I negoziati sulla Brexit si avvicinano ad un punto di svolta con l’approssimarsi della data di uscita della Gran Bretagna dall’Ue, il prossimo 29 marzo, eppure gli esiti restano ancora incerti e tutte le opzioni sono teoricamente sul tappeto. Ciò genera incertezza anche per gli attori economici che devono attrezzarsi per diversi scenari quanto a futuri rapporti economici e commerciali tra Londra e l’Unione. Insomma, l’argomento è ancora oggi avvolto da una fitta nebbia, e il tempo passa inesorabile… In quest'ottica, il 4 luglio si è svolto presso l'Auditorium di Leonardo un interessante convegno dal titolo "Brexit, scenari ed implicazioni per l'industria europea della difesa". Il convegno – aperto di saluti del Presidente di Leonardo Gianni De Gennaro e del Presidente dello IAI Ferdinando Nelli Fercoi – è stato moderato dal Direttore dello IAI Nathalie Tocci ed ha visto confrontarsi l'Amministratore Delegato di Leonardo Alessandro Profumo, il Ddirettore del III Reparto di Ssegredifesa, Gen. Paolo Montegiglio, il Direttore Generale promozione sistema Paese MAECI, Vincenzo De Luca, ed il Direttore Generale produzione industriale MiSE, Stefano Firpo . Sul tavolo il tema caldo delle conseguenze che la Brexit potrebbe avere sull'industria della difesa e sulle cooperazioni internazionali. Non dimentichiamoci, per esempio, che il Regno Unito rappresenta per Leonardo il secondo mercato domestico con un ramo di azienda che custodisce competenze strategiche nel campo dell'elettronica e della radaristica, così come nel settore elicotteristico, e che impiega oltre 7.000 addetti. Per cui una Brexit troppo traumatica potrebbe avere ripercussioni negative per la stessa Leonardo, ma pure per molti altri attori (basti pensare che l’Italia vanta nei confronti del Regno Unito un surplus commerciale di ben 11 miliardi di euro e 43.000 imprese che vi esportano di cui 20.000 monomercato). Gli intervenuti non hanno nascosto questo rischio e tutti hanno espresso all’unisono il timore e la preoccupazione per eventuali scenari di “hard Brexit”, appena mitigate dalla considerazione che “alla fine il buon senso preverrà”, ma, appunto, solo appena se si pensa che il marzo 2019 è letteralmente domattina e ad oggi nessuno sa dove vogliono andare davvero gli Inglesi. E poi ci sono le questioni strategiche. Da questo punto di vista l’AD Profumo è stato molto chiaro nell’affermare che senza gli Inglesi l’Italia rischia di indebolirsi troppo al cospetto dell’asse franco-tedesco e di ridursi a fare del semplice offset rispetto ad una cooperazione Parigi-Berlino più o meno blindata. Ecco che, ha concluso Profumo, “bisogna fare di tutto affinché il Regno Unito resti nella difesa europea”, cominciando, per esempio, a trovare un modo per conferire a Londra uno status speciale, e non di mero Paese terzo, nell’ambito del programma satellitare GALILEO. La discussione, veramente molto interessante, ha preso spunto dalla presentazione della ricerca IAI – curata da Michele Nones, Alessandro Marrone e Paola Sartori - intitolata "Looking through the Fog of Brexit: Scenarios and Implications for the European Defence Industry. Lo studio fornisce un’analisi approfondita di 3 scenari particolarmente rilevanti per le industrie europee nel settore aerospazio, sicurezza e difesa, e delle loro implicazioni concrete. Nel primo di questi, lo scenario "benigno", UE e Gran Bretagna si accorderebbero per mantenere un’unione doganale tra le 2 parti oppure stipulerebbero un accordo di libero scambio talmente approfondito e omnicomprensivo da equivalere di fatto a un’unione doganale. Ciò comporterebbe a livello economico e commerciale una situazione simile a quella attuale con il regolare e libero flusso di prodotti, lavoratori, capitali e servizi, ed un forte allineamento degli standard regolatori. In questo caso, la cooperazione industriale e intergovernativa sarebbe favorita, e sarebbe agevolata la partecipazione della Gran Bretagna ai progetti EDF (European Defence Fund) e PESCO. Vi sarebbero minori effetti negativi sia sulle altre organizzazioni multilaterali di riferimento, dalla NATO alla European Space Agency, sia sulle cooperazioni bilaterali con Londra. Il problema è che i falchi del Partito Conservatore britannico si oppongono fortemente ad ipotesi del genere. Nel secondo scenario, non vi sarebbe una tale intesa sull’unione doganale di nome o di fatto. Piuttosto, le 2 parti converrebbero su un accordo di libero scambio blando e di basso profilo, che riprenderebbe gli accordi dell’European Free Trade Association, se non direttamente le regole base della World Trade Organization (WTO). In questo scenario, dazi doganali, barriere non tariffarie e controlli ai confini rallenterebbero e danneggerebbero gravemente lo scambio di dati, tecnologie, prodotti e risorse umane nel campo della difesa – come negli altri settori - con effetti negativi per tutti gli attori coinvolti. La Gran Bretagna è infatti fortemente integrata con i Paesi europei anche tramite diversi progetti intergovernativi e partnership industriali, dal settore aeronautico a quello missilistico, dagli elicotteri all’elettronica per la difesa, e rappresenta più di 1/4 della spesa europea nella difesa e delle relative capacità industriali e tecnologiche. Proprio a causa di tale integrazione, Londra e Bruxelles troverebbero comunque un accordo mirato per permettere alla Gran Bretagna di partecipare alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico e ai progetti di cooperazione europea in ambito EDF e PESCO. Se ci dovessimo sbilanciare, questo secondo scenario ci sembra ad oggi il più probabile. Nel terzo e più negativo scenario, i negoziati si concluderebbero senza un accordo tra le 2 parti, neanche nel campo della difesa. L’uscita della Gran Bretagna dall’UE avverrebbe in modo traumatico e i futuri rapporti commerciali sarebbero basati sulle stesse regole basiche del WTO che si applicano ai Paesi terzi che non hanno alcun accordo di libero scambio con l’Unione. In tale scenario, si andrebbe verso una relativa chiusura del mercato UE per le importazioni britanniche e di quello del Regno Unito per l’export europeo, e più in generale una divergenza commerciale tra la Gran Bretagna e l’Unione. Il settore della difesa non sarebbe protetto da nessun accordo mirato, mettendo a rischio le cooperazioni esistenti e rendendone improbabili altre in futuro. La Gran Bretagna non parteciperebbe ai progetti EDF o PESCO, privandoli di un contributo significativo e al tempo stesso favorendo un consolidamento industriale e militare sull’asse franco-tedesco. Impatti negativi si avrebbero sulle attività spaziali in ambito ESA – sulla falsariga delle tensioni già emerse su GALILEO - ed un punto interrogativo si aprirebbe anche sui rapporti NATO-UE.