RIVISTA ITALIANA DIFESA
I fratelli "minori" degli MPA 26/05/2018 | Massimo Annati

Gli aerei da pattugliamento marittimo (MPA) nascono inizialmente come mezzi antisom, per evolvere fino ad assumere il ruolo di “fregate volanti”, componente essenziale dei task group navali durante le operazioni a lungo raggio, in grado di estendere la portata dei sensori e delle armi molto oltre l’orizzonte, operando per sorveglianza, tracciamento e attacco, sia sopra che sotto la superficie. Nel corso dell’ultimo ventennio gli MPA hanno ulteriormente ampliato il proprio ruolo, diventando strumenti di sorveglianza sia sul mare che sulla terraferma, grazie a sofisticati sensori (radar, optronici, ELINT). Ai compiti prettamente militari se ne sono però costantemente aggiunti anche altri, al punto che, in realtà, la netta maggioranza delle ore di volo vengono utilizzate per compiti collaterali, quali l’anti-immigrazione, l’anti-inquinamento, o la ricerca e soccorso (SAR). Inoltre, durante la quasi totalità delle operazioni che si sono susseguite in questi anni (embarghi, anti-terrorismo, anti-pirateria, anti-proliferazione) gli MPA sono stati impiegati solo ed esclusivamente per compiti di sorveglianza di superficie, trascurando completamente tanto la capacità di impiegare armi quanto le prestazioni nel campo antisom. Questo crea un duplice problema: da un lato questi mezzi sono pochi e molto costosi, ma consumano la propria vita operativa in compiti sostanzialmente diversi da quello per cui erano stati progettati. In secondo luogo, proprio per il fatto di essere pochi e costosi, questi numeri non sono molto adatti a sostenere le attività quotidiane richieste dal SAR e dalle altre missioni “civili” o di “polizia”. In aggiunta a questi fattori, bisogna anche sottolineare che la vita operativa residuale dei numerosissimi P-3 ORION in servizio si sta rapidamente riducendo, nonostante i programmi di ammodernamento e di life-extension adottati dai vari utilizzatori. Non dovrebbe quindi stupire che molti Paesi si stiano orientando verso soluzioni più economiche, con aerei da pattugliamento marittimo basati su aerei commerciali di dimensione minore (turboelica regionali o business jet). In realtà le cellule degli MPA sono state quasi sempre derivate da modelli civili: il Lockheed P-3 ORION deriva dall’ELECTRA, l’Hawker-Siddley, poi BAE Systems NIMROD, derivava dal De Havilland COMET, il russo Ilyushin Il-38 MAY dal'Il-18 e il recente P-8A POSEIDON deriva dal Boeing 737, per cui non si tratta di una vera rivoluzione. Le 2 principali differenze tra un MPA “tradizionale” e le recenti soluzioni “regionali” consistono fondamentalmente nel minor raggio d’azione e nella minore possibilità di trasportare armi (solitamente limitata o inesistente). Si potrebbe quindi dire che da “fregate volanti” si passa a “corvette volanti”, oppure a “OPV volanti”, in funzione delle capacità di queste macchine. Per tutti, comunque, vale la considerazione che anche se questi velivoli sono nettamente più economici degli MPA tradizionali, esistono comunque più categorie che si differenziano sensibilmente. Un business jet come il GLOBAL 5000 ha capacità superiori rispetto ad un ATLANTIC. Le prestazioni di un biturboelica regionale, come l’ATR-72 ASW o di un turboelica da trasporto militare come il C-295 PERSUADER, in termini di velocità, autonomia, payload e sensori, pur essendo inferiori a quelle di un ATLANTIC, consentono comunque di effettuare un’ampia gamma di missioni a medio raggio. All’altro estremo ci sono invece aerei leggeri, come il Do-228 o il Beechcraft KING AIR 350ER, che hanno inevitabilmente delle limitazioni, pur permettendo di soddisfare alcuni requisiti per il pattugliamento costiero.

Tutto l'articolo è disponibile su RID 6/18.


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