto sommato positivi. Tuttavia, se Israele vuole ottenere il risultato prefissato, la messa in sicurezza del proprio territorio, dovrà continuare l'operazione ancora più a fondo dedicandosi ad una minuziosa, ma costosa, opera di individuazione e smantellamento dell'infrastruttura sotterranea di Hamas, in particolare dell’infrastruttura di comando e controllo e logistica. Ed è qui che sorgono i principali problemi. Se, difatti, il sistema di scoperta, allerta e neutralizzazione messo in piedi da Israele per fronteggiare gli attacchi al proprio territorio attraverso i tunnel “operativi” ha, come si diceva, dato qualche risultato contribuendo a ridurre la minaccia, al contrario Israele al momento non ha compiuto grandi progressi nell'individuazione dei bunker di comando e controllo, dei centri d'intelligence e di ascolto e dei tunnel logistici. La mappatura fornita dall’intelligence sembra non essere stata accurata, anzi, è molto probabile che Israele tuttora sappia poco di questa infrastruttura “profonda” di Hamas. Per avere un quadro più accurato non c’è che un’alternativa: spingere ancora più avanti le operazioni terrestri e pagare un costo ancora più alto. Altrimenti c’è il rischio che tra 2 anni ci sia una nuova PIOMBO FUSO, PILASTRO DI DIFESA o MARGINE PROTETTIVO che dir si voglia. La guerra, del resto, ha una logica completamente diversa da quella dell’economia: alto costo, alto risultato.