Venerdì 15 giugno si è svolto alla Camera dei Deputati il seminario “NATO versus the new global threats”, organizzato dalla NATO Foundation in collaborazione con il Balkan Trust for Democracy, e con il supporto della Delegazione italiana all’Assemblea Parlamentare della NATO. Il seminario è stato articolato in 3 sessioni, la prima delle quali dedicata alla “Difesa collettiva e la deterrenza”, con una particolare attenzione all’evoluzione delle minacce e all’adattamento del sistema di difesa dell’Alleanza. Durante la seconda sessione, invece, si è parlato del “cambiamento del contesto strategico”, focalizzandosi sugli scenari operativi più recenti, dalla partecipazione dell’Alleanza alla coalizione anti-Daesh, alla missione in Afghanistan. L’ultima parte, infine, è stata dedicata alla “Open door policy”, con particolare attenzione ai Paesi dell’area balcanica, ma con accenni ai recenti sviluppi riguardanti la possibile entrata di Paesi provenienti da aree geografiche diversi (vedi Colombia e Qatar) nella NATO. Nel discorso di benvenuto, l’On Andrea Manciulli, Presidente della Delegazione Parlamentare italiana presso la NATO, ha voluto sottolineare come “l’Alleanza continui ad avere un impatto enorme sulla stabilità e la sicurezza internazionale, nonostante si trovi di fronte ad importanti cambiamenti strategici e ad un periodo di riflessione interna riguardo al suo futuro ruolo. Un periodo in cui deve “costruire un soft power convincente”, ha detto Manciulli. Successivamente, l’Assistente del Segretario Generale della NATO per le sfide emergenti alla sicurezza, Dott. Antonio Missiroli, ha voluto rimarcare quest’ultimo punto, evidenziando la “particolare sensibilità dei rapporti transatlantici in questo momento e una distanza forse mai vista nella storia della NATO tra i Paesi principali ed il resto dell’occidente”. Inoltre – ha proseguito – “sebbene negli ultimi anni quasi tutti i membri dell’Alleanza abbiano incrementato i rispettivi budget per la Difesa, l’obiettivo del 2% del PIL per tali stanziamenti (da raggiungere entro il 2024) resta ancora lontano per molte nazioni membri”. Questo sarà uno dei principali argomenti di discussione durante il prossimo vertice dell’Alleanza del 12/13 luglio, insieme al dossier “sull’adattamento, anche a livello militare, alle sfide attuali”. In tal senso, ha spiegato Missiroli, “verrà ufficializzato quanto già annunciato durante la ministeriale del 7/8 giugno scorsi”, vale a dire: “aumento dello staff per la struttura di comando” (circa 1.200 uomini), “l’istituzione dei 2 nuovi comandi logistici” di Norfolk (Comando per la protezione delle SLOC del Nord Atlantico, nonché hub logistico per lo spostamento di mezzi e truppe verso l'Europa, il cosiddetto Joint Force Command per l'Atlantico) ed Ulm (Comando logistico per la movimentazione delle truppe in Europa, il Joint Support and Enabling Command - JSEC) e la “creazione di un nuovo comando dedicato all’ambito cyber”. Riguardo al lancio di una nuova missione di training in Iraq, invece, “per quanto già pianificata, dovrà essere necessariamente valutata con il nuovo governo uscito da poco dalle elezioni, mentre è possibile l’avvio di una missione simile in Tunisia”. Verrà invece dichiarata “la piena operatività dell’hub per il sud di Napoli, e “si inizierà il dibattito sulle minacce ibride e sulla “collaborazione tra NATO ed Unione Europea, in particolare sul tema della mobilità militare”. Nel suo intervento, Micha? Baranowski Direttore dell’ufficio di Varsavia del German Marshall Fund of the United States, ha sottolineato che “l’Alleanza continua il suo percorso di rassicurazione dalla minaccia russa nei confronti dei membri ubicati sul fianco orientale, e l’attivazione dei 4 battaglioni multinazionali ne rappresentano un esempio significativo e tangibile, seppur non ancora sufficiente”. Riguardo al prossimo summit NATO, “l’obiettivo fondamentale sarà recuperare l’unità politica dell’Alleanza”. Negli ultimi mesi, infatti, sono emerse differenze tra gli alleati in vari campi, (clima, politiche commerciali) e “il rischio – ha affermato Baranowski – è che queste frizioni si leghino ai temi della sicurezza”. La seconda sessione è stata aperta dall’intervento dell’Ammiraglio ed ex Ministro della Difesa Giampaolo Di Paola che ha voluto rimarcare come “dopo la rassicurazione dei Paesi situati sul fianco orientale dell’Alleanza dalla minaccia russa, sarebbe il caso che anche i membri della sponda meridionale della NATO vengano supportati e rassicurati rispetto alle varie minacce che affrontano” (immigrazione, traffico di armi ed esseri umani ndr.). Al prossimo vertice di Bruxelles si incroceranno 2 posizioni differenti: quella dei Paesi situati sul fianco orientale, che continuano a considerare la Russia come la principale minaccia alla sicurezza dell’Alleanza, e quella dei Paesi del fronte meridionale, tra cui l’Italia, che chiedono invece una maggiore attenzione all’area del Mediterraneo ed “un potenziamento della dimensione meridionale dell’Alleanza”, per usare le parole della Dott.ssa Federica Favi, Capo del dipartimento NATO presso il MAE. Quest’ultima posizione, peraltro, è generalmente accompagnata dal tentativo di promuovere una progressiva apertura a Mosca, elemento difficilmente accettabile dagli alleati orientali. Successivamente all’intervento di Di Paola, la Dott.ssa Benedetta Berti, Capo dell’Ufficio di Pianificazione Politica del Segretario Generale della NATO, ha evidenziato come “la minaccia degli attori non statuali resti alta, con questi ultimi che sfruttano le debolezze interne e le divisioni tra i Paesi membri”, ma anche che “in passato si è sottovalutata la minaccia proveniente da grandi attori statuali, come testimoniato dalle azioni russe in Ucraina nel 2014”. La mancata capacità della NATO di proiettare stabilità è stato l’argomento principale dell’intervento di Thierry Tardy, Direttore della Research Division del NATO Defense College di Roma: “esempi come quello libico dimostrano che la presunzione di poter esportare stabilità, spesso si traduce con la creazione di ulteriore instabilità, e ciò anche a causa di un’erronea analisi ed identificazione delle minacce e della loro possibile evoluzione”. Uno dei settori in cui l’Alleanza deve crescere. Chiusura interessante, nell’ultima sessione del seminario, sull’apertura della NATO alla possibile integrazione dei Paesi balcanici, come fortemente auspicato dall’esponente della Difesa montenegrina, Ivica Ivanovic e del collega macedone, Stevo Pendarovski, al fine di poter affrontare al meglio le minacce ibride provenienti dal fianco orientale dell’Alleanza e di scoraggiare la possibile rinascita di conflitti all’interno della stessa regione balcanica e controbilanciare la crescente presenza cinese nell’area. Particolare attenzione va data al complesso rapporto con la Serbia, paese che mantiene solidi rapporti con la Russia in ambito diplomatico, economico e militare, rispetto alla quale andrebbe seguito l’approccio assunto nella collaborazione con Paesi neutrali (Austria e paesi dell’area MENA), e con il Kosovo, un altro contesto dove comincia a farsi sentire la pressione di Mosca.