RIVISTA ITALIANA DIFESA
L’Argentina ritenta con il nucleare? 09/07/2018 | Giuliano Da Fre'

La drammatica perdita del sommergibile SAN JUAN, affondato con l’intero equipaggio di 44 effettivi (compresa la prima donna sommergibilista del Sudamerica) il 15 novembre 2017, ha riaperto il dibattito sul destino della componente subacquea argentina. Una tradizione che risale al 1933, quando entrarono in servizio 3 sommergibili di costruzione italiana, e che ora si è ridotta a 2 soli battelli: il vecchio SALTA, uno dei 2 Type-209/1.100 consegnati nel 1973, reduce dall’ennesimo ammodernamento effettuato nel 2013-2014, e il SANTA CRUZ, gemello del battello perduto a novembre, tipo TR-1700, in servizio dal 1984. Nel 1977 la Giunta militare argentina, nel pieno di una ambiziosa espansione della flotta, comprendente l’acquisto di 10 tra fregate e corvette tipo MEKO, aveva ordinato in Germania anche 6 sottomarini estremamente avanzati e veloci, oceanici, modello TR-1700. La successiva crisi politica ed economica degli anni ‘80 aveva tuttavia ridotto il programma alla consegna nel 1984-1985 dei primi 2, mentre la seconda coppia, impostata nei locali cantieri Astillero Domecq Garcia, dal 1994 restava incompleta sullo scalo, e la terza coppia veniva cancellata. Recuperando il materiale già predisposto per questi ultimi, veniva assicurato il supporto ai 2 battelli in servizio, più volte interessati da radicali interventi manutentivi e di ammodernamento, cui attualmente viene sottoposto il SANTA CRUZ. Lavori rallentati dalle indagini su quanto accaduto all’unità gemella, reduce da un analogo upgrade gestito localmente, tanto che ormai si parla di un rientro in servizio attorno al 2020. Tuttavia, sin dagli anni ’90 si è più volte rimesso mano ad un piano di recupero almeno del SANTA FE, che dei 2 battelli incompleti della seconda coppia era quello che risultava in fase più avanzata di costruzione, attorno al 70%. Un recupero che è stato incentrato su 3 ipotesi. La prima, meno costosa e lenta, punta a completare i lavori limitandosi ad aggiornare il progetto originale sulla base degli upgrade studiati per i 2 battelli entrati in servizio. La seconda, più radicale, cui si è lavorato nel 2010, prevedeva di equipaggiare il SANTA FE con un propulsore AIP. Tuttavia, una terza ipotesi, non nuova, è rispuntata in questi giorni, soprattutto alla luce delle ambizioni del vicino Brasile: fare del terzo TR-1700 un sottomarino d’attacco nucleare, e in tempi relativamente rapidi, con la consegna nel 2025. Un progetto che prevede di sviluppare presso il Centro nucleare di Bariloche, col coinvolgimento di altri soggetti, un reattore compatibile con l’inserzione nello scafo del SANTA FE, investendo sin d’ora 5 milioni di dollari in 3 anni, per gli studi preliminari. La proposta sta incontrando molte perplessità, anche in seno alle Forze Armate, impegnate a chiedere più fondi per alcuni programmi basici, e per un aumento salariale, mentre il progetto del SANTA FE nucleare costerebbe almeno mezzo miliardo di dollari. Con quale rapporto costo-benefici, inoltre, è difficile dirlo, visto che lo studio di fattibilità dovrà anche tenere conto dell’acquisizione di sensori e armi diverse da quelle ipotizzate negli anni ’80; e di certo più sofisticate e costose. Il tutto poi per un singolo battello, poiché non si fa cenno della possibile estensione del programma al SANTA CRUZ. Con 500 milioni di dollari si potrebbero invece acquistare 2 battelli diesel-elettrici di nuova generazione, o magari 2 AIP cinesi, non troppo sofisticati ma validi, oppure un nucleo di battelli di seconda mano (si può pensare ad esempio ai 4 SAURO italiani Trerza e Quarta Serie serie, magari con uno o 2 degli esemplari più vecchi per cannibalizzazione, oppure qualche Type-209 nelle versioni degli anni ’80-’90 di prossima dismissione), abbastanza numeroso e omogeneo da mandare in pensione SALTA e SANTA CRUZ.


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