In questi giorni sono in corso le negoziazioni tra Francia e gli Stati Uniti per l’acquisizione del secondo lotto di 6 MQ-9 BLOCK 5 REAPER, da consegnarsi entro il 2019, e che segue il primo ordine per 6 MQ-9 BLOCK1 consegnati nel corso del 2017. La contrattazione è di particolare interesse perché le richieste francesi sono numerose e, approfittando dell’architettura aperta del BLOCK 5, vanno oltre la mera acquisizione dei sistemi. Alcune di queste sono particolarmente complesse sul piano politico. La prima è la possibilità di armare i REAPER, inizialmente con i missili AGM-114 HELLFIRE, necessità sempre più sentita da parte francese e che permetterebbe di risparmiare sortite aeree a MIRAGE 2000D e RAFALE nei teatri operativi. Il Gen. André Lanata, Capo di Stato Maggiore dell’Armée de l’Air, ha parlato anche del desiderio di integrare le bombe teleguidate della famiglia AASM prodotte da Safran. Inoltre, MBDA spinge da tempo per l’integrazione del missile BRIMSTONE e, in futuro, dell’MLP (che peraltro sostituirà l’HELLFIRE sugli elicotteri TIGER a partire dal 2021). Tuttavia, come noto, gli Stati Uniti non hanno fino ad oggi concesso l’autorizzazione all’integrazione di sistemi esteri. A questo primo punto si aggiunge la richiesta, citata dal ministro delle Forze Armate Florence Parly, di acquisire dei pod ISR già in uso con l’USAF. Per quanto riguarda l’IMINT (IMagery INTelligence) si tratterebbe del pod GORGON STARE 2, prodotto da BAE Systems e Sierra Nevada International, pensato per l’impiego in Afghanistan e, in genere, per ambiente desertico. Nella sua versione più recente, monta la tecnologia ARGUS-IS (Autonomous Real-Time Ground Ubiquitous Surveillance Imaging System) sviluppata dalla DARPA, che consiste nel fondere le immagini di 368 microcamere – ciascuna delle quali cattura 12-15 fotogrammi al secondo - in un’immagine di insieme. Il pod può seguire fino a 65 oggetti di interesse su una zona di 100km2 ed è dotato anche di sensori IR. Inoltre, il GORGON STARE 2 è in grado di creare attorno a sé una bolla 4G dal diametro di 50km che consente di ricevere ed inviare immagini, per esempio in collaborazione con forze presenti a terra. In Africa sub-sahariana, dall’inizio dell’Operazione Barkhane (2014), i teleguidati francesi (HARFANG e, recentemente, REAPER) hanno totalizzato oltre 19.000 ore di volo e si sono rivelati indispensabili. Dunque, il pod in questione espanderebbe ulteriormente le capacità francesi nell’area. Anche in questo caso, però, si tratta di tecnologie che gli Stati Uniti difficilmente concedono. Eppure, il discorso sull’ISR va anche oltre, perché Mme. Parly intende inserire i REAPER BLOCK 5 anche nel quadro del programma CUGE (Capacité Universelle de Guerre Electronique) che prevede l’acquisizione dei FALCON in versione SIGINT. Dunque, Joël Barre, delegato generale della DGA (Direction Générale de l’Armement) ha parlato anche di un carico utile elettronico – non specificato - che sarebbe al centro di delicate discussioni. Apparentemente, questo va in contraddizione con l’approccio adottato per il FALCON, ovvero disporre di una capacità completamente nazionale ed indipendente nel delicato ambito SIGINT. Pertanto, non è chiaro come un payload elettronico di produzione statunitense si interfaccerebbe con l’architettura CUGE, espressamente concepita per essere diversa. Una possibile spiegazione è che l’eventuale carico utile statunitense sarebbe un gap filler in attesa del payload di produzione nazionale sviluppato da Thales per essere inquadrato nella stessa architettura del FALCON. Tutto questo presume l’apertura del sistema REAPER all’”europeizzazione”, finora negata dagli Stati Uniti. Ricordiamo che i REAPER francesi operano con l’Escadron de drone 1/33 Belfort, di base a Cognac, e sostituiscono i 4 Airbus/IAI HARFANG, giunti al termine della loro vita operativa. Oggi, 5 dei 6 MQ-9 BLOCK 1 sono schierati a Niamey, in Niger, mentre uno soltanto è rimasto in Francia per addestramento. Nell’ambito del contratto di acquisizione del secondo lotto di REAPER, anche i primi 6 verranno portati allo standard BLOCK 5. Le modifiche introdotte consentiranno all’AdA di operare il velivolo in autonomia, senza il supporto logistico e manutentivo del personale di General Atomics, oggi indispensabile. Entro il 2019, l’Escadron 1/33 avrà a disposizione 12 macchine e 30 equipaggi, ciascuno formato da 2 piloti, un analista IMINT e uno specialista intelligence.