Al di là delle "foto opportunity" e delle bizze (ad uso e consumo dell'uditorio interno...) della prima donna Haftar, seguite dalle bizze della delegazione turca, la Conferenza di Palermo sulla Libia è stata molto importante. Sì, è vero, Haftar non ha preso parte alla plenaria, ma i suoi rappresentanti c'erano, eccome, ed oltretutto non si può non considerare rilevante un evento come questo che ha visto la partecipazione dei rappresentanti di alto livello di 30 Paesi e che ha segnato il definitivo ravvicinamento dell'Italia all'Egitto (in corso da mesi e forgiato negli interessi strategico-energetici). Nella conferenza stampa finale, l'inviato dell'ONU per la Libia Ghassam Salamè ha parlato di "successo e unità della comunità internazionale, ma anche di pietra miliare" lungo il percorso della stabilizzazione libica. Parole alle quali hanno fatto seguito quelle del Presidente Conte il quale ha affermato che a Palermo si sono create "importanti premesse" per portare il Paese a nuove elezioni nella primavera 2019 (sconfitta definitivamente la velleitaria pretesa francese di votare a dicembre). Un appuntamento decisivo nella storia recente del Paese che dovrà essere preceduto da una grande conferenza nazionale sulla Libia, aperta a tutte (si spera) le componenti tribali e di opinione del Paese, da tenersi con il patrocinio ed il supporto dell'ONU. Sì perchè la Libia non è solo Haftar e Serraj, ma una miriade di realtà/poteri/appartenenze locali/informali, più o meno forti, capaci costantemente di condizionare l'azione politica di Tobruk e Tripoli. Uno dei "segreti" della longevità del potere gheddafiano era, infatti, la capacità del potere centrale di mantenersi "leggero" e di negoziare costantemente con i poteri locali secondo uno schema a geometria variabile che premiava a volte l'uno a volte l'altro, per cui alla fine l'interesse a mantenere in piedi l'istituzione centrale prevaleva sull'interesse opposto. Adesso, per usare le parole del padre della Scienza Politica italiana Gianfranco Miglio, è necessario "costituzionalizzare" tali poteri. Tuttavia, la condizione sine qua non per svolgere con successo questa conferenza e le successive elezioni è la sicurezza. A Palermo si è lavorato moltissimo a questo aspetto, soprattutto dietro le quinte, sia nell'ottica di consolidare il cessate il fuoco di settembre a Tripoli sia nell'ottica di premere sulle milizie – espressione di quei poteri locali di cui sopra – affinchè in una prima fase collaborino a sostenere il processo politico e successivamente accettino di essere integrate nelle nascenti istituzioni. E, forse, è proprio questo il compito più difficile che attende la comunità internazionale e gli stessi Libici nelle prossime settimane.