RIVISTA ITALIANA DIFESA
Gli S-300 in Siria 03/10/2018 | Andrea Mottola

In seguito all’abbattimento di uno degli appena 6 velivoli ELINT/SIGINT IL-20M COOT-A in dotazione all’Aeronautica Russa - avvenuto lo scorso 18 settembre ad opera di una delle 6/8 batterie di S-200 in dotazione alle Forze di Difesa Aerea siriane nel tentativo di eliminare alcuni F-16 israeliani durante l’ultimo raid effettuato contro postazioni industriali e militari siriane non lontane dalle basi russe nell’area costiera di Latakia e Tartus - Mosca, che ritiene il principale responsabile dell’abbattimento Israele, ha deciso di rafforzare la difesa siriana inviando 2 batterie di sistemi missilistici antiaerei a medio-lungo raggio S-300. Nonostante più fonti parlino di cessione, è estremamente improbabile che i siriani gestiscano autonomamente un sistema missilistico che, pur essendo da loro conosciuto - in quanto alcune sue parti sono giunte nel Paese tra il 2013 ed il 2014 a seguito dell’ordine di 6 batterie di S-300VM (ordine mai ultimato per le pressioni israeliane), senza dimenticare che personale siriano ha effettuato, in almeno un paio d’occasioni, sessioni addestrative di 4/5 mesi sugli S-300 nella base russa di Astrakhan, tra il 2013 ed il 2015 – rappresenta un sistema ancor più complesso e di difficile gestione rispetto ai vecchi S-200 di epoca sovietica che, in occasione dell’abbattimento del IL-20, i Siriani hanno dimostrato di non padroneggiare adeguatamente. In parte ciò è dovuto alla vulnerabilità al jamming avversario ed all’obsolescenza dei sistemi di identificazione e di “battle management” degli S-200, che non consentono un’adeguata discriminazione dei velivoli per il loro tracciamento/acquisizione. A tal proposito, lo stesso Ministro della Difesa russo Shoigu, ha indicato che, assieme agli S-300, verranno consegnati sistemi di controllo automatizzati e centralizzati per consentire un adeguato monitoraggio della situazione aerea ed una corretta identificazione del codice IFF dei velivoli russi. Il dispiegamento e la messa in funzione di tali sistemi dovrebbero avvenire entro il 20 ottobre. Ad essi dovrebbero aggiungersi, nelle prossime settimane, sistemi antiaerei a corto-medio raggio PANTSIR S2 e BUK-M2. Inoltre, non va sottovalutato l’invio di nuovi sistemi EW – KRASUKHA-2 e ZHITEL che forniranno uno spettro di jamming elettromagnetico di circa 250 km - che si uniranno a quelli già presenti a difesa delle basi russe (tra i quali un KRASUKHA-4), e che verranno dispiegati sulla costa siriana al fine di ostacolare/sopprimere le capacità radaristiche, di navigazione satellitare e di comunicazione di velivoli ostili in missioni d’attacco sulle aree costiere (zoccolo duro dei sostenitori del regime Assad). Tornando agli S-300, il loro arrivo sarebbe avvenuto in diversi scaglioni – il primo, il 22 settembre a bordo di 5 Il-76 in alcune componenti di minori dimensioni, e i successivi tra il 24 settembre ed il 1° ottobre a bordo di 3 navi RO-RO e di 6 An-124 che hanno trasportato i veicoli di comando e controllo, radar, missili e lanciatori – tuttavia ancora non è chiaro quale sia la variante del sistema inviata in Siria. È verosimile ritenere che si tratti o di vecchi sistemi ruotati S-300PM-2 FAVORIT – aggiornamento relativamente recente (1997) dei PM-1 con maggior raggio d’azione (195 km) e capacità antibalistiche - o dei più moderni S-300V4/VM montati su veicoli cingolati (in questo caso si spiegherebbe l’utilizzo di battelli RO-RO per il loro trasporto, impossibile sugli An-124) e in grado di coprire tra i 250 km ed i 400 km di territorio (la copertura ovviamente dipende dalla collocazione e dalla tipologia di radar che servono il sistema). In quest’ultimo caso, dovrebbe trattarsi di un sistema appartenente alla 77ª Brigata antimissile russa di stanza a Korenovsk, che già è presente in Siria con una batteria di S-300V4/VM schierata a protezione della base navale di Tartus (che, secondo alcune, fonti era stata disattivata/trasferita). Ora, tenuto conto che, oltre a tale batteria, nel Paese sono presenti una coppia di sistemi S-400 TRIUMPH - dispiegati, rispettivamente, a protezione della base aerea di Jableh e nell’area montagnosa di Masyaf, a ridosso della costa - è verosimile ritenere che i russi abbiano inviato un’unica batteria da cedere ai siriani – probabilmente vecchi S-300PM-2 in dismissione dalle VVKO russe - insieme ad altri sistemi antiaerei a breve e medio raggio, e abbiano riattivato (ammesso che sia mai stata disattivata o trasferita) la batteria di S-300V4/VM presente a Tartus che, in quanto variante maggiormente avanzata del sistema missilistico, verrebbe ceduta all’alleato siriano in tempi più dilatati - necessari a completare un adeguato addestramento alla gestione del sistema nel prossimo futuro - completando parzialmente la consegna, mai ultimata, risalente al 2013. È probabile che uno dei 2 sistemi resti schierato nell’area costiera (Tartus), mentre un altro potrebbe essere dispiegato a ridosso di una delle basi situate nell’area tra Damasco ed Homs, ma non va esclusa l’ipotesi Tiyas, più volte colpita da raid israeliani e statunitensi.


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