RIVISTA ITALIANA DIFESA
Su-57 in Siria: ragioni e rischi 26/02/2018 | Andrea Mottola

Durante gli ultimi giorni sono circolate diverse voci, accompagnate da alcune immagini, che indicherebbero la presenza di un numero non precisato di caccia russi di 5ª Generazione Su-57 PAKFA, rischierati nella base siriana di Jableh/Khmeimim. Nelle ultime ore sono apparse un paio di immagini satellitari che confermerebbero la presenza di almeno una coppia di velivoli, ma si parla di addirittura 3/4 aerei, uno dei quali, secondo voci non confermate provenienti dalla radio del Governatorato di Idlib, sarebbe stato impiegato in un raid avvenuto nel tardo pomeriggio del 23 febbraio, durante il quale sarebbero state colpite postazioni ribelli nella zona situata a sud di Idlib e a nord di Hama. Nel momento in cui scriviamo, non esistono prove che confermino l’impiego di Su-57 in missioni operative sui cieli siriani, né tantomeno comunicati da parte della Difesa russa che non ha neppure confermato il rischieramento dei PAKFA nel teatro siriano, nonostante la comparsa di almeno 2 fotografie satellitari, provenienti da agenzie diverse (una proveniente da un satellite israeliano EROS-B), che non sembrano lasciare dubbi. Gli aerei farebbero parte di un nuovo contingente inviato nell’ultima settimana a Jableh, costituito anche da 4 caccia multiruolo pesanti supermanovranti Su-35S FLANKER-E, 2 caccia da superiorità aerea Su-30SM, 4 aerei d’attacco Su-25 FROGFOOT ed una coppia di velivoli AEW&C A-50U MAINSTAY, velivoli che si aggiungono a 8 cacciabombardieri Su-34, 3 Su-30SM, e 4 bombardieri tattici Su-24M2 già presenti e largamente utilizzati negli intensi raid che in questi giorni stanno colpendo le postazioni dei ribelli a Idlib e Ghouta Est. Si tratterebbe di aerei di preproduzione - ufficialmente non facenti parte della VKS e forse pilotati da collaudatori e non da equipaggi “ufficiali” - inviati in teatro per effettuare alcuni test generali e di raccolta di dati sul velivolo in condizioni combat. In particolare, gli aerei potrebbero essere impiegati per capire la supportabilità in teatro del velivolo e testare i sistemi e gli apparati di bordo in condizioni operative spinte, sfruttando anche la presenza di un cospicuo numero di velivoli occidentali presenti nei cieli siriani per valutare le prestazioni del radar AESA N036 BYELKA e verificare la stabilità della suite EW, che ha dato diversi problemi e che difficilmente si risolveranno prima della produzione della nuova suite, la cui entrata in servizio avverrà però tra diversi anni. Del resto, lo scorso 8 febbraio, il Vice Ministro della Difesa russa, Yury Borisov, aveva dichiarato non solo la chiusura della prima fase di test di volo del velivolo effettuati dai piloti collaudatori della UAC presso il Gromov Flight Research Institute di Zhukovskiy, ma anche l’imminente firma di un contratto per l’acquisto di un lotto di pre-produzione di 12 Su-57, al fine di condurre la fase di test e valutazioni operative. Probabilmente i velivoli presenti a Jableh fanno parte di questo primo lotto. Oltre alle citate motivazioni operative, il temporaneo rischieramento dei Su-57 in Siria ne ha certamente una legata al marketing. L’utilizzo del velivolo, ancorché limitato, in ambiente combat potrebbe servire a fugare i dubbi che ancora ne circondano l’affidabilità, in particolare del sistema propulsivo particolarmente incline ai “flame-out”, soprattutto agli occhi del partner indiano, che di recente ha mostrato diverse incertezze sul proseguimento del programma PAKFA. Peraltro, non sarebbe la prima volta che i Russi decidono di rischierare nuove piattaforme nel teatro siriano, utilizzandolo tanto come test ground, quanto come “vetrina” per l’export; limitandoci agli assetti aerei, basterebbe pensare all’invio del velivolo da sorveglianza Tu-214R nel febbraio 2016 per testarne la suite di sensori, quando l’aereo risultava ancora in fase di sviluppo, oppure allo scorso settembre, con l’invio di alcuni dei nuovi caccia multiruolo MiG-29SMT. Ciò, tuttavia, avviene a fronte di diversi rischi legati, in primis, all’eventualità di essere colpiti/danneggiati a terra, magari in seguito ad attacchi come quelli effettuati contro Jableh lo scorso gennaio, o in volo, sulla stregua di quanto avvenuto poche settimane fa con l’abbattimento di un Su-25, oppure all’eventualità di avarie o problemi che potrebbero causare la eprdita del velivolo (normali duranta la “dentizione”). In secondo luogo, va evidenziato che la presenza dei Su-57 in un ambiente che vede una forte presenza di velivoli occidentali (ad es. F-22 e RC-135U/V RIVET JOINT, ecc.) in grado di raccogliere dati sensibili - in primis l’RCS del PAKFA – e dettagli riguardo alle performance, alle capacità operative e alle eventuali vulnerabilità, rischiano di comprometterne la necessaria segretezza. A meno che non sia proprio questo ciò che vogliono i Russi: un modo per “mascariare” le TECHINT occidentali sulle reali capacità del futuro velivolo di serie...


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